L’Italia ha fame di gas ma chiude i pozzi?
In questi ultimi giorni e nelle scorse settimane il ministro (?) degli esteri Luigi Di Maio e adesso il primo ministro Mario Draghi si scapicollano in giro per il mondo per cercare di sostituire le forniture russe.
L’Italia, l’Europa e molte nazioni del mondo hanno fame di gas metano, di combustibili ed energia in genere.
Tutti si affannano a cercare alternative e contemporaneamente ad accaparrarsi le forniture dei paesi produttori che dispongono di riserve energetiche.
Nel nostro Belpaese una classe politica miope e poco lungimirante in politica estera ed energetica si è legata negli ultimi trenta anni al gas proveniente dalla Russia.
Le maggioranze che si sono susseguite si sono appiattite sull’accordo con Putin.
E adesso che sta diventando un problema a fronte della guerra e delle sanzioni non sarà affatto facile sostituire la ingente percentuale di combustibile che comunque continua ad arrivare dalla Federazione Russa: 29 miliardi di metri cubi.
Gas che viene attualmente fornito all’Ucraina a prezzo scontato dato che il gasdotto passa sul suolo ucraino.
Ovviamente vista la situazione di guerra i quantitativi che i nostri politici stanno freneticamente arraffando non sono a buon mercato come quelle russe.
Decisamente più care quelle che arrivano o arriveranno dall’Algeria, da altre nazioni africane e quelle dagli Usa via navi cisterna. Il gas liquefatto nordamericano è caro e poi deve essere rigassificato.
E in Italia attualmente ci sono solamente tre rigassificatori
efficienti. Anche gli stessi Stati Uniti hanno problemi tanto che sono andati a trattare col Venezuela per avere petrolio mentre fino a due mesi fa sostenevano il fantomatico autoproclamato presidente Jean Guaidò.
L’Italia potrebbe sfruttare meglio le risorse naturali che ha e che vennero valorizzate da Enrico Mattei prima che facessero esplodere il suo aereo. Purtroppo esiste un piano denominato PITESAI diventato operativo da poco che prevede la possibilità di chiusura di 121 impianti sui 123 produttivi.
L’acronimo significa Piano per la Transizione Energetica Sostenibile delle Aree Idonee. Sarebbe un suicidio energetico con gravissime ripercussioni per i cittadini e l’economia italiana.
Il costo di un metro cubo di gas di produzione nazionale è circa di 7 euro mentre il costo del gas importato si aggira dai 70 ai 100 euro.
Le regioni nelle quali sono previste perspezioni di nuovi pozzi si sono dichiarate contrarie a nuove ricerche.
L’Italia sconta il blocco delle perforazioni perpetrato negli ultimi trenta anni anche a causa dei drastici tagli sulla ricerca praticati da tutti i governi che si sono susseguiti.
L’ENI ha effettuato ricerche e ha individuato enormi giacimenti di metano al largo dei mari di Cipro, Egitto ed Israele e nel delta del Nilo.
E in Italia? Niente.
Come si è purtroppo evidenziato negli anni erano preponderanti gli interessi ad operare all’estero piuttosto che sul territorio nazionale.
È stato calcolato che se il metano fosse stato cercato in Italia si poteva sicuramente contare, e si può mica si è prosciugato, su 500 miliardi di metri cubi di gas naturale.
Attualmente le riserve accertate e che si possono usare ammontano a meno di 100 miliardi di metri cubi, nemmeno un quinto. L’Italia ha un fabbisogno annuale di circa 80 milioni di metri cubi.
La produzione nazionale negli ultimi anni si è ridotta a 2,5 miliardi a fronte dei 14 ad inizio secolo. I conti sono presto fatti. L’enorme ammontare della riserva potenziale potrebbe fare fronte al consumo interno medio annuale che si aggira sui 75 miliardi di metri cubi.
Umberto Faedi
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