L’Italia fa gola a tutti. In particolare è il comparto agroalimentare a registrare come ben sappiamo, a subire l’attacco di chi vende come “prodotto italiano” ciò che non è. I numeri parlano chiaro: il giro d’affari del falso cibo Made in Italy è di circa 52 miliardi di euro. Un danno enorme per le nostre aziende non solo a livello economico ma anche di immagine visto che gli standard qualitativi di questi prodotti sono molto, molto bassi. In pratica solo 1 prodotto su 8 è realmente italiano.
Torniamo su questo tema dopo le immagini inviate dal nostro editore che si trova in Bulgaria per il Concours Mondial de Bruxelles 2016. Dal pane, al formaggio, al vino e molto altro. Basta che il nome rimandi alla mente il nostro paese, il cosiddetto”italian sounding”, che i colori dellla bandiera italiana siano presenti ed il gioco è fatto.
Un inganno bello e buono per il consumatore che, almeno che non venga in Italia, non conoscerà mai il vero sapore die nostri prodotti.
“Aggrediti” soprattutto i formaggi, con il testa il Parmigiano Reggiano e a seguire tutte le nostre maggiori produzioni, l’olio (soprattutto quello toscano) ma anche pasta, insaccati, salse, sughi, dolci.
Prodotti contraffatti sono presenti in tutto il mondo a cominciare dall’Europa con nun picco nel Nord America. I dati degli Stati Uniti sono sconcertanti: il 76% del pomodoro in scatola non è italiano anche se l’etichetta lo definisce tale, la percentuale sale al 97% per i sughi.
Ma se la richiesta è alta perchè le aziende italiane vengono “superate” facilmente? Sicuramente c’è la questione dei prezzi e delle normative ma anche il fatto che le nostre aziende spesso sono troppo piccole per poter competere e fare investimenti che portino all’esport. ma se anche risolvessimo tutti i problemi arriverebbero sulle tavole non italiane veri prodotti italiani? Sicuramente no perchè la richiesta di “Made in Italy” è davvero tanta. Inoltre, ripetiamo, chi acquista questi prodotti alimentari non conosce il vero gusto dei nostri cibi. Forse la cosa migliore è farglieli assaggiare?
Roberta Capanni
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