Salvo Foti e i vini eroici dell’Etna
Il vulcano attivo più alto d’Europa (3.350 metri) chiamato “A muntagna” regala ai wine lover dei vini straordinari, figli della lava e della fatica dell’uomo.
“A Muntagna” per i siciliani, “Mungibeddu” per i catanesi, “Mongibello” per Dante che nel XIV Canto dell’Inferno cita il vulcano come luogo di punizione per i violenti che hanno offeso Dio, la natura e l’arte. Il pretesto per parlare dell‘Etna, il vulcano attivo più alto d’Europa con i suoi 3.350 metri, è la ristampa (aggiornata) di un bellissimo volume “I vini del vulcano” (Maimone editore) di Salvo Foti, pioniere del “new deal” dei vini etnei.
Enologo, agronomo, antropologo, ricercatore, libero docente
nonché accademico, storico e scrittore (sono decine le pubblicazioni che portano la sua autorevole firma) Salvo Foti, citato dal New York Times come la più importante figura di riferimento del mondo vitivinicolo siciliano, “nel mezzo del cammin di nostra vita” (ecco che ritorna il riferimento al Sommo Poeta) è impegnato, lui che ama la viticoltura
primordiale, nella riscoperta e valorizzazione dei vitigni autoctoni dell’Etna come il Nerello Mascalese, il Nerello Cappuccio, il Carricante.
E come simbolo della sua missione ha scelto la vite ad alberello. Una pratica agricola millenaria dichiarata dall’Unesco patrimonio dell’Umanità.
Se oggi l’Etna è celebrato da tutta la stampa e se i vini del vulcano conquistano l’Olimpo delle più prestigiose classifiche internazionali è anche grazie a Salvo Foti che ha ricostituito un’antica associazione di viticoltori etnei: “I Vigneri”. Il nome deriva dall’antica “Maestranza dei Vigneri” fondata nel 1435 a Catania ed ha come finalità la salvaguardia delle tradizioni millenarie dell’isola, la tutela della biodiversità della viticoltura etnea e il rispetto della dignità del lavoro dell’uomo.
La presenza maestosa e spettacolare dell’Etna, simbolo matriarcale
L’Etna, con la sua presenza maestosa, è temuto per le frequenti colate laviche che tengono in apprensione le popolazioni che vivono alle pendici, ma al tempo stesso è amato poichè è un simbolo matriarcale identificabile con la figura di una donna anziana, saggia, prodiga di consigli. Una nonna piena di amore e di attenzioni, ma che pretende rispetto.
Il cratere centrale de “A Muntagna”, la spettacolare estremità del vulcano con il suo pennacchio, è per gli etnei la prima cosa da osservare la mattina appena alzati. “Per noi – racconta Salvo Foti – è da sempre un punto di riferimento. E’ non solo una maestosa presenza geografica, ma anche fisica e psicologica.
Dalla bianca sommità del vulcano, gli anziani agricoltori e tra questi anche mio nonno, hanno sempre ricavato premonizioni, auspici, previsioni meteo. Loro mi hanno tramandato il fascino e la sacralità del vulcano. Da piccolo non riuscivo a immaginare la mia terra senza “A Muntagna”.
Per capire veramente l’Etna e i suoi vini bisogna fare come gli intellettuali tedeschi, inglesi e francesi che sceglievano come momento culminante del loro itinerario (il Grand Tour) l’ascesa del vulcano immortalata da Goethe nel “Viaggio in Italia” (Italienische Reise).”
I tesori dell’Etna: i vini, l’olio, le ciliegie, il pistacchio, il miele, le arance rosse
La fertilità del terreno vulcanico assieme al clima mediterraneo rivestono un ruolo fondamentale per il settore agroalimentare
siciliano, in particolare per certi prodotti tipici e di nicchia.
Tra i tanti tesori ricordiamo i grandi vini dell’Etna, le arance rosse, il pistacchio di Bronte, il miele di Zafferana Etnea, le mele, le fragole, l’olio, le castagne, i funghi, le mandorle, le nocciole, gli ortaggi.
Il miele, considerato l’oro giallo dell’Etna, è una preziosa fonte di reddito in alcune zone del territorio etneo.
Zafferana, ad esempio, con oltre settecento apicoltori, vanta la produzione del 15% del miele nazionale. Il miele etneo è rinomato per le sue proprietà curative ed è utilizzato in pasticceria per la preparazione di dolci e pietanze tipiche.
