Quando GRASPO incontra..the Wine Hunter
L’esperienza di GRASPO sta lentamente diventando un intenso percorso di incontri e confronti con i custodi dei vitigni rari ed i più autorevoli ampelografi.
Racconti dove forse per la prima volta accanto all’identificazione, alla storia, alle caratteristiche del vitigno e del vino vengono valorizzate le persone.
Una esperienza di oltre 100.000 chilometri in tanti territori italiani, incontrando tantissimi produttori, eseguendo numerosissimi prelievi di materiale vegetale per stabilire l’identità dei vitigni, scoprendo ad oggi 15 nuove varietà di uva e realizzando solo nell’ultima vendemmia oltre 100 microvinificazioni.
Un lungo viaggio quindi di incontri e scoperte che abbiamo voluto raccontare nel nostro ultimo libro, un testo, che non può essere esaustivo e non vuole neanche essere un mero catalogo di aziende e vitigni a rischio estinzione ma una esperienza immersiva in questo mondo spesso dimenticato che tocca tutte le regioni italiane.
Un viaggio ricco di storie originali spesso caratterizzate da autentico eroismo ma anche un racconto di quanto istituzioni, centri di ricerca ed ampelografi di tutta Italia hanno fatto per identificare e preservare questi vitigni.
Ua sorta di viaggio ideale che ha stimolato anche l’interesse e la curiosità di Helmuth Koecher patron e fondatore di Merano Wine Festival che ha voluto dedicare a questa esperienza di incontri una puntata di Wine Hunter Talk sulla piattaforma Wine Hunter Hub ai Vitigni rari ed al valore della Biodiversità Viticola.
Fortemente convinti che la vera sostenibilità in vigna parte dalla tutela e dalla salvaguardia della biodiversità viticola di ogni territorio, GRASPO ha testimoniato in questa occasione alcune storie di sindaci, di piccole comunità, di associazioni ed aziende che condividendo questo pensiero hanno collettivamente e concretamente contribuito alla salvaguardia della biodiversità viticola locale anche tutelando vecchie vigne, storici sistemi di allevamento ed ancestrali pratiche agricole per poi passare la parola ad alcuni custodi come Stefano Turbil viticoltore in valle Susa e titolare dell’azienda La Chimera.
La viticoltura in valle Susa è a tutti gli effetti una viticoltura eroica.
I vitigni che Stefano Turbil ritiene fortemente identitari sono il Becuet e l’Avanà i quali hanno fra gli antenati il vitigno Persa, un rosso francese figlio del Savagnin Blanc e di genitore ignoto. Dal 2014 Stefano ha evoluto il modo di produrre l’Avanà vinificandolo in rosato per produrre un ottimo spumante metodo classico.
Il Becuet si presta invece bene solo per la produzione di rossi da lunghe macerazioni con adeguato affinamento in legno. Comunica che in Valsusa si recuperando alla coltivazione una antica varietà frutto dalla ibridazione naturale di Avanà e Becuet, chiamata Ciamusel.
Dal Piemonte al Molise con il racconto della Tintilia fatto da Claudio Cipressi,
Claudio è un imprenditore caparbio e determinato, che forte della sua conoscenza del territorio molisano per l’esperienza accumulata come commerciante di cereali, inizia negli anni ’90 una sua personale ricerca sull’antico patrimonio genetico della viticoltura molisana, supportato in questo dalla sensibilità e convinta passione dell’agronomo Michele Tanno.
Una ricerca metodica e non senza difficoltà che permette però fin dall’inizio di individuare in un antico piccolo vigneto coltivato ad alberello, la Tintilia come il vitigno storico di questa regione. Un vitigno che ha qui trovato le condizioni climatiche ideali per diffondersi, tanto che nell’ottocento era molto diffuso soprattutto nelle zone più interne della regione.
Inizia così un lungo e delicato lavoro di selezione in vigna per individuare i biotipi più interessanti ed in cantina con la loro micro vinificazione, fino al 1996 quando inizia anche la prima propagazione con l’impianto di alcuni ettari di questo vitigno, non da tutti compreso, viste le basse rese produttive.
