I Viaggi di Graspo

L’Oltrepò Pavese e  Montelio

L’Oltrepò Pavese e  Montelio   Nel suggestivo paesino di Codevilla, nel cuore dell'Oltrepò Pavese occidentale, si trova l'Azienda Agricola Montelio,

L’Oltrepò Pavese e  Montelio

Caterina Brazzola con-titolare di cascina Montelio

Nel suggestivo paesino di Codevilla, nel cuore dell’Oltrepò Pavese occidentale, si trova l’Azienda Agricola Montelio, una realtà che affonda le sue radici in un passato ricco di storia e tradizione.
Fondato nel XII secolo da una piccola comunità monastica benedettina, infatti, il nucleo originario dell’azienda produceva già vino da tempi antichi.

L’ingegnere Angelo Domenico Mazza acquistò la grangia (così erano definite le comunità agrarie benedettine) nel 1803, durante il periodo dell’avanzata napoleonica in Italia, quando il fondo statale francese si impossessò delle proprietà monastiche. 

Il monumentale torchio di cascina Montelio

Oggi, dopo oltre due secoli, l’azienda è gestita con competenza e passione da Caterina e Giovanna Brazzola, pronipoti dell’ingegnere Mazza, determinate a portare avanti l’eredità familiare.

Inoltre, incoraggiate dalla formazione ricevuta presso la facoltà di Viticultura ed Enologia dell’Università degli Studi di Milano, anche le nuove generazioni, che si stanno affacciando alla realtà aziendale, si impegnano a mantenere viva la tradizione vitivinicola dei loro avi.

In questo contesto, che riporta l’immaginazione a tempi molto antichi ed a pittoresche atmosfere rurali, emerge un tesoro ancora poco conosciuto: l’antica varietà autoctona oltrepadana nota oggi con il nome di uva Cassina.

Caterina e Giovanna raccontano con entusiasmo come questa varietà abbia fatto il suo ingresso nell’azienda di famiglia. 

Giovanna Brazzola con Luigino Bertolazzi

Il merito va al lavoro paziente del professor Attilio Scienza, dell’Università degli Studi di Milano, che insieme al suo team stava conducendo, tra gli anni ‘80 e ‘90, uno studio approfondito sul territorio e sulle varietà antiche dell’Oltrepò Pavese.

Durante le loro ricerche, il team si imbatte casualmente in una pianta di vite che si arrampica sul muro di una antica cascina. 

L’uva che pende dai suoi tralci è nera e di sapore gradevole. I ricercatori dell’ateneo milanese raccolgono prontamente alcuni campioni, e catalogano il materiale con il nome con cui era nota al padrone di casa ed ai contadini della zona: “Uva della Cascina”.

Luigino Berolazzi e Giovanna Brazzola all’interno dell’antica ghiacciaia

Le analisi genetiche, condotte immediatamente dopo, confermano l’unicità del genotipo rinvenuto e una sua stretta parentela con la Moradella, varietà locale minore e poco conosciuta.  Grazie all’impegno del professor Scienza e alla sua determinazione nel preservare la biodiversità viticola locale, questa preziosa varietà è stata salvata dall’oblio.

Nel 1993, l’Azienda Agricola Montelio ha accettato la sfida di coltivare l’Uva della Cascina in un vigneto sperimentale, affidando il progetto all’Università di Milano. 

Con il passare del tempo, mentre il vigneto cresceva rigoglioso, la famiglia Brazzola ha iniziato a produrre microvinificazioni sperimentali della varietà, intuendo il suo potenziale nel panorama enologico locale.

Il vino prodotto dall’Uva della Cascina

 Il vino che si ottiene è profumato e di buona struttura, con tipiche note di spezia che gli conferiscono grande identità, bassa acidità e tannini vellutati. 

Nel giugno del 2023, grazie al prezioso aiuto del Prof. Alberto Vercesi dell’Università del Sacro Cuore di Piacenza, l’Uva della Cascina è stata ufficialmente inserita nel Registro Nazionale delle Varietà di Vite con il nome di “Cassina” (codice 987), e la sua coltivazione è in procinto di esser ammessa nella regione Lombardia. 

Questo successo è il frutto dell’impegno instancabile di brillanti ricercatori, di Caterina, di Giovanna e della loro antica azienda di famiglia, che tutti i giorni offrono il loro contributo per preservare e valorizzare la ricca tradizione vitivinicola di questo territorio.

Il viaggio continua…..

Di Giacomo Eccheli, Aldo Lorenzoni e Luigino Bertolazzi per GRASPO

Foto di Gianmarco Guarise

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