È una storia che parte da lontano, quella dell’Aglianico. Già nel 75 dopo Cristo ne troviamo notizia nella Naturalis Historia di Plinio il vecchio; per poi proseguire nei secoli, fino ai giorni nostri, con tappe che hanno decretato il successo di questo vitigno di origine greca – secondo la letteratura prevalente – considerato tra i più pregiati della nostra penisola.
Tra queste tappe, ve n’è una recentissima. Sabato 20 febbraio 2021, infatti, il clone di Aglianico di origine prefillosserica denominato “VCR421 Antonio Mastroberardino” è stato inserito nel Registro Nazionale delle Varietà di Vite, con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.
“E’ per noi motivo di estrema soddisfazione – dichiara Piero Mastroberardino, decima generazione alla guida della prestigiosa azienda irpina – il coronamento del lungo lavoro di mio padre Antonio che per anni portò avanti un progetto ambizioso con il primario obiettivo di recuperare le caratteristiche originarie dei vitigni storici della Campania Felix, che per opera dell’uomo, in seguito alle scelte produttive di replicazione del materiale genetico, nel corso dei decenni andavano lentamente mutando”.
Un’opera di assoluto valore, quella svolta da Antonio Mastroberardino, che indusse Hugh Johnson, una delle più prestigiose firme della letteratura legata al comparto enoico, a definirlo “The Grape Archeologist”, ovvero l’archeologo della viticoltura. Era il 1989 e all’epoca il vignaiolo campano era già da tempo impegnato in una incessante attività di ricerca relativa non soltanto all’Aglianico, ma anche agli altri grandi vitigni del territorio come il Greco e il Fiano.
La ricerca si fa progetto: siamo agli inizi del nuovo millennio e l’azienda avvia una collaborazione con i Vivai Cooperativi Rauscedo, ponendosi come traguardo quello di individuare, classificare e infine registrare antichi cloni di Aglianico sopravvissuti alla fillossera.
“Un vero e proprio viaggio nel tempo – sottolinea Piero Mastroberardino – che ha visto in questo riconoscimento ufficiale non la tappa finale ma semplicemente un fondamentale punto di svolta. “Redimore”, Irpinia Aglianico DOC, è infatti il primo frutto, in vino, della vinificazione in purezza di questo antico clone rimesso in campo, una traccia importante per proseguire il nostro lavoro di ricerca e sperimentazione sulle radici della nostra viticoltura. Sul piano affettivo affiora la soddisfazione e l’orgoglio di aver condotto a compimento un progetto che riporta nel calice quei caratteri che mio padre aveva conosciuto e amato e che per lui, come per tutta la mia famiglia, rappresentano l’essenza stessa dell’Aglianico”.
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