Con l’inverno ormai alle spalle Assoenologi dirama i primi bilanci per la vendemmia 2017. La brutta stagione trascorsa senza particolari scossoni quasi fino alla fine lasciava ben sperare. Sono bastati solo un paio di giorni a mettere in discussione quelli che potrebbero essere gli esiti per quest’anno.
La gelata piombata improvvisamente tra il 18 e il 21 aprile, ha arrecato danni particolarmente per la Franciacorta e l’Oltrepò Pavese, ma anche Emilia Romagna, Toscana, Umbria e Sardegna, sono state toccate in maniera sensibile. Le temperature sono scese vicino allo 0° ed in qualche caso accompagnate dalla grandine.
Il vigneto Italiano è stato colpito nel momento più delicato del ciclo vegetativo. Le varietà più precoci già germogliate hanno pagato il prezzo più alto. Secondo Riccardo Cotarella Presidente dell’Assoenologi, il fenomeno di portata europea potrebbe essere in qualche modo un effetto dei cambiamenti climatici in atto. I danni sembrerebbero ingenti, soprattutto per le vigne a fondovalle e pianeggianti colpite a macchia di leopardo.
In Piemonte si va dal 3-5% della produzione, in ordine sparso tra i comuni. In Lombardia è la Franciacorta a pagare il prezzo maggiore, con una percentuale di germogli colpiti intorno al 50%. Per l’Oltrepò si parla del 20% dei germogli ma quasi totalmente nei vigneti di fondovalle, colpiti per il 90-95%.
In trentino si stima un danno consistente su almeno 1000 ettari, mentre in Alto Adige le perdite sono stimabili intorno al 5-8% della produzione. Il Veneto sembra essere scampato al fenomeno, se non per la parte occidentale dove si punta ad una vendemmia di qualità.
In Friuli dal 1981 non si registrava una gelata così importante. I danni maggiori sono per le varietà Pinot Grigio, Glera, Refosco e Verduzzo ma non si può ancora fare una stima indicativa. L’Emilia paga il suo conto al maltempo con il 20-30% del vigneto, mentre per la Romagna viste le caratteristiche dei vitigni, non è ancora dato sapere gli effetti determinati sui 4000 ettari interessati.
Al centro sud è la Toscana la regione più colpita, i dati dei germogli “bruciati” nelle diverse zone parlano da soli: Chianti 25-30%, Chianti Classico 20%, San Gimignano 20%, Montalcino 10-15%, Montepulciano 20-25%. Nelle Marche danni non ingenti ma in ordine sparso, forse più gravi nei fondo valle delle zone interne del Fermano/Ascolano con la perdita anche del 50% dei germogli.
Per il Lazio si pensa tra il 10 e il 50% in provincia di Latina ed un 15% ai Castelli Romani, ma con grosse aspettative di ripresa vegetativa. L’Umbria è stata colpita pesantemente, con il 60% della produzione dei vitigni bianchi e diverse perdite per il Sagrantino.
L’Abruzzo sembra averla scampata grazie al tardivo germogliamento delle varietà, mentre in Campania i danni sono stimati per il 15-20% e soprattutto nei vigneti giovani. In Puglia i danni maggiori si registrano nella Valle d’Itria, con un danno sui vigneti del 40-50%, mentre la Sicilia è stata interessata solo marginalmente.
Ultima ma purtroppo non nei danni la Sardegna, dove ogni zona ha registrato gravi perdite dovute agli sbalzi termici registrati, anche fino ai 23°. Si va dal 100% al 20-50% delle zone meno colpite e comunque per oltre 3000 ettari vitati.
Ora da nord a sud si attende la piena ripresa vegetativa dei diversi vitigni per quantificare meglio e fare una stima più accurata. Purtroppo però gli effetti potrebbero manifestarsi anche sull’intera economia del settore perché alcuni dei territori colpiti sono i cardini della produzione in valore destinata all’export.
Bruno Fulco
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