Non parlo dell’Ulivo, pianta dall’antico valore sacrale, i cui ramoscelli sono assunti come simbolo di Pace e distribuiti nella cristiana Domenica delle Palme, parlo di un Gelso, anzi del suo tronco contorto, che spoglio, avvizzito e martoriato dai proiettili porta i segni di una Guerra, della Prima Guerra Mondiale e delle aspre battaglie che si svolsero su uno dei fronti principali, l’area del Carso Goriziano.
Si tratta dell’unica pianta che sarebbe rimasta vigorosamente e coraggiosamente in piedi in mezzo al campo di battaglia, dopo la distruzione radicale del paese presso cui svettava, San Martino del Carso. L’«albero isolato» nel valloncello, come veniva chiamato, serviva da punto di riferimento altimetrico per le mappe italiane utili alle operazioni belliche del Monte San Michele e anche obiettivo di puntamento dell’artiglieria per le truppe ungheresi sul campo, il 46° Reggimento di Szeged. Esso praticamente segnava il confine tra l’esercito austroungarico e quello italiano.
Da poeta-soldato, Giuseppe Ungaretti lasciò memorie dello strazio nella sua prima raccolta “Il Porto sepolto” (stampata nel1917), sottotitolando “Valloncello dell’albero isolato” la poesia che porta il nome del paese.
L’albero isolato nel deserto delle macerie fu il simbolo del precario confine tra la vita e la morte.
Tanto era considerato importante quel residuo di tronco, anche in ragione del fatto che per alcuni mesi aveva tentato di gettare qualche foglia ricavando tutta la linfa residua dal suo tronco, quasi speranza di vita, che l’Arciduca Giuseppe ne fu impressionato; poco dopo la visita a quel fronte, concesse il permesso di tagliarlo come “reliquia gloriosa” e il 4 luglio 1916 il tronco fu messo in salvo nelle retrovie e poi religiosamente portato, a tappe, nella città di Szeged dove rimase accolto ed esposto nel Museo di Guerra. Con l’avvento del nuovo regime, nel 1945 fu nascosto e murato, riscoperto durante un restauro dell’edificio negli anni Ottanta grazie alla cultura storica di un collaboratore del Museo, venne rimesso a posto con tutti gli onori, e ne fu rinnovata la simbologia di monumento nazionale e monito contro le guerre.
Dopo tre anni di trattative, oggi il “Museo all’aperto del Monte San Michele” può esporlo, per merito dei componenti del Gruppo speleologico carsico che nel 2010 hanno scoperto l’esistenza in Ungheria dell’albero isolato di Doberdò, e lo hanno avuto in prestito per un paio di mesi.
La Mostra storico-documentaria internazionale che ha il patrocinio del Presidente della Repubblica italiana, si è appena aperta e durerà fino al 29 giugno tra eventi celebrativi, itinerari lungo le trincee, e appuntamenti eno-gastronomici.
Un albero ridotto a tronco, mostrando nelle visibili ferite la brutalità della guerra, è diventato un simbolo di Pace, e oggi la mente va alle parole di Papa Francesco rivolte ai governanti di tutto il mondo: abbiate cura degli Uomini e della Natura, custodite l’Ambiente.
Infatti l’ambiente naturale, con i boschi, la campagna, i corsi d’acqua, è troppo spesso seviziato dall’egoismo umano per gli interessi di alcuni, di cui la guerra costituisce la rappresentazione peggiore.
Tale situazione raffigura anche un’errata interpretazione del passo della Genesi ove Dio affida la Terra al dominio dell’Uomo, egoistica interpretazione che costituisce il fallimento della missione.
Maura Sacher
m.sacher@egnews.it
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