Questo è il parere sulle liberalizzazioni, volute in UE, di Paolo De Castro, del Pd, coordinatore S&D Commissione Agricoltura e sviluppo rurale del Parlamento Europeo, dopo anni di discussioni e prese di posizione.
Al recente convegno ‘Business Strategies al Wine2wine’ di Veronafiere 2015, Paolo De Castro si è espresso in merito alla proposta UE di liberalizzazione dei nomi dei vini identitari, quelli che prendono nome dal vitigno e non da una zona o paese. Ha detto “È chiaro che i nostri amici spagnoli e portoghesi vedono con interesse la possibilità di prendersi le nostre quote di mercato, ma stiamo lavorando perché ciò non avvenga e sembra che l’impegno preso dal commissario Hogan abbia ridotto questo rischio, anche se manteniamo la massima allerta”.
Registriamo anche questo da fonte Ansa 25 novembre 2015: «“Profonda preoccupazione sulla paventata liberalizzazione che rischia di privare della tutela i vini identitari” é stata espressa da Paolo De Castro, coordinatore per il Gruppo dei Socialisti e Democratici della Commissione Agricoltura e sviluppo rurale del Parlamento europeo, al commissario Ue per l’Agricoltura, Phil Hogan».
Se ancora non si è capito di che si parla, riportiamo il testo tratto dall’Atto Camera Risoluzione in XIII commissione, presentato da FIORIO Massimo, PD, giovedì 3 dicembre 2015, seduta n. 535:
“…con il regolamento (Ce) n. 607/2009, la Commissione europea ha disposto le “modalità di applicazione del Regolamento Ce numero 479/2008”; nel dettaglio il paragrafo 4 dell’articolo 62 del regolamento (Ce) n. 607/2009 cita testualmente: «I nomi di varietà di uve da vino e i loro sinonimi elencati nell’allegato XV, parte B, del presente regolamento che contengono in parte una denominazione di origine protetta o un’indicazione geografica protetta e si riferiscono direttamente all’elemento geografico della denominazione di origine protetta o dell’indicazione geografica protetta, possono figurare esclusivamente sull’etichetta di un prodotto a denominazione di origine protetta o indicazione geografica protetta o a indicazione geografica di un paese terzo»; in sintesi, ad oggi, i nomi di varietà di uva da vino, ed i loro sinonimi, contenuti nell’allegato sopracitato non possono essere utilizzati nell’etichettatura dei vini senza indicazione geografica (ex vini da tavola, chiamati anche «vini varietali») ed il loro utilizzo è limitato alle condizioni d’uso espressamente previste negli allegati. In particolare, i nomi di varietà possono essere utilizzati solo su vini a Do e Ig, provenienti dai Paesi espressamente e tassativamente indicati negli allegati; recentemente è stato avviato, presso le competenti istituzioni dell’Unione europea, il processo di revisione delle norme comunitarie che disciplinano l’etichettatura dei vini, finora contenute nel regolamento (Ce) n. 607/2009.
La Commissione europea ha inoltre precisato che tale revisione non riguarderà la parte A, ma potrebbe comunque coinvolgere la parte B del citato allegato XV; in preparazione di una proposta di regolamento in merito, la direzione generale agricoltura e sviluppo rurale della Commissione europea ha presentato alcune opzioni di riforma; la Commissione europea non ha infatti escluso di autorizzare l’uso nell’etichettatura di tutti i vini, compresi quelli senza indicazione geografica prodotti in uno qualsiasi degli Stati membri dell’Unione europea, di quei nomi di varietà che oggi sono riservati a specifiche denominazioni d’origine protette (Dop) o indicazioni geografiche protette (Dop) di precisi Stati membri; modificare la parte B del citato allegato XV potrebbe conseguentemente aprire forme di liberalizzazione sull’uso dei nomi elencati permettendone l’utilizzo nelle etichette di prodotti senza nessuna indicazione geografica; in Italia se la Commissione europea decidesse di procedere secondo le opzioni di modifica presentate sarà possibile per un qualsiasi vino comune europeo riportare in etichetta nomi di vitigni quali «Barbera», «Lambrusco», «Nebbiolo», «Primitivo», «Sangiovese», «Teroldego», «Verdicchio», «Vernaccia» o «Vermentino» (solo per citarne alcuni); si tratta di nomi che costituiscono la parte integrante di rinomate Dop o Igp, perché caratteristiche di quei luoghi e, quindi, strettamente legate a quei territori dove le varietà di uve si sono affermate storicamente per la produzione di vini di qualità certificata; questa forma di liberalizzazione, ad avviso dei firmatari del presente atto, contrasta palesemente con i principi sanciti dal citato paragrafo 4 dell’articolo 62 del Regolamento (Ce) n. 607/2009; (…).
È tutto chiaro?
Maura Sacher
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