Vino e Ristoranti

Roma Doc, il vino della capitale c’è

La degustazione di Palazzo Colonna mostra a tutti progressi e promesse del vino di Roma

Bellissimo appuntamento quello organizzato da Roma Doc nella Coffee House Colonna in P.zza Santissimi Apostoli. Nello splendido spazio rococò, quasi un unicum a Roma, tutti i presenti hanno potuto apprezzare la progressione qualitativa della Doc alla distanza dei circa due anni dalla costituzione del Consorzio.

Un appuntamento fortemente voluto dal Presidente Tullio Galassini e ai suoi soci che hanno portato sui banchi d’assaggio tante espressioni di questo enorme territorio che circonda la capitale. La location ha fatto sicuramente la sua parte nel nobilitare i vini, un gioiello architettonico che il critico d’arte Vittorio Maria De Bonis ha illustrato nel dettaglio, dai decori delle pareti agli affreschi della volta realizzati da Francesco Mancini che rappresentano il mito di Amore e Psiche.

Tra gli interventi oltre a quello del Presidente Galassini a sottolineare il  percorso e gli obiettivi della Roma Doc, anche quello del Ministro Brunetta, direttamente coinvolto nel sodalizio, che ha ricordato il valore del vino nella convivialità di tutti i giorni ancora più importante in momenti come quello che attraversa la nostra società. In questo contesto istituzionale i vini presenti hanno avuto modo di esprimersi al meglio raccogliendo ampio consenso nel pubblico presente.

Quello che un po’ tutti hanno evidenziato è l’ottimo livello qualitativo per vini e territori che fino a non molto tempo fa non erano mai stati presi sul serio dagli appassionati di vino. Se infatti parlare dei vini del Lazio ha  strappato in molti più di qualche sorrisetto spocchioso, figuriamoci parlare dei vini di  Roma. In ambiti enoici si è molto dibattuto in passato sull’utilità di questa Doc e forse questa degustazione è stata per molti l’occasione di cambiare il proprio punto di vista.

Per un’area che si distende su 330.000 ettari e comprende le zone costiere, la Sabina, Colli Prenestini e Colli Albani oltre che parte della campagna romana, non è facile far emergere i “valori del territorio”. Questo appuntamento ha però messo in luce la varietà e la complessità delle condizioni pedoclimatiche, in grado di esprimere una qualità su cui è vero che c’è ancora da lavorare, ma che lascia già intendere come le possibilità di miglioramento siano certamente ampie.

Prospettiva che unita al forte potere evocativo di un nome come Roma lascia ben sperare per le sorti future del consorzio. Malvasia del Lazio, Bellone, Bombino bianco, Trebbiano giallo e verde per i vini bianchi e Montepulciano, Cesanese di Affile, Cesanese Comune e Sangiovese per i vini rossi. Nelle vinificazioni la natura bianchista del Lazio si evidenzia, ma anche i rossi denotano una loro crescita qualitativa.

In alcuni casi da mettere a punto nelle vinificazioni, dove l’uso dei legni a volte risulta in eccesso anche quando il vino non ne avrebbe bisogno per risultare centrato. Un po’ come capita a volte ad una bella signora che esagera con il trucco senza una vera e propria necessità.

Comunque erano tante le Aziende presenti ad essere giù pienamente convincenti come Poggio le Volpi, Merumalia che partecipa alla Roma Doc con il Rosso Vetus, poi Casale Valllechiesa e Casa Divina Provvidenza.

Di fianco a queste Aziende che promettevano già  bene e che nella degustazione di Palazzo Colonna hanno fatto segnare un deciso passo in avanti, come Emanuele Ranchella con il suo AD Decimum, Castello di Torre in Pietra, Tenuta Iacoangeli, Solis Terrae, Villa Cavalletti e Terre di Vejo, oltre che Cantina Amena che in quel di Lanuvio dimostra come questi territori esercitino capacità attrattiva anche verso l’imprenditoria non locale.

Molte altre si sono dimostrate prossime al salto di qualità su una strada che appare già segnata con decisione. Ora sta ai produttori perseguirla attraverso iniziative progettuali quali ad esempio la zonazione dei suoli e tutto ciò che serve per valorizzare i territori, oppure accontentarsi del minimo sindacale ripetendo gli errori fatti decenni addietro  e che stanno ancora costando caro a tutto il movimento vitivinicolo regionale.

Bruno Fulco

 

 

 

 

 

 


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