Sospiro di sollievo per la piadina romagnola, dopo le recenti voci e relativi servizi televisivi con interviste, emerse a seguito del flusso di carte bollate e ricorsi giudiziari, che sembravano far vacillare l’unica certezza: la piadina è proprietà della Romagna.
Riassumiamo gli antefatti.
Un D.M. pubblicato sulla G.U. in gennaio 2013 ha riconosciuto i requisiti per l’IGP, ma concedeva una protezione “transitoria”, limitata al suolo nazionale, in attesa del pronunciamento della Commissione Europea. Subito dopo, a marzo, si era costituito il ‘Consorzio di Promozione della Piadina Romagnola’, con una quindicina di aziende, oggi più di venti, in rappresentanza di tutta la zona di lavorazione statuita dal Disciplinare adottato, comprensorio da Rimini ad un pezzo della Provincia di Bologna (alcuni comuni dell’Imolese, storicamente romagnoli), passando per Forlì-Cesena e Ravenna, a causa delle varianti recepite. Con la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale Europea, il 22 maggio 2014, del Documento Unico per il riconoscimento della Igp Piadina e Piada Romagnola, l’IGP di questa specialità vale ‘erga omnes’.
Tuttavia, contro il marchio IGP ha mosso ricorso al Tar del Lazio un’azienda modenese, a cui si è affiancata la “rivolta” dei chioschi, ossia di quei produttori artigianali del Ravennate che sul momento sfornano piadine ‘take away’, per un giro di affari di una trentina di milioni di euro, come è stato calcolato dalla Confesercenti locale.
Proteste inutili, il Consiglio di Stato ha accolto l’appello presentato dal Consorzio di Promozione e Tutela della Piadina Romagnola insieme al Ministero della Politiche Agricole Alimentari e Forestali ed alla Regione Emilia Romagna, e con sentenza 02405/2015, pubblicata ieri, ha ribaltato il giudizio del TAR.
La Piadina Romagnola potrà essere fatta solo laddove è storicamente nata, appunto in Romagna.
Il problema però resta in piedi, secondo alcuni. Se il prodotto viene considerato “artigianale” perché sanzionare i pittoreschi chioschi romagnoli? Perché deve essere considerata “tradizionale” solo la piadina sfornata dalle aziende industriali? Non la fanno forse in casa migliaia di famiglie, seguendo le ricette tramandate dagli avi?
E persino ovunque in Italia, se ne hanno voglia, anche seguendo le indicazioni del disciplinare, con le sue variabili ammesse.
Certo non è nell’esecuzione del prodotto il vero busillis, è nello spacciare per “romagnola” e soprattutto IGP una qualsiasi focaccia di acqua, farina di grano tenero e sale, farcita a piacimento.
Intanto, nell’anno dell’Expo, come afferma il direttore del Consorzio Paolo Migani, «Il prossimo 11 giugno parteciperemo all’incontro con la stampa internazionale (più di 600 giornalisti già accreditati provenienti da tutto il mondo), poi nei mesi di settembre ed ottobre saremo presenti nello spazio espositivo ‘Piazzetta’ dell’Emilia Romagna, all’interno del quale non solo coinvolgeremo i visitatori in laboratori di preparazione della Piadina Romagnola, ma realizzeremo una serie di eventi volti alla sua valorizzazione e a quella del territorio».
Maura Sacher
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