Al pari del pistacchio di Bronte, diffuso e rinomato, che cresce solo sui terreni scoscesi di questo territorio e che solo qui assume quel colore verde smeraldo, brillante, e quel profumo intenso che ricorda la mandorla.
Il concetto di terroir: suolo, clima, altitudine, tradizione, ma soprattutto passione
Tutti prodotti straordinari, ma da qualche anno il più importante è sicuramente il vino
grazie soprattutto alla lungimiranza e all’abnegazione di alcuni vignaioli, Salvo Foti in primis.
Qui, alle pendici del vulcano, non c’è luogo più indicato per capire il concetto della parola francese “terroir”.
Una parola intraducibile poichè rappresenta l’insieme di più fattori che influiscono sul vino rendendolo unico: il suolo, il clima, l’altitudine, la tradizione, la passione del singolo vignaiolo.
Ma a tutto questo l’Etna aggiunge una particolarità altrettanto importante ed esclusiva: la sacralità del luogo.
L’azienda di Salvo Foti “I Vigneri”: 5 ettari vitati, 26 mila bottiglie
L’azienda ” I Vigneri” di Salvo Foti dispone di sette ettari dei quali cinque vitati in diverse zone del vulcano: sul versante Est, a 750 metri d’altitudine, in Contrada Caselle, nel comune di Milo, si coltivano Carricante e Minnella.
Sul versante Nord, a 550 metri, in Contrada Porcarìa (Feudo di Mezzo) della frazione Passopisciaro nel comune di Castiglione di Sicilia, si trovano i vitigni a bacca nera Nerello Mascalese, Nerello Cappuccio e Grenache. Sul versante Nord-Ovest si trovano i vigneti più elevati, a 1.300 metri d’altitudine, in Contrada Nave, nel comune di Bronte. Qui, nella patria del pistacchio, Salvo Foti coltiva un piccolo vigneto con i vitigni Grenache, Minnella nera, Grecanico, Minnella Bianca e altre varietà autoctone. La produzione annuale è di circa 26 mila bottiglie.
Quei vigneti tradizionali ad alberello che vantano una storia millenaria
“I nostri vigneti sono tutti di proprietà – racconta Salvo Foti – non acquistiamo uva, non abbiamo vigneti in affitto: in questo modo abbiamo il controllo totale delle nostre uve. Tutti i nostri vigneti sono ad Alberello Etneo, che vanta una storia millenaria, coltivati in modo tradizionale come da sempre si fa sull’Etna.”
Nel I secolo avanti Cristo il più importante agronomo dell’epoca romana, Columella, scriveva: “Chi ara domanda il frutto, chi concima invoca, ma chi pota costringe a produrre”.
Una citazione che Foti snocciola a proposito dell’avere cura del vigneto, raccomandazione che è propria delle antiche “Maestranze” etnee.
Custodire, preservare e intervenire con il massimo rispetto: è questa la filosofia di Salvo Foti che produce vini “umani” che raccontano un territorio unico al mondo.
Vini prodotti dall’uomo per l’uomo nel rispetto dell’uomo e dell’ambiente. Vini in armonia con il creato. Vini naturali che guardano ad un futuro più sostenibile, senza chimica, egoismi e diavolerie varie.
La filosofia di Salvo Foti nei calici dell’Etna Rosso Vinupetra
Questa filosofia l’abbiamo ritrovata nei calici protagonisti della serata enogastronomica al Ristorante “Opera Terza” di Zanè promossa nei giorni scorsi da Gianpaolo Girardi, patron di Proposta Vini, che distribuisce in tutta Italia i vini di Salvo Foti.
Emozionante la “verticale” delle tre annate (2019-2016-2010) di Vinupetra Etna Rosso assaggiate dopo la visione di un bellissimo filmato sulla viticoltura etnea. Il nome “Vinupetra” nel dialetto catanese significa “vino prodotto in terreno pietroso” e in effetti è così. Il piccolo vigneto (3.800 metri quadrati), chiamato Vigna Calderara, che si trova in Contrada Porcaia, nel comune di Castiglione di Sicilia, sul versante Nord del vulcano, a 580 metri d’altitudine, ha infatti un suolo ricoperto in gran parte da pietre vulcaniche di piccola e media dimensione.
