Sull’abuso dell’inglese interviene anche l’Accademia della Crusca
Commentando nei giorni scorsi la lettera inviata in redazione da un lettore francese sull’abuso dei termini inglesi, problema molto sentito in Francia, ma anche in Italia, nel mio intervento avevo chiamato in causa i luminari dell’Accademia della Crusca, istituzione nata a Firenze nel 1583, esattamente 440 anni fa.
Dovrebbero essere loro, scrivevo, i custodi della nostra bellissima lingua sull’abuso degli anglicismi in tv, sui giornali, nella pubblicità e in mille altri settori della vita quotidiana.
Bene, oggi è arrivata la risposta: una doppia pagina sul “Corriere della Sera” con intervista al presidente della Crusca, il prof. Paolo D’Achille. Titolo emblematico: “Diamo un futuro all’italiano”.
Per quanti difendono la lingua italiana egli ha dichiarato che è dannoso delegare tutto, in particolare la letteratura scientifica, all’inglese.
L’italiano deve avere una sua presenza attiva in campo nazionale e internazionale.
Galileo per primo, in tempi in cui la scienza era veicolata dal latino, ha adottato l’italiano e proprio per rispondere a Galileo all’estero hanno dovuto studiare la nostra lingua.
Oggi non possiamo pretendere questo, ma non possiamo accontentarci della nostra grande tradizione: del prestigio della musica, del melodramma, della gastronomia o di Dante, Petrarca e Boccaccio.
In passato c’è stata l’egemonia francese, oggi c’è l’inglese, in futuro probabilmente ci sarà lo spagnolo, la lingua più parlata al mondo. Noi italiani dobbiamo rispondere investendo sulla scuola”. Parole sagge le sue.
(GIUSEPPE CASAGRANDE)
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