L’annuale “Rapporto Ristorazione 2020” di Fipe-Confcommercio, presentato alla presenza del Ministro Giorgetti, fotografa le macerie di uno dei settori maggiormente dinamici e attivi dell’economia italiana, quello dei Pubblici esercizi, dopo un anno di pandemia.
Secondo i dati Istat, nel 2020 in Italia si sono persi 2,5 milioni di posti di lavoro, di cui 1,9 milioni nei servizi.
Il più colpito è il settore della ricettività e della ristorazione che ha visto bruciare in 14 mesi 514mila unità, più del doppio dei 245mila posti di lavoro creati tra il 2013 e il 2019.
Un dato allarmante e nessuna realistica ripresa prima del 2022.
Il 2020 si è caratterizzato per un numero eccezionalmente basso di nuove imprese avviate: 9.190 a fronte delle oltre 18 mila aperte nel 2010.
Per contro, Infocamere certifica la chiusura nell’anno della pandemia di 22.250 attività.
Un dato, che, tuttavia, sottostima la reale dimensione della crisi delle imprese della ristorazione, i cui effetti si vedranno soltanto nei prossimi mesi quando terminerà l’effetto anestetico dei provvedimenti di cassa integrazione, ristori, moratorie e via dicendo.
A fronte di tutto questo, i ristori previsti dal governo sono stati insufficienti.
Secondo una ricerca condotta Fipe-Format Research, per l’89,2% degli imprenditori, i sostegni sono stati poco (47,9%) o per nulla (41,3%) efficaci.
Nella stessa indagine emerge che il 97,5% degli imprenditori ha registrato, nel corso del 2020 a causa delle misure restrittive, un calo del fatturato della propria azienda.
In particolare, 6 titolari di Pubblici esercizi su 10 ha lamentato un crollo di oltre il 50%, mentre il 35,2% ritiene che il fatturato si sia contratto tra il 10% e il 50%.
L’incertezza è il sentimento prevalente e l’incognita è la data della fine dell’emergenza.
Per meglio definire tempi e modalità della ripresa, Fipe-Confcommercio ha interpellato alcuni qualificati rappresentanti dell’industria, della distribuzione e della stessa ristorazione.
Per quanto riguarda il ritorno ai livelli di fatturato pre-Covid, il 72% degli intervistati si divide equamente tra chi lo ritiene possibile nel 2022 (36%) e chi invece prevede uno slittamento al 2023 (36%).
Resta un 27% di pessimisti che ritiene plausibile un ritorno a pieno regime solo nel 2024.
Il Presidente Stoppani: «L’impatto del Covid sul settore della ristorazione è stato drammatico e la ripartenza degli operatori richiederà una trasformazione dell’offerta, delle esperienze. C’è un rischio gravissimo nella dispersione di competenze e professionalità»
Maura Sacher
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