Roberto Giulio , Maria Grazia Droandi, ed il Gralima
Roberto Giulio Droandi e Maria Grazia Mammuccini, marito e moglie nella vita hanno sempre operato nel settore agro-viticolo, lui come venditore della locale cooperativa agricola lei come impiegata. La passione di Roberto per la sua terra ha preso slancio quando ha deciso di coltivare direttamente l’azienda , oggi condotta in regime biologico, ricevuta in eredità dal nonno.
Una antica azienda di 17 ettari a Mercatale Valdarno dove Roberto e Maria Grazia, forte anche della sua esperienza prima nel consiglio regionale toscano, poi come presidente dell’ARSIA, dove ha promosso la prima legge nazionale per il recupero delle vecchie varietà sia viticole che arboree, e per ultimo come presidente nazionale di Federbio, hanno subito capito che oltre a fare dei vini fortemente legati a questo territorio ricco di storia e di suggestioni avrebbero contribuito allo studio ed alla salvaguardia della sua ricca biodiversità, non solo viticola.
L’occasione giusta arriva nel 2008 con la partecipazione attiva al ”Programma di reperimento, conservazione, caratterizzazione e valorizzazione del germoplasma della vite nel Valdarno Superiore” promosso dal C.R.A. di Arezzo e guidata da Paolo Storchi e Anna Beatrice Armanni.
Un progetto che partiva dalla consapevolezza che l’impoverimento del patrimonio varietale, oltre a contribuire alla perdita della memoria storica e delle tradizioni culturali del territorio porta, a medio ed a lungo termine, a gravi rischi di erosione della variabilità, fattore importante per lo stesso miglioramento genetico.
Inoltre, nel caso della vite, non dobbiamo dimenticare l’importanza dei vitigni minori per valorizzare la specificità dei diversi territori o per caratterizzare i vini dal punto di vista organolettico.
In Toscana, da vari anni le Istituzioni, a partire dalla Regione per il tramite dell’ARSIA, con il supporto scientifico degli Istituti di Ricerca del C.R.A. e delle Università toscane e con la collaborazione di diverse aziende agricole, hanno realizzato progetti volti al recupero di questo patrimonio.
In questo fiorire di iniziative, l’Istituto Sperimentale per la Viticoltura di Arezzo, grazie all’impegno di alcuni ricercatori, ha avuto la sensibilità di avviare uno specifico progetto di tutela del germoplasma viticolo provinciale: il lavoro ha avuto inizio nel Valdarno, per estendersi successivamente al comprensorio aretino ed al Casentino.
Da parte sua, l’Azienda Agricola Mannucci Droandi, cosciente dell’importanza culturale e scientifica della riscoperta e valorizzazione delle vecchie cultivar e con l’obiettivo di caratterizzare sempre più fortemente i propri vini attraverso il legame con il territorio, ha provveduto, sotto la direzione dell’Istituto, alla propagazione ed all’impianto dei vitigni e dei biotipi reperiti in Valdarno.
Quarantatre le varietà presenti nella collezione con anche diversi biotipi per ognuna, e se Barsaglina, Pugnitello e Foglia Tonda nel tempo sono uscite dalla fase sperimentale per costituire oggi i vini più identitari di questa azienda, Roberto e Maria Grazia stanno riservando attenzioni ed energie ad un’altra varietà che sembra dare già grande soddisfazione in cantina.
Si tratta del Lacrima nera del Valdarno un vitigno che alla luce delle osservazioni fatte in campo, nel 2018, è stato iscritto ufficialmente nel Registro del Ministero con il nome di Gralima per evitare confusioni con altri vitigni già iscritti.
Il vitigno, ricorda Roberto, è stato recuperato da piante centenarie nella zona del Valdarno Superiore (territorio di confine tra la provincia di Firenze e quella di Arezzo)in particolare nel comune di Montevarchi (AR).
Inizialmente confrontandolo con le descrizioni di vari Autori, in considerazione anche della età dei ceppi rinvenuti (piante più che centenarie), è stato assimilato al Lacrima forte ed alla non meglio precisata Lacrima citata dal De Astis.
La denominazione Lacrima è stata spesso utilizzata per indicare vitigni tra loro anche molto differenti, coltivati prevalentemente nel centro-sud dell’Italia. Nei tempi recenti, la Lacrima forte aveva perso di interesse nel passaggio alla viticoltura specializzata e con l’affermarsi di nuovi indirizzi enologici ed è attualmente poco diffusa in Toscana.
In considerazione però delle caratteristiche di tardività fenologica, della ricchezza fenolica dell’uva e della ridotta sensibilità alle principali fitopatie fungine (in particolare oidio e botrite), se ne prevede un rinnovato impiego alla luce dei cambiamenti climatici in atto e soprattutto nell’ambito di coltivazioni a basso apporto di fitofarmaci.
Nel calice queste varietà sorprendono, per una corposità fine ed elegante la Bersaglina con una buona sapidità e tannino di grande finezza e persistenza, Il Pugnitello si presenta più ampio al gusto, quasi succoso, il tannino austero ma non aggressivo lascia una bocca molto piacevole e persistente. Il Foglia Tonda si apre con note di liquirizia e frutti di bosco, è un vino potente ma di grande equilibrio sia nel gusto che nella sensazione finale. Il Gralima infine conferma una fortissima identità fatta di tannini per la verità ancora un pò scontrosi che solo il tempo potrà domare, ma di una beva intrigante e piacevole sostenuta da carattere e vivacità.
Il viaggio continua…
Aldo Lorenzoni e Luigino Bertolazzi
Foto di Gianmarco Guarise
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