La start up veneta che scommette sull’agritech – mercato da 65 miliardi di dollari nel mondo – e che dichiara guerra a cimice asiatica, xylella, botrite e peronospora – vince la sfida e chiude la campagna di crowdfunding a 218.500 euro.
Nanomnia, start up veneta specializzata nel comparto delle bio e nano-tecnologie, vince la sfida del crowdfunding e raggiunge la cifra di 218.500 euro, superando ampiamente l’obiettivo di 100.000 euro previsto dalla campagna di raccolta fondi lanciata sulla piattaforma BacktoWork24, a fronte di una valutazione pre-money di 4 milioni di euro.
Siamo grati e soddisfatti per la fiducia che gli investitori ci hanno dimostrato credendo nel nostro progetto – sottolinea Marta Bonaconsa, amministratore delegato di Nanomnia -. Adesso finalmente possiamo entrare nella fase operativa e sviluppare prodotti incapsulati che intervengono su obiettivi di cruciale importanza per l’agricoltura, per contrastare la riproduzione della cimice asiatica, identificare una terapia su ulivi infestati da Xylella, mettere a punto acaricidi e insetticidi innocui per le api e intervenire su patologie della vite, come botrite e peronospora.
Questo positivo risultato giunge in un momento particolarmente significativo per noi dal momento che stiamo per chiudere un accordo decisivo con una importante multinazionale di settore, con sede in Italia».
Nanomnia, accelerata da The Start up Training, Trentino Sviluppo, Unicredit Start lab, Bio4Dreams, ha infatti sviluppato una tecnologia del tutto naturale, biodegradabile e biocompatibile per incapsulare principi attivi e veicolarli in maniera specifica ai tessuti biologici.
Un risultato che giunge proprio dal Veneto, area tra le più colpite in Italia dal fenomeno della cimice asiatica. La Regione Veneto ha disposto infatti nei confronti dei frutticoltori, le cui colture sono state gravemente danneggiate dalla cimice asiatica, un fondo di emergenza di 3 milioni e 48 mila euro stanziato nel bilancio 2019 a fronte di danni denunciati dagli agricoltori stimati tra gli 80 e i 100 milioni di euro per l’intero comparto frutticolo, con particolare riferimento a colture quali melo, pero, pesco, actinidia, noce da frutto e altri fruttiferi.
Grazie alla trasversalità della tecnologia sviluppata, Nanomnia punta ad espandersi in differenti settori commerciali i cui clienti target sono rappresentati da aziende che producono: agrofarmaci, fertilizzanti e biostimolanti; farmaci e dispositivi biomedici; nutraceutici, integratori alimentari e probiotici; cosmetici e dermocosmetici.
In sostanza con questa innovativa tecnologia si interviene dove serve, quando serve e soprattutto se serve: meno prodotto impiegato, riduzione dell’impatto ambientale, maggiore efficacia nei trattamenti. L’organismo umano presenta residui crescenti di farmaci, agrofarmaci e microplastiche derivati da un impiego eccessivo di queste sostanze, secondo modalità poco selettive e con effetti collaterali tossici e dannosi.
La tecnologia messa a punto da Nanomnia si prefigge di veicolare tali composti in maniera specifica nello svolgimento della loro azione per conferire stabilità ai principi attivi; aumentare la specificità e l’efficacia del trattamento; diminuire fino a 10 volte la dose di prodotto utilizzato, con conseguente riduzione del costo di produzione; ridurre gli effetti da sovradosaggio per i tessuti biologici, suolo, acqua…
Il primo settore di applicazione di questa tecnologia è l’agritech – mercato da 65 miliardi di dollari nel mondo (fonte Philips McDouglas 2018) – dove il bisogno di innovazione è particolarmente: basti pensare che il 34% del cibo sulle tavole europee risulta oggi contaminato da residui di pesticidi, insetticidi ed erbicidi (fonte: Dossier Legambiente Marzo 2019).
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