Negli stessi anni sempre con il supporto di Michele Tanno, inizia anche tutto il lungo iter burocratico per la sua iscrizione nel Registro del Ministero che arriva nel 2002.
Un successo che lo convince ad investire ancora in questo vitigno, un successo condiviso con tante altre aziende del territorio. Se nell’azienda di Claudio sono 12 gli ettari di Tintilia, la superficie complessiva su base regionale supera oggi i 70 ettari, certificandone il suo totale recupero.
Claudio descrive la “sua” Tintilia come un vitigno rustico, che resiste bene al freddo, ma non molto vigoroso e con una produttività piuttosto bassa. L’uva, di colore nero-bluastro, ha una buona aromaticità e dà origine a un vino molto particolare, dal colore intenso e carico.
Il profilo olfattivo è caratterizzato da eleganti note speziate, che si fondono con sentori di frutta rossa. Ha una buona struttura perciò’ richiede un giusto periodo di affinamento, in bocca è caldo ed esprime aromi complessi.
La vera sorpresa è però che forse presto in cantina la Tintilia potrebbe avere nuova compagnia, Claudio con l’Università del Molise sta lavorando su un altro vitigno perduto molto promettente, che a dispetto del suo nome “Morese” è invece a bacca bianca.
Se da Cipressi un nuovo futuro è già cominciato è poi Piero Cella di Quartomoro di Sardegna a raccontare cosa sta succedendo sul fronte del recupero dei vitigni rari in questa “ Isola dei Tesori”.
Per chi volesse infatti conoscere bene tutto il ricco patrimonio ampelografico della Sardegna, ottimizzando tempo e kilometri, non può prescindere da una visita all’azienda Quartomoro di Piero e Luciana Cella in località Is Bangius comune di Marrubbio in provincia di Oristano.
Quella di Piero e Luciana in effetti non sembra neanche una cantina ma un moderno museo interattivo dove vitigni, vini, territori e persone interagiscono in un suggestivo racconto, qui competenza, passione ed accoglienza permettono di fare un viaggio ideale su tutta l’Isola accompagnati dai tanti vini che custodiscono declinati in tutte le vendemmie che hanno realizzato.
Testimonianze forti di questo impegno sono il campo collezione “Memorie di Vite” e “La vigna dei Bambini” che raccolgono oltre 50 varietà autoctone sarde.
Vermentino, Nuragus, Semidano, Arvisionadu, Nasco, Girò, Cannonau, Bovale, Carignano, Cagnulari, Muristellu diventano nel calice un percorso di degustazione ideale che racconta fedelmente gli unicum enologici dell’Isola.
Con un clic sulla tastiera eccoci subito nel Lazio.
Vittorio Giulini deve essere un imprenditore curioso attento ed anche un pò visionario, arriva da Milano dove ha lasciato un segno importante nel mondo della moda e della finanza, oggi si dedica invece con costanza e passione alle sue due aziende una è Tenuta la Marchesa situata nella zona del Gavi e l’altra é Tenuta di Pietra Porzia nel Frascati.
Due realtà importanti e fortemente identitarie lontane 500 kilometri ma accomunate da alcuni fattori fortemente condivisi, sono entrambe inserite in un contesto paesaggistico incredibile e valorizzate da testimonianze architettoniche storiche, sono caratterizzate da una maniacale attenzione alla sostenibilità ed all’accoglienza, producono vini fortemente territoriali ma sopratutto in entrambe c’è una grande attenzione all’originale biodiversità viticola dei due territori.
Se in Tenuta la Marchesa Albarossa, Pelaverga, Slarina e Uvalino sono la testimonianza concreta di questa sensibilità non scontata, a Tenuta di Pietra Porzia sono il Lecinaro ed il Raspato con identità ed originalità a sottolineare questo forte legame tra vitigno e territorio.
Un viaggio bellissimo quindi attraversando l’Italia, incontrando persone convinte che, come dice GRASPO, dai vitigni del passato nasceranno i vini del futuro.
Il viaggio continua……..
Aldo Lorenzoni e Luigino Bertolazzi
Foto di Gianmarco Guarise
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