In questi giorni, dal 4 al 10 marzo 2019, si svolge la Settimana mondiale di sensibilizzazione per la riduzione del consumo alimentare di sale, appuntamento promosso per l’undicesimo anno dal WASH, World Action on Salt & Health, a cui aderisce anche la Società Italiana di Nutrizione Umana, SINU.
Le Giornate Mondiali o Nazionali di qualcosa, vengono indette nell’intento di promuovere l’attenzione, la sensibilità dei cittadini, nonché la loro consapevolezza, nei riguardi di una realtà sociale o di un problema e, di solito, per dare rilievo a quella “cosa”, come ad esempio, la Giornata del rene, la Giornata della amicizia, del bacio e financo la Giornata del sonno (che sarà il 15 marzo).
Ora tocca al sale.
È indubbio che il sale sia essenziale per la vita ed il nostro benessere, e non per niente dalla sua scoperta per millenni è stato considerato elemento fondamentale nei riti religiosi, è costato guerre ma ha anche generato strade. C’è una vasta produzione letteraria sui riti antichi e le tradizioni legate al sale.
Il sale è un esaltatore di sapidità usato in tutte le tradizioni culinarie conosciute, ampiamente sfruttato come mezzo di conservazione dei cibi, allora come oggi, per non dire nella farmaceutica. Ci sarebbero oltre 14 mila modi di impiego del sale.
Il sale, ricavato dalle saline marine e di miniera, è valutato per l’Italia un patrimonio da non sottovalutare e da difendere.
È ben vero che l’abuso di sale, ma anche di zuccheri, contribuisce alla diffusione dell’obesità o ad ipertensione e diabete, i principali fattori di rischio cardiovascolare, di calcolosi renali e biliari, nonché della cellulite o dell’acido urico che si deposita nelle ossa e nelle articolazioni, e di un lungo elenco di disturbi come la gotta, l’artrosi e l’artrite.
Ben vengano le iniziative che allarmino e consiglino una riduzione del sale per uso alimentare, e illuminino i consumatori di quanto questo sia un veleno per le cellule del corpo umano. Tuttavia il sale in sé stesso non è il solo fattore della “malnutrizione per eccesso” di cui vengono accusate le popolazioni moderne.
In nome dello slogan “Meno Sale più Salute”, si prova a convincere di diminuire il sale nell’acqua della pasta e ridurre il suo utilizzo.
Oggettivamente, neanche tanto del nostro Made in Italy gastronomico, così apprezzato (e invidiato?), potrebbe esistere se ad esempio i produttori delle eccellenze della Penisola non spargessero quantità di sale nelle giusta misura su quelli che diventeranno formaggi o prosciutti o insaccati.
Maura Sacher
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