L’amore di Albino Armani per il Friuli
Dalla Valdadige alla Valpolicella, dal Piave alle Grave del Tagliamento il sogno dell’imprenditore-vignaiolo trentino oggi è realtà.
Un impero di oltre 400 ettari. E la Guida “Un vino per tutti” ha premiato con la clessidra di platino il “Flum”, un bianco (da uve Sciaglin) che ricorda le origini contadine delle Terre di Plovia
Benvenuti nelle Grave del Friuli e nelle Prealpi Carniche.
Benvenuti nelle tenute di Albino Armani, l’imprenditore vignaiolo trentino che, partendo da Chizzola (Vallagarina) e da Dolcè, core business dell’azienda, ha allargato un impero (oltre 400 ettari di proprietà) che si estende dalla Valdadige al Tagliamento, dal Trentino Alto Adige al Friuli Venezia Giulia passando per il lago di Garda, la Valpolicella e le Terre del Piave.
Qui, a pochi passi da Sequals, il paese natale del pugile Primo Carnera, Albino Armani possiede una tenuta di 92 ettari acquistata alla fine degli anni Novanta.
Era – racconta – una landa desolata di sassi (claps in lingua friulana) e di sterpaglie dove nemmeno le capre trovavano erba per il pascolo.
Sassi formati dalla millenaria azione erosiva delle acque dei fiumi Meduna, Cellina e Tagliamento, che nel loro scorrere verso il mare hanno depositato il materiale calcareo-dolomitico strappato alle montagne.
Quegli “sgrebeni” di sassi e sterpaglie trasformati in un giardino
Solo un visionario come Abino Armani poteva trasformare quegli “sgrebeni” in un vero e proprio giardino con irrigazione di soccorso a goccia e cantina dotata delle più moderne tecnologie.
Qui produce il Pinot Grigio, il Friulano, il Sauvignon blanc e due bollicine: il Prosecco Doc Extra Dry e il Prosecco Doc Rosè.
Esperienza replicata qualche anno dopo nella vicina frazione di Lestans: 35 ettari, un terreno ricco di torba in questo caso, dove produce la Ribolla Gialla metodo classico Brut.
L’ultima acquisizione: Valeriano, siamo sempre in provincia di Pordenone, ai piedi delle Prealpi Carniche, un paesino di poche anime nel comune di Pinzano al Tagliamento, fiume che ha l’ambizione di diventare patrimonio dell’Unesco.
Un corso d’acqua tra i meno antropizzati d’Italia, ricco di storia, cultura e biodiversità.
In quell’area, ricca di argilla, molti anni fa, un altro visionario, Emilio Bulfon, strappò all’oblio numerosi vitigni autoctoni: lo Sciaglin, il Cividin, il Cjanorie, il Forgiarin, l’Ucelut, il Piculit Neri. Vitigni che testimoniano la presenza di una antica e fiorente viticoltura, poi abbandonata a causa del fenomeno delle emigrazioni di cui la Pedemontana friulana ha sofferto.
La nuova sfida in un’area incontaminata delle Alte Grave del Friuli
Venuto a conoscenza di questa realtà, Albino Armani, non appena gli è capitata l’opportunità, ha acquistato un podere e la cantina dell’azienda agricola Vicentini-Orgnani proprio a Valeriano dove ha implementato queste antiche varietà contribuendo così al rilancio della zona sul modello del salvataggio della Foja Tonda in Trentino.
Una nuova sfida in un’area incontaminata delle Alte Grave del Friuli, le mitiche Terre di Plovia (dal nome di un’antica dinastia feudale del Friuli) recuperate attraverso un lavoro di ricerca e valorizzazione del territorio.
I vigneti delle Terre di Plovia, posti su una splendida balconata, osservano dall’alto lo scorrere lento del fiume Tagliamento, oltre il quale s’intravvede il profilo della collina sulla quale sorge San Daniele del Friuli, famosa nel mondo per il prosciutto, le troticolture, ma anche per il convento dei monaci dove sostavano i pellegrini che percorrevano il cammino che dal Nord Europa li portava ad Aquileia e poi in Terrasanta.
Sentiero che passava ai margini dei vigneti e che, sempre all’interno delle Terre di Plovia, scendeva poi nella vallata del Tagliamento. Motivi tutti che hanno ispirato Albino Armani a denominare i primi due vini: «Flum» (fiume) per il vino bianco e «Piligrin» (pellegrino) per il vino rosso.
Albino Armani, la timidezza, le parole sottovoce, il rispetto delle persone
“Le Grave del Friuli – confessa Albino Armani – mi hanno da sempre attratto. In particolare la parte alta delle Grave con gli spazi infiniti tra la pianura e la montagna carnica, il clima aspro e ventoso, le sue genti riservate.
Se potessero parlare, le antiche vigne userebbero le parole di Novella Cantarutti, la mia poetessa friulana preferita. Un linguaggio che ho imparato da bambino: le parole sottovoce, la timidezza, il rispetto delle persone.
