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Pisoni una lunga storia di TrentoDoc e non solo

Chi inizia a seguire il mondo del vino lo fa per diversi motivi e con approcci differenti.  Quelli che però si spingono oltre le mode e gli aspetti più frivoli, superando le folle di sbicchieratori da tunnel carpale che fanno da ornamento agli eventi mondani,  scoprono presto gli altri contenuti che danno spessore a questo variegato mondo.

Il valore culturale del vino non può non mostrarsi evidente a chi lo approccia con un minimo di interesse sincero. Dalle Alpi alla Sicilia è impossibile non imbattersi in una delle tante storie di vita che intrecciano il loro vissuto con il frutto della vite.

La vicenda ultracentenaria della famiglia Pisoni è una di queste. L’ambiente naturale è quello della bellissima Valle dei Laghi nelle vicinanze di Trento, un territorio punteggiato di laghetti alpini e orlato da monti innevati sotto i quali si distendono i vigneti. Quello della Valle della Luce come viene chiamata in loco, è un clima variegato dalle caratteristiche pedoclimatiche favorevoli alla coltivazione di Pinot Nero e Chardonnay, vitigni che vengono utilizzati per la produzione del TrentoDoc.

Le dolomiti garantiscono una spiccata escursione termica a tutto vantaggio del corredo aromatico delle uve, mentre la brezza locale chiamata “Òra del Garda”, spirando da sud verso nord agisce da elemento mitigatore del clima favorendo livelli di acidità ottimali nelle uve.

Oltre alle grappe il Trentodoc è il fiore all’occhiello della Distilleria Cantina Pisoni, che all’inizio degli anni settanta è stata tra le prime a produrre questa eccellenza italiana contribuendo poi come socio fondatore allo sviluppo dell’Istituto TrentoDoc, sempre più apprezzato dagli appassionati del Metodo Classico.

L’Azienda si trova a Pergolese nell’antico Maso di famiglia in cui c’è anche la cantina scavata interamente nella roccia. Un rifugio antiaereo risalente alla seconda guerra mondiale e successivamente ampliato, che assicura una temperatura costante naturale oscillante tra i 10 e i 12 gradi.

Ambiente ideale per gli spumanti che qui riposano oltre 30 mesi sui lieviti e, in cui  vengono effettuate manualmente le operazioni di remuage secondo la più rigorosa tradizione.  Il legame della famiglia Pisoni con il territorio ha origini antiche, rintracciabili addirittura ai tempi del Concilio di Trento intorno alla metà del 1500.

Sono di allora le notizie che riportano di tal Carlo Antonio Pisoni, fornitore di viti e acquaviti presso la Corte del Principe Arcivescovo Cardinale Cristoforo Medruzzo,  che segnano l’inizio di una lunga storia.

Tanti i protagonisti da Baldassarre e Angela, sposi nel 1876 e genitori di sette figli tutti chiamati alle armi nella prima guerra mondiale, ad Angelina con sua figlia, ricordata come “la zia Maria”.

Due donne rimaste coraggiosamente sole a condurre le attività di famiglia, governando il bestiame e guidando i braccianti necessariamente assunti per le attività agricole, per la vendemmia e la produzione di “acquavita”, durante i quattro lunghi anni intercorsi fino alla fine del conflitto bellico.

Al ritorno dal fronte Oreste e Giulio proseguono il rapporto della famiglia con la terra, chiamati ad un duro lavoro necessario a risollevare l’azienda sopravvissuta a fatica. Risistemano vigneti e campagne ristrutturando la cantina e la distilleria. Si sposano e contraendo debiti affrontano la dura crisi del 1929 che superano avviando una fase florida per l’Azienda.

Lo scoppio della seconda guerra mondiale comporterà un periodo di ristrettezze ma le famiglie di Oreste e Giulio ormai anziani, eviteranno di essere coinvolte così come la loro prole troppo giovane per la leva.

Di questa nuova generazione i cugini Gino e Arrigo a cui si aggiungerà Vittorio, completano la scuola di agraria nel 1954 e procedono alla ristrutturazione dell’azienda in chiave moderna. I vecchi impianti lasciano spazio a vigneti specializzati e a nuove varietà quali Cabernet, Merlot e Chardonnay. Contemporaneamente si passa dalla produzione di sfuso all’imbottigliamento.

