La parola ai produttori

Torricino, le piccole grandi aziende della splendida viticoltura Irpina

Grazie a queste realtà di pura passione la Campania e i suoi territori guadagnano sempre più consensi.

Non è un mistero ne una grande notizia per nessuno il fatto che i vini dell’Irpinia e della Campania ingrossino le fila dei suoi fans di anno in anno.  Specialmente per quanto riguarda i bianchi, le produzioni almeno dell’ultimo decennio hanno fatto registrare uno notevole balzo in avanti sulla scala della qualità.

Se mai però la notizia è che questa avvenuta crescita conclamata, non origina da uno sforzo progettuale di grandi investimenti regionali o cooperativi come potrebbe essere per altre realtà Italiane, ma è dovuta solamente alla grande forza di volontà dei produttori.

Il panorama vitivinicolo Campano e quindi anche Irpino non è infatti dominato da enormi Aziende dalla produzione sconfinata, ma è impreziosito da una miriade di piccole Aziende animate dal bisogno quasi fisiologico di restituire nei loro vini la qualità e le sfumature del proprio territorio.

L’Azienda Torricino con la sua storia rappresenta benissimo questa visione e il percorso identitario comune a tanti viticoltori Irpini. La famiglia Di Marzo è ancorata alle colline del paese di Tufo sin dal XVII secolo e la sua storia si indirizza verso il vino con decisione ad opera di Vitantonio Di Marzo, che negli anni 70 reimpianta in maniera più organizzata i terreni di famiglia adagiati sulla sponda destra del fiume Sabato.

Dominata dalla piccola torre che la sovrasta e da cui prende il nome, l’Azienda prende la svolta decisiva nel 2002 quando smette di conferire le sue uve per vinificarle in proprio, con la voglia di aggiungere alle pratiche tradizionali quella sperimentazione in grado di permettere al territorio di esprimere al meglio la sua essenza.

Alla guida di Torricino c’è oggi Stefano Di Marzo, che accanto alla cura estrema della vigna situata tra i 250 e d i 500 metri s.l.m., mette al centro del suo progetto la natura di questi suoli argillosi, calcarei e contraddistinti da venature di zolfo, peculiarità da cui i vini ricevono un profilo organolettico unico che si evidenzia specialmente nel Greco.

Vino prodotto in diversi poderi nelle zone più vocate di tufo, a cui si affiancano anche il Fiano e l’Aglianico altra grande scommessa di Stefano con cui abbiamo avuto il piacere di soddisfare qualche curiosità:

La famiglia Di Marzo radicata nel territorio è da sempre legata al vino, ma con Stefano nel 2002 decide di fare “ il salto” e vinificare in proprio le sue uve. Su cosa si fonda, la decisione che spinge ad una profonda trasformazione della propria attività di viticoltore?

In realtà era un percorso lungamente desiderato da mio padre, Vitantonio, che ha speso la sua esistenza a creare le condizione perché un giorno i figli potessero giungere a questo risultato, cioè quello di chiudere in azienda il ciclo produttivo dell’azienda vitivinicola di famiglia con la vinificazione delle nostre uve e la creazione di un brand azienda familiare, Torricino appunto.

Il vino come espressione culturale del territorio, frase forse abusata ma di sconcertante realtà. Per te ed i tuoi vini in cosa si esprime questa relazione?

L’approccio di gestione mira a far convivere il know – how tradizionale con le innovazioni in maniera naturale per ricercare la massima espressione del territorio.  Il concetto che guida la produzione è quello della viticoltura integrata, valorizzando al meglio le uve attraverso il lavoro della terra e la continua sperimentazione in cantina.

l’Irpinia negli ultimi anni acquista sempre più estimatori e ad oggi si può tranquillamente dire che i bianchi Campani sono una conclamata eccellenza nazionale. Quali fattori ne hanno ritardato l’affermazione?

L’Irpinia si caratterizza per una grande pluralità di interpreti delle denominazioni, questo è sicuramente un vantaggio strategico, ma fa del nostro territorio un grande caleidoscopio di opinioni, difficili da mettere insieme e sintetizzare attraverso una specifica vision di promozione.

