Dove si vanno a rintracciare informazioni riguardo persone e gruppi, negozi ed imprese? Non più in enciclopedie, emeroteche, biblioteche ed archivi, e nemmeno sulle pagine gialle o elenchi telefonici, bensì stando comodamente seduti alla propria scrivania con uno schermo e una tastiera davanti, oppure camminando con in mano uno smartphone.
Qualche anno fa, ad una conferenza sui pericoli dei social network, il relatore disse “Se non sei nella rete non sei nessuno”, e, in effetti, oggi per prima cosa, dopo aver conosciuto o sentito parlare di una persona, ci si precipita in Internet per saperne di più. Quasi una scommessa e, infatti, tante volte non si trova proprio niente, e ci si sorprende. Ti poni alcune domande a cui dai vaghe risposte.
È ammissibile nella società attuale che persone o aziende ‘di valore’ siano invisibili in Internet?
Con lo straordinario Web 2.0, andando alla ricerca di un nome con un qualsiasi motore di ricerca, i risultati convergono in una frazione di secondo sullo schermo da ogni parte del mondo e da ogni meandro della rete, tanto che, se agganciato a quel nome non c’è nulla che provenga da siti web, si presentano pagine e pagine con link per omonimi e nomi simili associati a Linkedin ed a Facebook, anche se quel “tuo” nome non è iscritto a nessuno dei due.
Facebook, ad esempio, è così accattivante che viene impiegato non più nella funzione originaria del “cerca amici”, bensì anche da solo, con profilo ‘pubblico’, accessibile a tutti, come mezzo di promozione e divulgazione planetaria della propria attività, oppure di supporto ed estensione del proprio sito istituzionale, da istituzioni pubbliche e private, associazioni e imprese commerciali.
Tuttavia, se per i privati avere un profilo fb pare la lusinga più irresistibile, per chi svolge un’attività d’impresa l’affidarsi esclusivamente a questo social network non è la stessa cosa che avere ‘anche’ un sito su cui ci si presenta e ci si racconta.
Penso nello specifico alle aziende dei settori vitivinicolo e agroalimentare.
Molte hanno aperto siti molto ben concepiti e aggiornati, elegantemente strutturati e redatti, dove l’internauta interessato può trovare notizie importanti sulla storia, le origini e la loro evoluzione, sulla ‘mission’ o la ‘filosofia’ del fare imprenditoriale, sul modo di lavorare il prodotto, con corredo di immagini. Si può “entrare dentro”, quasi toccare con mano i luoghi della produzione.
Tuttavia, purtroppo, un numero a mio parere eccessivamente alto, persino alcune tra quelle che girano per fiere importanti, specie produttori di eccellenza, trascurano tale tipo di visibilità. Mentre, diciamolo pure, ce ne sono altre che investono più nel pubblicizzarsi che nel valore dei loro frutti.
Non è una grande spesa, tutto sommato, investire in un sito, non è necessario acquistare un dominio o spendere migliaia di euro all’anno di abbonamento, ci sono infinite possibilità di mettersi in rete gratuitamente. Certo, bisogna avere molta pazienza nel trovare il modello confacente, per abbinamento di colori, grafie, spazio interno disponibile, possibilità di creare pagine e archivi.
In fondo, retribuire anche ad ore un giovane esperto di informatica per far configurare un sito aziendale e tenerlo aggiornato, è sempre meglio che essere “invisibili” e rinunciare ad accrescere la clientela, che ormai gira prima di tutto solo in Internet.
Maura Sacher
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