La distilleria che nel 1935 era completamente in rame e considerata all’avanguardia, viene ristrutturata ed ampliata nel 1968 e contemporaneamente vengono lanciate nuove tipologie di grappa e acquavite. Le competenze vengono sempre più specializzate e si opera la scelta di abbandonare le altre attività agricole e zootecniche.

È poi la volta dell’attuale generazione dei Pisoni con i figli di Arrigo (Elio e Giuliano) e Vittorio (Andrea e Francesco) che oggi con competenze specifiche guidano l’Azienda, rinnovata strutturalmente nei primi anni duemila con la nuova distilleria inaugurata nel 2004 in occasione dei 150 anni dell’Azienda. Oggi la  Distilleria Cantina Pisoni è presente nei principali mercati mondiali e a curare i dettagli di questa presenza provvede Elio Pisoni con cui abbiamo scambiato qualche impressione.

E: L’affermazione della Riserva Erminia Segalla contribuisce a dare importanza alla tipologia del Trentodoc, che ultimamente ha guadagnato posizioni tra gli appassionati del Metodo Classico a scapito di referenze provenienti da altri territori italiani. Ponendo per scontata già da prima la qualità dei vini, a cosa è dovuta questa rimonta del Trentodoc negli ultimi anni?

E.P.: Innanzitutto credo che sia un giusto riconoscimento ad un grande lavoro che iniziò in Trentino più di un secolo fa; la nostra azienda è stata una delle prime in Trentino a credere in questo progetto, con una certa lungimiranza ed intuizione. La nostra zona (la Valle dei Laghi) ha una spiccata vocazione per le bollicine del Metodo Classico. Un’ampia percentuale di tutto il TrentoDoc prodotto in Trentino deriva da uve coltivate nella Valle dei Laghi.

Direi che fondamentalmente ci sono due fattori principali che hanno permesso – negli ultimi anni – al TrentoDoc di ritagliarsi un importante spazio e ruolo sulla scena nazionale degli spumanti. Il primo è legato al ruolo del Consorzio TrentoDoc che da qualche tempo sta lavorando in modo molto efficace e professionale sulla promozione del marchio a livella nazionale ed internazionale.

Va sicuramente riconosciuto ed apprezzato il grande lavoro svolto dal consorzio a favore delle aziende produttrici ed i risultati sono sotto gli occhi di tutti. Fino a qualche anno fa la parola TrentoDoc era conosciuta solo dagli addetti ai lavori, mentre adesso è patrimonio comune, è un brand affermato ed in forte crescita e fa davvero piacere notare come anche i consumatori più giovani conoscano e cerchino il TrentoDoc.

Il secondo fattore – da noi indipendente – direi che è il clima e la nostra particolare orografia. Il fenomeno del riscaldamento globale è un dato di fatto che inevitabilmente incide sulla qualità delle uve: senza una marcata escursione termica si fatica a raggiungere un buon livello di acidità delle uve, parametro fondamentale per un vino che dovrà riposare in bottiglia parecchi mesi o anni.

In Trentino abbiamo la fortuna di poterci “alzare” con la coltivazione dei vigneti, ad altitudini maggiori. Le bollicine di montagna (che è il payoff del marchio TrentoDoc) hanno avuto notevole successo negli anni soprattutto per la freschezza e mineralità del prodotto. Fattori intimamente legati alla zona dove siamo, al tipo di terreno, al clima.

E: Quale fattore pensa che in passato possa aver limitato l’ascesa delle “Bollicine di montagna” nel gradimento  dei consumatori?

E.P.: Non è facile trovare una singola risposta a questa domanda. Penso che sicuramente la “massa critica” sia stato un fattore limitante. Abbiamo oggi 55 case spumantistiche in Trentino che producono TrentoDoc, numeri importanti che sono cresciuti molto negli ultimi anni. Ma fino a qualche anno fa erano molte meno, con minore varietà e minor legame col territorio.

