Pantelleria mon amour
C’è chi la ama quest’isola gioiello nel cuore del Mediterraneo (ed io sono tra costoro).
E c’è chi, purtroppo, la odia: mi riferisco a quei criminali che ogni anno devastano l’isola appiccando il fuoco e mettendo a rischio ville, dammusi e le millenarie viti ad alberello di Zibibbo inserite assieme ai muretti a secco nell’elenco dei beni Patrimonio dell’Unesco.
Beni da tutelare assieme alle famose “conche” che riparano le viti dai venti che spesso flagellano questo angolo di paradiso.
Quelle viti ad alberello patrimonio dell’Unesco.
Il disastroso incendio che nei giorni scorsi ha devastato alcune contrade dell’isola (Favarotta, Perimetrale, Khamma, Gadir) per fortuna questa volta ha solo sfiorato i vigneti di alcune aziende: Donnafugata, Pellegrino, Ferrandes, Basile, Minardi, la Cantina Mueggen di Salvatore Murana.
La buona notizia, al di là dello spavento che ha costretto ad allontanarsi dai loro dammusi centinaia di abitanti e dalle loro ville molti Vip, è che gran parte degli alberelli di Zibibbo si sono salvati dalle fiamme. Fiamme che, invece, non hanno risparmiato boschi, ulivi secolari, una vasta area di macchia mediterraneae e molti animali che la popolavano.
Alla fine gli abitanti e i viticoltori dell’isola hanno tirato un sospiro di sollievo, poichè se lo scirocco avesse preso un’altra direzione dirigendosi verso le abitazioni, sarebbe stata una tragedia.
Josè Rallo e la salvaguardia della macchia mediterranea.
“Questa volta siamo stati fortunati” ci ha raccontato Josè Rallo (Donnafugata) presente nella cantina di
Khamma per la vendemmia del mitico “Ben Ryé”, il passito di Pantelleria premiato ogni anno dai critici enogastronomici di tutto il mondo. Gli storici alberelli panteschi di Zibibbo si sono salvati dalle fiamme.
José Rallo ha ricordato anche il disastroso incendio del 2016. Allora furono centinaia gli ettari devastati dal fuoco.
Ed ha avuto parole di ringraziamento nei confronti degli agronomi di Pantelleria che raccolsero i semi di Periploca e di Cisto, autoctoni della macchia mediterranea dell’isola, li fecero germinare in un vivaio e poi li misero nei vasi.
Le 1.200 piante ottenute furono donate al Comune di Pantelleria e messe a dimora nelle aree a verde pubblico individuate dall’Amministrazione”.
La cantina di Donnafugata, un gioiello incastonato in un anfiteatro naturale
Qualche anno fa ero stato invitato sull’isola, assieme ad alcuni colleghi giornalisti, dal papà di Josè, Giacomo Rallo, per visitare la bellissima cantina pantesca di Donnafugata in contrada Khamma. Una cantina incastonata in un anfiteatro naturale terrazzato di straordinaria bellezza. Un piccolo gioiello di architettura sostenibile.
La famiglia Rallo, da Marsala (dove ha sede la casa madre) era arrivata sull’isola alla fine degli anni Ottanta del secolo scorso per sviluppare un progetto di viticoltura “eroica”.
Oggi Donnafugata può contare su 68 ettari di vigneti dislocati in 16 contrade, diverse per suolo, altitudine (dal livello del mare a 400 metri), esposizione, microclima ed età delle piante che superano anche i 100 anni. Nella cantina di Khamma le singole partite di uva vengono lavorate separatamente fino all’assemblaggio finale.
Il vitigno principe dell’isola è Sua Maestà lo Zibibbo
Il vitigno principe dell’isola è Sua Maestà lo Zibibbo (o Moscato d’Alessandria), superstar tra tutte le varietà aromatiche, mentre le viti sono coltivate con il sistema dell’alberello “pantesco” molto basso su terrazzamenti di piccole dimensioni delimitati da muretti a secco in pietra lavica.
Muretti che contribuiscono a prevenire l’erosione del suolo, tutelando così il paesaggio e la biodiversità.
Sono questi i luoghi della cosiddetta viticoltura “eroica” che durante l’anno richiede un impiego molto elevato di manodopera per i lavori in campagna e durante la vendemmia per trasportare a spalla le cassette ricolme d’uva appena raccolta.
Ben Ryé il vino icona di Pantelleria premiatissimo da tutte le guide
Simbolo della viticoltura “eroica” di Pantelleria è il mitico “Ben Ryé” Passito, il vino icona di Donnafugata prodotto seguendo dalla campagna alla cantina un processo produttivo basato sull’appassimento naturale dei grappoli di Zibibbo sui graticci, sulla cosiddetta “sgrappolatura” manuale dell’uva appassita e infine su una vinficazione soft.
Colore dorato con riflessi ambrati, luminoso come il cielo di Pantelleria: questa la caratteristica del “Ben Ryé” , parola araba che significa “Figlio del Vento”.
Un vino dal bouquet suadente che regala già al primo impatto piacevoli note fruttate di albicocca e scorza di arancia candita. Note che si mescolano in un matrimonio d’amorosi sensi con dei sentori balsamici tipici della macchia mediterranea.
In bocca si ritrovano le note fruttate e i sentori di erbe aromatiche, unite a dolci «nuance» di miele.
Intenso e persistente, con uno straordinario equilibrio tra freschezza e dolcezza, “Ben Ryé” è un passito ammaliante, uno dei vini dolci più apprezzati al mondo.
A tavola si sposa con i formaggi erborinati, il foie gras, l’anatra caramellata, la pasticceria secca e il cioccolato d’autore, modicano in particolare. Ma regala emozioni anche fuori pasto.
Un vino da meditazione, per usare una frase cara a Luigi Veronelli, un vino che accarezza la bocca. Un vino raro e prezioso che va centellinato sorso dopo sorso. In alto i calici. (GIUSEPPE CASAGRANDE)
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