Qui, allevati ad alberello, con tutori in castagno, si trovano le viti di Nerello Mascalese 80%, Nerello Cappuccio 10%, Grenache e Francisi 10% (con quest’ultimo termine vengono indicati i vitigni “foresti” dei quali non si conosce il nome). In questo impianto sopravvivono molte viti ultracentenarie.
Vini dal colore rubino granato e dalla lunga persistenza in bocca
L’ annata più giovane (il 2019) del Vinupetra, di un bel colore rubino granato, si caratterizza per dei piacevolissimi sentori di sottobosco, ciliegia e confettura con “nuances” speziate.
Ben strutturato, asciutto, ha una bella trama tannica con leggere note vegetali e una lunga persistenza in bocca.
L’annata 2010 di color granato intenso è un’esplosione di note balsamiche con sentori di sottobosco, frutti rossi macerati, ciliegie sotto spirito con accenni leggermente ossidativi che ci ricordano un Porto Tawny. Alcolico, asciutto e leggermente piccante in bocca, con note pepate, ha una bella trama tannica e una lunga persistenza.
Il Vinudilice, un rosato d’altri tempi che nasce nel comune di Bronte
Simpatico, anche se decisamente d’altri tempi, il “Vinudilice” 2021 prodotto mescolando e vinificando contemporaneamente uve a bacca rossa e a bacca bianca: Grenache, Minnella Nera, Grecanico, Minnella Bianca ed altre varietà.
Le vigne si trovano nel comune di Bronte, in Contrada Nava, a 1.300 metri d’altitudine. Ultracentenario il vigneto, il più elevato dell’Etna, il sistema d’allevamento è ad alberello etneo, con tutori in castagno.
Produzione: 3.000 bottiglie. Il Vinudilice si presenta di un bel colore rosa antico e al naso si colgono piccoli frutti rossi di bosco con accenni di fieno. Strutturato, decisamente sapido, ha una buona persistenza.
L’Etna Bianco Vigna di Milo: Carricante in purezza, le viti franche di piede
Piacevolissime anche le due annate (2020 e 2016) dell’Etna Bianco Superiore “VignadiMilo” (Carricante in pureza) le cui uve provengono da un vigneto di 0,8 ettari messo a dimora nel 2010 e situato a 750 metri d’altezza sul versante Est dell’Etna, in Contrada Caselle, nel comune di Milo.
I suoli sono sabbiosi con una importante presenza di lapilli e pomice. La sua particolarità è data dal fatto che le viti sono franche di piede, ovvero non innestate.
Il sistema d’allevamento è ad alberello con tutore in castagno. Il colore è giallo dorato luminoso, tendente all’oro verde.
Al naso è un’esplosione di fiori gialli e frutta, mela acerba, miele con leggeri accenni speziati e note di pietra focaia.
Dotato di buona struttura, succoso, vi ritroviamo il frutto giallo maturo con accenni speziati di zenzero e leggere note sulfuree che ricordano certi Riesling della Mosella. Buona la persistenza.
Il menu proposto da Francesco Dal Santo (Ristorante “Opera Terza” di Zanè)
La degustazione dei grandi vini di Salvo Foti è stata accompagnata dai piatti d’alto lignaggio proposti dal Ristorante “Opera Terza” di Zanè (Valdastico, Vicenza).
Per l’occasione Francesco Dal Santo ha deliziato gli ospiti con i suoi manicaretti.
In apertura la peccaminosa tartare di carne Decumana selezione Italia con impanatura di paprika dolce e aglio fermentato, piatto abbinato al Rosato Vinudilice.
Fantastico il raviolone tutto tuorlo, cicorietta, scalogno confit, crema di patate e fiori d’autunno abbinato all’Etna Bianco VignadiMilo 2020.
E da standing ovation il reale di maialino stufato, uva nostrana e verdure di stagione, piatto ideale per accompagnare le tre annate dell’Etna Rosso Vinupetra.
In chiusura non poteva mancare il cannolo siciliano abbinato alla Malvasia delle Lipari passito Bio 2019. Che altro aggiungere?
Chapeau a Salvo Foti, allo chef Francesco Dal Santo, alla moglie Agnese e alla sommelier Marta de Toni per l’impeccabile servizio in sala. (GIUSEPPE CASAGRANDE)
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