Così Nicola Dal Maso ha chiamato lo speciale evento, creato per festeggiare l’ultimo nato alla Azienda Agricola Dal Maso di Montebello Vicentino: il Vin Santo Gambellara DOC 2003. Forte di una tradizione secolare, il Vin Santo di Gambellara ha avuto, tra i primi in Italia, il riconoscimento della Doc nel lontano 1968.
Un vino che in passato veniva prodotto da tutte le famiglie della zona, custodito preziosamente per le occasioni speciali o come ricostituente in caso di malattia o debilitazione. Come quasi tutti in paese, anche la famiglia Dal Maso aveva perso la tradizione di questo vino, fino a quando, una quindicina di anni fa, Nicola ed un gruppo di amici produttori, si sono ritrovati a degustare, per caso, una bottiglia dimenticata in cantina, risalente al 1875, rimanendo di stucco! Il vino era delizioso e perfettamente conservato.
E così, nel 2002, i grappoli migliori delle vigne più vecchie sono stati messi da parte e lasciati ad appassire fino alla Settimana Santa del 2003 quando si è proceduto con la vinificazione. Il disciplinare di produzione prevede già rigide regole, ma questo ai produttori di Gambellara non basta: arricchiti ognuno dalle proprie personali esperienze, hanno ancor di più vincolato la disciplina di produzione, per dar vita ad un vino unico ed irripetibile.
Per produrre Vin Santo, non servono cure o attenzioni particolari. Servono solo dell’ottima uva e tanto, tanto tempo: un vino che deve subire, senza alcuna manipolazione i cicli della natura: dall’appassimento dei grappoli per 5 – 7 mesi appesi nella “vinsantaia” (una soffitta senza nessun condizionamento climatico), alla mostatura fatta con vecchi torchi e la successiva fermentazione, in caratelli di legno lasciati in vinsantaia ad affinare. Il vino, dato l’elevatissimo grado zuccherino, fermenta a stento, lentamente; in balia delle condizioni atmosferiche, delle escursioni termiche e degli anni che scorrono lenti.
Nemmeno un rabbocco al caratello per colmarlo dal vino evaporato, perché l’ossigeno ne causa la necessaria ossidazione. I lieviti, esausti dalla fermentazione, depositano in queste piccole botti, creando, anno dopo anno, quella che viene definita “la madre”, una sorta di gelatina che conferirà un carattere esclusivo ai vini che verranno invecchiati. Dal 2003 ad oggi, di tempo ne è passato, gli iniziali tremila chilogrammi di uva messi ad appassire, hanno prodotto solo 150 litri di prodotto;
una resa davvero minima per un vino fluido e brillante, che si aggrappa al bicchiere; di colore ambrato e dai profumi avvolgenti, mielosi, che ricordano le albicocche secche caramellate, i fichi canditi e con leggeri sentori torbati. Vellutato in bocca, conferma anche al gusto la frutta disidratata l’uvetta sultanina ed una dolcezza per niente stucchevole grazie ad una acidità ancora in grado di stupire.
Un vino che sa esaltare formaggi stagionati o erborinati, impreziositi magari da qualche goccia di miele; ottimo abbinato a dolci secchi.
Un vero gioiello nella produzione della cantina Dal Maso.
Sonia Biasin
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