Negli ultimi anni i vini spumanti hanno tutti avuto un notevole incremento e anche il TrentoDoc credo abbia beneficiato di questo trend e cambiamento nei gusti del consumatore. È cambiato anche il modo di vivere, la gente esce molto, si mangia fuori spesso e gli aperitivi serali per molti sono un appuntamento irrinunciabile, non solo nel weekend.

E: La vicenda umana ultrasecolare della famiglia Pisoni attraversa la storia del nostro paese incontrando  guerre e cambiamenti socio politici. C’è un valore distintivo, un’eredità culturale, un insegnamento imprescindibile o un elemento che si tramanda e che contraddistingue i vostri vini sin dalle origini?

E.P: Ci sono almento 3 valori che da più di 150 anni contraddistinguono la nostra storia aziendale che si snoda attraverso 3 secoli e 4 generazioni: correttezza, coerenza e qualità. Sono fattori chiave che hanno rappresentato, e ancora rappresentano, delle stelle polari a cui facciamo costante riferimento.

Da più di 150 anni illuminano il nostro cammino e ci hanno permesso di costruire una credibilità ed una fiducia che tutti ci riconoscono da sempre. Questo si traduce sicuramente anche in un vantaggio competitivo, soprattutto nel lungo periodo, che ha reso possibile la costante crescita del numero di clienti, con mutua soddisfazione da parte nostra e della nostra clientela, sia nazionale che estera.

Correttezza con tutti i soggetti con cui ci si confronta ogni giorno, coerenza delle azioni nel tempo e una spasmodica attenzione alla qualità dei prodotti, delle materie prime utilizzate e dell’innovazione dei processi produttivi sono nel nostro DNA.

E: Oggi esercitare l’arte della viticultura deve fare per forza  i conti con i mercati. In questo senso, quanto è difficile effettuare scelte produttive che concilino passione ed esigenze fisiologiche di una grande Azienda mantenendo nei vini la propria identità definita?

E.P.: Crediamo fermamente che sia proprio il voler restare fedeli a se stessi, alla propria storia e quindi alla propria identità a produrre quell’effetto che tutti, lavorando in questo settore, speriamo. La passione per le nostre montagne, per la valle dei Laghi e per il Trentodoc nutre questa consapevolezza e la voglia di fare, di innovare e sperimentare.

Abbiamo ricevuto conferme, premi e riconoscimenti da esperti internazionali quindi riteniamo di poter guardare con fiducia al futuro, sapendo che ci aspetta tanto lavoro ma, per questo, siamo temprati e tenaci, come solo la gente di montagna sa essere.

E: Si parla di vino ma per definizione voi siete la “Distilleria Pisoni”, è quindi evidente che la distillazione è parte oltre che della vostra attività anche della vostra identità.  Distillatore e Vignaiolo sono entità,  personalità,  filosofie di vita diverse? Sono complementari tra di loro o sono due universi paralleli?

E.P: Diciamo che la matrice è unica, tutto deriva dalla vigna e dal suo frutto. Infatti fino alla fine degli anni 60 c’era un’unica azienda che si occupava di tutto (compresa la zootecnia, fino agli anni 50).

Poi le nuove generazioni che si sono succedute alla guida dell’azienda, forti anche della crescita avuta negli anni, hanno deciso di strutturare l’azienda ed organizzare meglio le varie attività, anche per valorizzare al massimo le due anime principali – tra loro legate – quella di vignaiolo e quella di distillatore.

Possiamo comunque dire che si tratta di due filosofie di vita simili e complementari tra loro, legate a filo doppio, perché la distillazione non potrebbe produrre distillati di alta qualità se a monte non vi fosse un’attenzione particolare alla coltivazione delle uve in vigneto ed un’attenta valorizzazione del raccolto in cantina. Non li definirei universi paralleli, piuttosto due attività tra loro sinergiche.

E: A parere di esperto cosa pensa in generale della situazione degli spumanti Italiani? Prosecco a parte che fa mercato a se, le altre zone più vocate del paese possono lavorare insieme per aumentare il prestigio di questi prodotti all’estero  o è meglio procedere con politiche di “quartiere” promuovendo il proprio territorio singolarmente?

