Già solo nel pronunciare il monosillabo “ue”, emettiamo il suono del pianto del bimbo che ha male al pancino, e quanti mal di pancia abbiamo patito fino ad ora.
Quei quattro caporioni che dominano le multinazionali dell’alimentare e del farmaco, che hanno in mano i cappi delle reti satellitari, dell’energia mondiale e della ingegneria genetica, hanno finalmente trovato il modo per sfoltire questa enormità della popolazione mondiale.
L’avevano detto, anche a Davos anni fa, che sulla Terra siamo in troppi e 8,8 miliardi sono davvero tanti.
Quando a scuola il prof. disse che negli anni ’50 il mondo era popolato da 2 miliardi e mezzo di persone e che negli anni ’60 – dopo soli 10 anni – era cresciuta di altri 500 milioni, quasi tutti tra Cina e India, io non avevo nemmeno idea di quanto fosse alto il numero.
L’arma micidiale per sfoltirci
L’altro giorno ho visto un video (il cui link purtroppo non sono riuscita a salvare) in cui uno scienziato in una conferenza riferiva con molta serietà e convinzione sulla possibilità, che potrà diventare “necessità”, che l’ingegneria genetica applichi sistemi di manipolazione dei geni umani per suscitare negli individui delle “intolleranze alimentari”.
Lo scopo dichiarato è di togliere alle popolazioni il “vizio” di mangiare carne o pesce e altre leccornie o bere vino, e tutto ciò affinché vengano preferiti alimenti che non siano prodotti con sistemi che causano inquinamento ambientale.
A suo parere, il sistema preferibile per modificare i gusti delle persone è di diffondere nell’aria delle nanoparticelle attivate con le finalità che si intendono ottenere.
Queste particelle andranno a finire sui campi e sugli ortaggi e sui cereali, oltre che sull’erba di cui si nutrono ovini e bovini, così l’uomo assorbirà i danni attraverso il cibo.
Bella pensata per sfoltirci, visto che l’ultimo virus ha funzionato poco.
Nel frattempo, in attesa della guerra nucleare mondiale, che per fortuna ancora non ci sarà, ne hanno pensata un’altra, sempre a Davos e subito attuata: imporre al mondo l’alimentazione con insetti.
E non certo per la bufala bevuta e sputata contro tutti dallo pseudo-scienziato Cecchi Paone che in più di una trasmissione, nel sostenere l’alimentazione con insetti, dice “Dobbiamo sfamare milioni e milioni di poveri che patiscono la fame … o volete che muoiano”.
Affermazione che – a mio vedere – sfuma addirittura in discriminazione: la categoria dei poveri deve mangiare insetti e le classi agiate possono nutrirsi come vogliono?
Gira un allarme di rischio di reazioni allergiche
Già da qualche anno, in parallelo, alcuni istituti scientifici stanno studiando se il consumo di insetti possa scatenare reazioni allergiche.
Il principale elemento discutibile è la chitina, la componente del rivestimento e dello scheletro di certi insetti, ma pure dei crostacei ad esempio gamberi o mazzancolle, e come anche componente principale della parete cellulare dei funghi (es. gli champignon).
Tutto il problema consiste nella capacità di digeribilità dell’intestino umano che è, anche antropologicamente dimostrato, differente tra le razze (oh pardon, gli antropologi più moderni hanno bandito la parola ma io sono ancora allieva di Lévi-Strauss, pietra miliare della riflessione antropologica per 20 anni, finché non fu “rivoluzionato” in nome del “politicamente corretto”).
Per definizione “razza”, nel senso puramente biologico, indica un insieme di individui che presentano una serie di caratteri che li accomunano e li contraddistinguono.
Pertanto, se certi individui, tipo gli asiatici (e vedi la cucina orientale), possono digerire certi alimenti, noi occidentali – con il DNA trasmesso dai nostri avi – non abbiamo nel corpo gli enzimi necessari alla trasformazione di queste proteine per farle utili al nostro sistema immunitario.
«I novel food in questione potrebbe indurre reazioni allergiche in soggetti con allergia ai crostacei e agli acari della polvere (reattività crociata)». Qui.
Un ultimo rischio è quello relativo alle allergie, un tema ancora poco studiato: «la sintomatologia associata al consumo di insetti è varia, e va dal semplice prurito allo shock anafilattico». Qui.
Sull’altro fronte si posizionano coloro che esaltano gli insetti come cibo proteico ed esortano a sfruttare questa risorsa per ottima alternativa sostenibile ai cibi animali che oggi consumiamo in eccessiva quantità e i cui allevamenti intensivi sono tra le prime cause di inquinamento e surriscaldamento della Terra.
Costoro ritengono, pertanto, che potrebbe non essere una questione di scelta ma via obbligata.
Ecco qui (QUI) qualcuno – di dubbia competenza come quando censura come fake news ciò che gli utenti della rete condividono ciò che trovano e che sono “contro corrente” dominante dal mainstream – che dichiara tutto ciò “disinformazione”.
Ma i veri esperti dicono che la chitina ingerita si può debellare solo attraverso l’enzima capace di distruggerla, la chitinase, di cui gli esseri umani non dispongono.
Mi fa sorridere leggere commenti che ricordano i coloranti già presenti nelle caramelle come nei rossetti, tipo il “carminio” ossia il colorante cocciniglia.
Di certo, la sostanza colorata estratta dalla polverizzazione della cocciniglia almeno è più naturale rispetto ad altri coloranti chimici che tingono certe bevande o certe pillole medicinali.
Senza pensare ai nitrati e nitriti, conservanti che aggiungono sapore e colore alle carni lavorate, probabilmente cancerogeni per gli esseri umani soprattutto se consumati in modo elevato e prolungato nel tempo, come ci avvisano altri specifici esperti.
(segue)
Maura Sacher
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