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Sostenibilità “valore condiviso”, fino a che punto?

Il concetto di sostenibilità non è chiaro per molti, non tutte le parti in causa nella gestione e sviluppo del benessere collettivo condividono una visione lineare della dimensione economica, sociale ed istituzionale delle imprese.

Da diversi anni, esperti, istituzioni, aziende, organizzazioni non profit, manager a tutti i livelli e gradi, si sono confrontati sul valore della sostenibilità, non solo in termini eco-economici ma anche ai fini di una crescita “sostenibile” del business nei più ampi settori produttivi.

Come mostrano numerose ricerche, le imprese che investono in ricerca e sviluppo sono capaci di creare valore durevole per l’organizzazione, grazie a interventi che stimolano la creatività dei collaboratori, migliorano la qualità del prodotto, rendono più efficiente il processo produttivo.
Non c’è dubbio che la profondità della attuale crisi rende essenziale un ripensamento del modello di sviluppo su scala globale.

In questo quadro, la recente evoluzione registrata nel settore del vino italiano ha mostrato una crescente divaricazione, come osserva Piero Valdiserra, Direttore Marketing e Relazioni Esterne, della Fratelli Rinaldi Importatori.
Da un lato, i mercati esteri che sono cresciuti in volumi e fatturato, grazie al traino dell’effetto Made in Italy e delle iniziative a sostegno della sua promozione, come le partecipazioni a fiere, rassegne internazionali, esposizioni mondiali. Dall’altro, il mercato interno che è invece precipitato in una spirale fortemente negativa. Il consumo pro capite, che nei secoli XVI – XVIII era fra i 300 e i 400 litri annui, e che ancora alla fine degli anni Sessanta del secolo scorso si collocava sui 120 litri, oggi è sceso sotto i 40 litri.

Cosa fare allora, in termini di “sostenibilità”? Secondo Valdiserra, «è opportuno impostare un grande progetto di divulgazione non solo scientifica, ma anche e soprattutto economica, per far cogliere all’opinione pubblica il senso della sostenibilità come “valore condiviso”, e quindi conveniente, per tutta la società, e non solo per gli addetti ai lavori del vino. È appena il caso di sottolineare che tale progetto, oltre che impegnativo nelle modalità e nei tempi, si preannuncia come largamente incerto nei suoi esiti».

E sul “come” orientare la progettualità, la risposta di Vadiserra è la seguente: «Sui mercati esteri, o quantomeno su alcuni di essi, il tema della sostenibilità può già costituire un argomento di interesse concreto, se non un asset di vera e propria competitività. Ben vengano quindi le prime sperimentazioni e le prime testimonianze delle aziende tricolori del settore, che – oltre che per sé e per il proprio sviluppo – possono lavorare anche come “benchmark” per chi seguirà le loro orme in un secondo momento».

Riguardo al mercato domestico, invece, la situazione è più complessa, presentando sfaccettature delle concause, col pericolo che la sostenibilità resti confinata «al chiacchiericcio colto e politicamente corretto, ma sostanzialmente ininfluente», o «a pura materia per azzeccagarbugli, con i suoi infiniti lacci e lacciuoli». Non ultimo pericolo, individuato dal Direttore Marketing Fratelli Rinaldi, parlando di sostenibilità e di valore condiviso, è che questi concetti siano solo il “dernier cri” del marketing, della comunicazione e delle relazioni pubbliche, se non si condividono anche gli sforzi e le risorse superando la visione del breve termine.

Maura Sacher


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