L’ondata di Fiano e Falanghina a basso costo che ha invaso i banchi della GDO negli anni novanta non ha sicuramente portato beneficio alla percezione e alla conoscenza di questi vitigni. Poi finalmente la qualità si è innalzata vertiginosamente fino ad arrivare ai vini di oggi. Com’è è avvenuto questo cambiamento?

Il territorio e la sua vocazione viticola hanno svolto un ruolo fondamentale, fondamentale anche l’insediarsi ad Avellino del Corso di Laurea in Viticoltura ed Enologia che ha formato tanti giovani e bravi enologi, poi la nascita di tante piccole aziende votate alla qualità, negli ultimi vent’anni ha testimoniato un successo indiscutibile per l’Irpinia.

Da questo vortice è rimasto fortunatamente fuori il Greco di Tufo, forse il tuo figlio prediletto. Quale metodo di conduzione del vigneto utilizzi per esprimere la grandissima eleganza di un vino come il Raone?

Tutto parte dalle nostre vigne, 5 ha di greco di Tufo coltivati dalla mia famiglia almeno da tre generazioni, il Raone è figlio di una vecchia vigna, proprio a ridosso delle vecchie miniere di zolfo di Tufo, terreni molto minerali, che esaltano la nota acidula, minerale e caratterizzante il territorio che lo genera.

Anche l’Aglianico finalmente inizia a raccogliere il successo che un vitigno straordinario come questo merita. Il tuo Cevotiempo  Taurasi, già nel nome porta il giusto approccio necessario ad un vino capace di raggiungere grandissimi livelli se aspettato. Quanto lavoro c’è ancora da fare su questo vitigno per dare risalto al suo grandissimo potenziale?

Partiamo dal fatto che l’Aglianico è il più grande vitigno rosso del sud, coltivato in modo trans regionale su molti territori, ora ne apprezziamo la sua veste più austera, il Taurasi e la sua longevità, ma il futuro ci riserverà grandi sorprese per questo vitigno, sia vinificato con macerazioni più brevi, per generare vini meno tannici e dalla pronta beva, da un lato, e spumantizzato nella sua declinazione di fermentazione in bianco.

Tantissimi seguono l’Irpinia e amano le sue produzioni contenute nei numeri a garanzia di grande personalità. Per questi fans hai nuovi progetti in cantiere per il futuro?

Si certo, è da anni che sto esplorando un Greco di Tufo passito, a fine anno uscirà in commercio il 2020. Un altro progetto con il quale mi sto confrontando è un Greco di Tufo riserva che possa uscire in commercio dopo 10 anni dalla vendemmia, proprio per testimoniare la grande longevità di questo grande vitigno irpino.

l’immagine dell’Irpinia vitivinicola è molto cambiata grazie alla nuova leva di produttori. A livello progettuale tra di voi avete degli intenti comuni per la promozione dei vostri vini oppure ognuno percorre la sua strada?

In realtà le esperienze della collegialità sia a livello promozionale che comunicativo, nonostante i tanti sforzi, stentano a decollare, quindi in buona sostanza ognuno fa da se.

Personalmente quali pensi siano gli interventi e le iniziative necessarie per sviluppare l’enorme potenziale dell’Irpinia ancora inespresso?

Sicuramente non si può non partire da un consorzio di Tutela nel quale tutta la comunità di produttori si riconosca, e poi, sicuramente un impegno a generare significative risorse per un piano di promozione e comunicazione di medio lungo periodo

Domande di rito: quale sono i tuoi vini preferiti a parte i tuoi ed i campani in genere, e in un’altra vita quale vitigno ti piacerebbe affrontare e dove (territorio, regione, nazione), ti piacerebbe metterti alla prova?

Sinceramente ho una certa predilezione per i bianchi della Borgogna, quanto ai vitigni mi piacerebbe confrontarmi con l’allevamento e la vinificazione di qualche vitigno internazionale, qui in Irpinia, praticamente assenti.

Bruno Fulco

 

 

 

 

 


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