Le conseguenze della guerra per l’Italia
Vladimir Putin ha rotto gli indugi avviando quella che lui definisce una operazione militare speciale.
Come sempre la ragione sta nel mezzo come dicevano i Latini.
L’Unione Europea mostra per l’ennesima volta la propria fragilità di entità debole e divisa.
Gli stati della UE dovranno fare i conti paese per paese con la dipendenza dal gas russo.
E non si può certo acquistare il gas Usa che arriverebbe via mare compresso e a carissimo prezzo.
L’italia è già particolarmente colpita dal rialzo del prezzo del gas.
Non mi sembra affatto una buona idea quella della BCE – Banca Centrale Europea di alzare i tassi.
L’inflazione già si è insinuata nelle economie indebolite dalla pandemia.
C’è il rischio concreto che l’inflazione cominci a galoppare rendendo vana la ripresa economica post pandemia.
Gli istituti internazionali di studi economici stimano una riduzione del PIL dell’Eurozona ridimensionando le stime di crescita fatte prima della guerra.
Oltre al nodo del gas per l’Italia c’è il non piccolo problema della necessità di cereali.
La Russia e l’Ucraina sono due nostri fornitori se non i più importanti.
Già le misure del primo embargo alla Russia a seguito del libero referendum di annessione della Crimea avevano causato una perdita per l’Italia di 1,5 miliardi di euro all’anno per le esportazioni del Made in Italy.
Le nuove misure adottate in questi giorni e che verranno introdotte in queste ore contro la Russia provocheranno ulteriori perdite per la nostra economia.
Putin ha già trovato chi compera il gas russo: la Cina.
La Repubblica Popolare Cinese ha già espresso una posizione di non condanna nei confronti dell’intervento russo in Ucraina.
Il recente viaggio di Putin in Cina in occasione delle olimpiadi invernali è servito a rinnovare un patto di reciproca stretta collaborazione.
È già in atto una impennata dei prezzi delle materie prime che subiranno ulteriori forti rincari.
L’italia acquista dalla Ucraina oli grezzi di girasole, mais, frumento tenero e fertilizzanti.
La consistente riduzione della produzione nostrana di mais è arrivata ad un meno 30 % negli ultimi 10 anni.
Gli allevamenti dipendono in larga parte dal mais proveniente dai paesi dell’Est Europa, come Ungheria e Ucraina.
A causa del rialzo dei prezzi le importazioni complessive di mais si sono ridotte del 13 % e del 15 % per quello proveniente dall’Ucraina.
Le borse merci rilevano aumenti del 3,5 % per il grano tenero e del 3,25 % per il mais che in proiezione proseguiranno nei prossimi giorni.
A subire i peggiori contraccolpi saranno soprattutto le stalle e gli allevamenti.
Il mais è l’elemento principale della alimentazione degli animali quali mucche e maiali.
E se L’Europa diminuirà le importazioni o cesserà di comprare mais e frumento dalla Russia c’è sempre la Cina che è ben disposta ad acquistare.
Gli agricoltori hanno visto crescere i prezzi dei fertilizzanti dal giorno dello scoppio della guerra.
Ci saranno problemi per le raccolte e la vendemmia dato che molti lavoratori provenivano dall’Ucraina.
La guerre può causare danni alle infrastrutture e il porto di Odessa e gli altri del Mar Nero sono già stati chiusi.
Si può determinare una situazione di forti tensioni sociali e pericolo di carestia.
Sono già in atto in Italia blocchi dei trasporti attuati dai camionisti per protestare contro il forte rialzo del prezzo del gasolio.
Il blocco dei trasporti aumenta il disagio delle aziende che già hanno a che fare con l’aumento vertiginoso delle bollette.
Il mancato arrivo delle materie prime porterebbe ad una interruzione della produzione di pasta, pane e altri alimenti con l’incubo di vedere scaffali vuoti.
In Italia i trasporti di materie prime e di tutto il resto si esplica su gomma. Se i camion si fermano diventa davvero un problema molto grande e complesso.
Le industrie sono a rischio di interrompere le produzioni e alcuni stabilimenti hanno già chiuso.
I prezzi dei prodotti, delle materie prime e degli alimenti come quello dei carburanti aumentano ogni giorno. Mala tempora currunt!
Umberto Faedi
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