E.P: Personalmente ritengo che fare rete, fare sistema, sia sempre una carta vincente. Certo, è necessaria una predisposizione al confronto, l’ascolto, la condivisione. Ormai operiamo su mercati globali ed è il sistema paese ad essere riconosciuto all’estero, prima di tutto. Se sei a Tokyo o a Los Angeles, difficilmente il tuo interlocutore sa dove posizionarti in Italia.

Conosce l’Italia, conosce Roma, Venezia e Firenze, le Alpi e poco più. Ha però – ed è sempre più frequente – una percezione molto positiva dell’Italia in generale, del suo lifestyle legato alla moda, al food, alla storia e all’arte. Asset che non possiamo non valorizzare, facendo appunto sistema.

E.:Ogni produzione deve fare oggi i conti con la situazione lasciata dal Covid 19. Dal suo punto di vista quali sono gli aspetti peggiori a cui bisogna far fronte nel sistema vino italiano in questo momento e, in quanto tempo crede che le aziende vinicole italiane possano recuperare i danni subiti?

E.P: Aziende come la mia sono molto legate al canale Horeca, in maniera preponderante, rispetto al canale GDO (Grande Distribuzione), pertanto gli effetti del Covid19 sono stati davvero pesanti e ci stiamo ancora leccando le ferite, perché il canale Horeca è quello che ha patito le conseguenze peggiori per il lockdown.

Però è stato anche uno stimolo ad organizzarsi in modo diverso nella gestione delle relazioni con clienti e partner (le video conferenze credo saranno uno strumento comunicativo che caratterizzerà sempre più le relazioni commerciali). Ci sono state aziende che si sono riorganizzate: nel ns. settore della distillazione alcuni colleghi hanno iniziato a produrre prodotti a base alcolica per la disinfezione di ambienti e mani; oppure altre aziende hanno ampliato la propria filiera produttiva, integrandola con prodotti destinati alla GDO, canale che ha subìto un aumento di vendite causato dal lockdown.

Purtroppo vi sono ancora notevoli giacenze di prodotto invenduto e quindi – anche a livello ministeriale – sono state riviste al ribasso le rese produttive, incentivando anche la vendemmia verde e la distillazione di vino per la produzione ai alcool. Penso siano necessari almeno un paio di anni (sempre che non si ripresenti il problema) per ritornare ai livelli pre Covid19.

Siamo tutti sulla stessa barca, il calo di Pil alla fine si traduce anche in calo di potere di spesa delle famiglie, maggiore precarietà dei posti di lavoro, minor propensione alla spesa e minor fiducia sul futuro, caratterizzato da forte incertezza. E sappiamo bene quanto l’incertezza sia dannosa per l’economia.

E: Quale crede sia il migliore aiuto, provvedimento, intervento legislativo o altro  che lo stato potrebbe/dovrebbe concedere immediatamente alle aziende di settore?

E.P.: Alcuni strumenti messi in campo velocemente sono stati senza dubbio molto utili ed efficaci per tamponare una situazione drammatica, nell’immediato. Penso alla Cassa Integrazione, alle moratorie sui mutui con le banche o alla possibilità di accedere a nuova finanza con prestiti garantiti dall’Ente Pubblico, rateizzazione per il pagamento di imposte, oneri contributivi, tasse.

Nel medio periodo ritengo che l’enorme flusso di liquidità che la comunità europea ha deciso di erogare ai paesi membri sia una risorsa importantissima per una radicale riorganizzazione della macchina pubblica, una semplificazione burocratica ed amministrativa, per tutte le aziende, non sole quelle del nostro settore.

Le aziende non chiedono contributi a fondo perduto, ma regole semplici, chiare, comprensibili, certe. Si chiede coraggio alle istituzioni affinché si assumano la responsabilità delle loro azioni, fornendo risposte celeri e certe. Sono molti gli argomenti di cui si potrebbe parlare. Mi viene in mento l’annosa questione del “cuneo fiscale”, che permetterebbe di aumentare notevolmente il potere di acquisto di famiglie e consumatori.

E: Dovendo fare una scelta obbligatoria  tra il bere un vino o uno spumante a pasto, oppure una grappa o un liquore dopo, cosa sceglierebbe?

E.P: Visto il periodo estivo, non avrei dubbi e sceglierei un bel calice di TrentoDoc, prima, durante e anche a fine pasto!


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