Dalla montagna trentina, dove sono nato, alla Carnia il passo è breve: da trent’anni pianto vigne tra Sequals, Lestans ed ora a Valeriano: ho scelto quei luoghi per amore. Vi sono terre, tutte le mie terre, che stanno al bordo delle cose: ancora prive di clamore, integre, sincere, adolescenti.”
“Valeriano e Pinzano al Tagliamento mi hanno accolto con un sorriso”
“Valeriano è stata un’infatuazione, un desiderio fisico di entrarvi in contatto per accoglierne la bellezza e mettermi al servizio. Io curo le vigne, faccio vino: con questi strumenti cerco di dare un senso alla mia vita.
Cerco nelle terre fragili un profumo, un sapore che racconti di loro, le metta in luce, le faccia parlare. Al di là di me, più oltre, far rimanere una traccia collettiva, un descrittore, uno stile coerente.
Pinzano e il Comune mi hanno accolto qualche anno fa come viticoltore con un sorriso, con gentilezza, con rispetto.
Le vecchie vigne coltivate da Alessandro ora le curo io. Il Merlot, lo Sciaglin, l’Ucelut, il Piculit Neri affondano le radici in un terreno stranamente potente e, come un’isola tra i sassi delle Grave, ecco l’argilla,
inaspettata. Come un dono affondo le mani in questo tesoro che nutre, abituato ai sassi di Sequals qui trovo la fertilità delle terre ricche e profonde.”
La storia di Plovia: gli antichi cammini, le memorie, il sacro e il profano
“Il progetto viticolo ruota attorno alla storia del luogo, Plovia, e delle dinastie che in passato lo governarono, certo del fatto di trovarmi dinnanzi ad una microzona di grandissimo interesse enologico.
Gli antichi cammini, ora ripristinati dalla comunità di Pinzano, dicono di percorsi antichi, di memorie profonde, di sacro e di profano da riportare in luce anche attraverso un vino.
Flum e Piligrin, i vini di Terre di Plovia, descrivono il grande fiume, il Tagliamento, e i pellegrini di epoche passate che lungo le sue sponde percorrevano questi antichi sentieri.
Il mio sogno era quello di portare qui, in questi luoghi, nuove genti per non disperdere un patrimonio di saperi e di sapori ancestrali che si identificano anche nella cultura legata al vino.”
Un progetto ambizioso: ripristino dei sentieri e salvaguardia ambientale
“Il progetto imprenditoriale è un seme che attecchisce solo se tutte le condizioni sono favorevoli, l’humus organico di cui si cura l’agronomo non basta, serve a supporto l’humus culturale.
La comunità dovrebbe sentire proprio il progetto, definirne le assonanze, condividerne strategie e crono-programma.
L’attuale amministrazione rappresenta bene la caratura culturale e morale del territorio e fa trovare terreno fertile per il nostro progetto: dall’eno-turismo alla salvaguardia ambientale, dal ripristino dei sentieri all’utilizzo del grande fiume in ottica ecosostenibile, tutto converge.
Proporre antiche uve, difficili e rare, legarle in un vino, accogliere ciò che è fragile e farlo crescere e dargli spazio, curarne l’ambito enologico e commerciale sino a farlo divenire concretezza economica diffusa è quanto molte piccole e medie imprese nel comune di Pinzano si sono impegnate a fare, assieme a noi.
Raro trovare ambiti territoriali che respirino sincronicamente e che con coraggio si identifichino come esempio di vera sostenibilità. Qui colgo, come imprenditore, tutti i prerequisiti necessari ad un successo collettivo. Io ci credo.”
I primi riconoscimenti (clessidra di platino) per il “Flum” Terre di Plovia
Quel sogno oggi è realtà.
Ed il primo riconoscimento per i vini delle Terre di Plovia è dei giorni scorsi con l’assegnazione della clessidra di platino (viene assegnata ai vini che superano il punteggio di 90 centesimi, ndr) da parte della giuria della Guida 2023 “Il vino per tutti” al “Flum” 2020, il bianco Igt Venezia Giulia delle Terre di Plovia.
“Flum” ha come simbolo araldico la luna che illumina il percorso dei viandanti e nasce in quei vigneti protetti dalle montagne circostanti che garantiscono brezze costanti e una invidiabile escursione termica tra il giorno e la notte.
Il nome “Flum” (fiume nella madre lingua friulana) è un omaggio al Tagliamento, il maestoso fiume che nasce al Passo della Mauria, nelle Alpi Carniche, e sfocia in Adriatico tra Lignano Sabbiadoro e Bibione.
Un vino sincero, schietto, suadente, fiero delle proprie origini contadine
Il “Flum” è un vino di un bel colore giallo dorato brillante, suadente e morbido nel bicchiere.
Offre al naso un bouquet di fiori bianchi, rosa canina e frutta croccante, come la pesca bianca e la pera per poi sfumare verso note più speziate con ricordi di erbe aromatiche, miele e frutta secca.
In bocca è ben strutturato, elegante con una persistenza che ricorda lo Sciaglin delle Terre di Plovia.
Un vino sincero, schietto e genuino, fiero delle proprie origini contadine. In una parola: piacevolissimo.
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