La nuova sfida di Joško Gravner: dalle anfore all’acciaio vetrificato
Il vino non vive solo nelle anfore di terracotta: vetro e acciaio vetrificato entrano nella cantina del mitico vignaiolo di Oslavia (Gorizia), Joško Francesco Gravner. Un pioniere, padre dei vini macerati e dei famosi “Orange Wine”.
Conosco da una vita, fin dai miei esordi giornalistici nel mondo del vino, Joško Gravner, il padre riconosciuto dei vini macerati, i famosi “Orange Wine”. Ricordo, in particolare, quella “strana”, per l’epoca, e “torbida” Ribolla Gialla che avevo assaggiato con Gianni Bravo, storico presidente della Camera di Commercio del Friuli al Ristorante “Agli Amici” (località Godia di Udine), in occasione dei festeggiamenti per la conquista da parte dello chef Emanuele Scarello della prima stella Michelin (la seconda stella arriverà qualche anno dopo).
Quella “strana” e “torbida” Ribolla ne ha fatta di strada visto che dobbiamo proprio a lui, al mitico JJoško, un pioniere, patron dell’altrettanto mitica cantina di Oslavia, località Lenzuolo Bianco (Gorizia), ad un tiro di schioppo dalla Slovenia, la riscoperta delle anfore di terracotta, esperienza poi seguita da molti vignaioli della zona al di qua e al di là del confine: Radikon, Podversic, Simcic, Zidarich, Burja, Batic, Erzetic, Stekar, Clai solo per citare i vignaioli più famosi.
Joško Gravner, un pioniere, un protagonista visionario del vino italiano
Protagonista visionario del vino italiano e della sua storia recente, Joško Gravner è da sempre un innovatore indomito, vulcanico, in continuo movimento, alla ricerca del contenitore ideale dove far nascere i suoi vini.
Supportato dal nipote Gregor Pietro, nell’ultimo periodo Gravner ha esplorato nuove frontiere per l’affinamento dei vini, approfondendo l’utilizzo del vetro per le sue qualità di inerzia, resistenza e facilità di pulizia.
Sono due le realtà che hanno creato i nuovi contenitori destinati ad affiancare le anfore interrate, tra la fine del 2024 e il 2025, andando così a integrare il processo produttivo della cantina di Oslavia: EnoKube e Pfaudler.
Un progetto avveniristico realizzato assieme al mastro vetraio Vittorio Benvenuto
Il progetto avveniristico nato da un’idea di Joško Gravner con la collaborazione di EnoKube porta la firma di due imprenditori italiani: Enrico Cusinato e il mastro vetraio Vittorio Benvenuto che hanno realizzato una innovativa vasca in vetro da 10 ettolitri.
Introdotto in cantina già la scorsa primavera, il contenitore ha permesso di testare nuove modalità di affinamento di piccoli lotti o selezioni, lasciando molto spazio alle sperimentazioni.
Grazie alla precisione e alle proprietà del vetro, EnoKube si è rivelato un alleato prezioso per la maturazione qualitativa di quantitativi contenuti di vino.
Tuttavia, la sfida di gestire volumi maggiori ha rivelato i limiti del vetro nel sostenere pesi più elevati. È stato allora che, su suggerimento di un ingegnere locale, la famiglia Gravner è entrata in contatto anche con Pfaudler Italia, azienda specializzata nella costruzione di apparecchiature vetrificate per l’industria chimica e farmaceutica e parte del gruppo GMM Pfaudler.
Insieme hanno sviluppato i serbatoi in acciaio vetrificato dalla capacità massima di 70 ettolitri, il cui design combina la robustezza dell’acciaio e la resistenza chimica del vetro.
Dopo l’accurata progettazione e costruzione iniziale, i serbatoi in acciaio subiscono il processo manuale di vetrificazione interna che prevede un primo strato base e successive altre di copertura.
A ogni vetrificazione segue un trattamento termico di circa 900 gradi in modo da unire l’acciaio e il vetro in maniera permanente rendendolo un vero e proprio materiale composito.
Il rivestimento vetroso garantisce una superficie liscia e senza porosità, altamente igienica e che non rilascia sostanze indesiderate, rendendolo ideale per lo stoccaggio e l’affinamento del vino.
Oltre alla lunga durata di esercizio, i serbatoi vetrificati sono interamente riciclabili, favorendo in questo modo l’impatto ambientale e migliorando la sostenibilità.
Mateja, figlia di Joško: “L’obiettivo? La costante ricerca della perfezione”
“La costante ricerca di innovazione non è mai fine a se stessa, ma nasce dalla volontà di migliorare ogni aspetto del processo produttivo, restando fedeli alle nostre radici” ha dichiarato la figlia di Joško, Mateja Gravner, enologa diplomata all’Istituto Agrario di San Michele all’Adige con laurea in Economia all’Università di Trento.
“Con EnoKube – ha aggiunto – abbiamo trovato una soluzione perfetta per le piccole produzioni di alta qualità, dove ogni dettaglio fa la differenza. Pfaudler, invece, ci ha permesso di affrontare la sfida di affinare i normali volumi di produzione senza compromettere la qualità del vino.
Entrambe le soluzioni sono fondamentali per noi, perché rappresentano due facce della stessa medaglia: la ricerca della perfezione nel vino, indipendentemente dalla quantità.
Ogni contenitore ha un ruolo specifico e prezioso nel nostro processo, e insieme ci permettono di continuare a fare ciò che amiamo.”
Tecnologie all’avanguardia per esplorare nuove opportunità e soluzioni
“La collaborazione tra il Gruppo GMM Pfaudler e Gravner rappresenta un passo significativo per entrambe le aziende, leader nei rispettivi settori.
È un incontro tra ricerca industriale e natura che apre a nuove opportunità, mercati e soluzioni per entrambi i brand” ha sottolineato Mauro Bona, Regional Sales Manager di Pfaudler Italy srl.
“Per la cantina di Oslavia significa integrare tecnologie all’avanguardia nella sua storica produzione vinicola, per GMM Pfaudler è l’occasione di dimostrare l’adattabilità delle proprie tecnologie a un settore in crescita e di contribuire all’evoluzione di un leader affermato come Gravner.”
Il viaggio in Georgia e quei bicchieri a forma di coppa, senza stelo
In occasione della presentazione del progetto dei nuovi serbatoi in acciaio vetrificato, Joško ha parlato anche di quegli strani calici a forma di coppa con cui ama degustare i suoi vini macerati.
“L’idea di creare un bicchiere a forma di coppa – ci ha confidato – mi è venuta per la prima volta nel 2000 quando mi racai in Georgia.
Durante quel viaggio, organizzato per vedere le anfore che stavano realizzando per la mia cantina, visitai un monastero sulle colline di Tbilisi.
In quella occasione i monaci, oltre a darmi il benvenuto con dei canti religiosi, mi servirono il loro vino nelle coppe di terracotta. Quel gesto mi rimase impresso, bere del vino in una coppa senza stelo è molto diverso che berlo da un bicchiere.
Non vorrei essere frainteso, ma il gesto che la coppa ti impone verso il vino è più intimo più rispettoso, più umile.” Parole sante.
In alto i calici. Prosit! (GIUSEPPE CASAGRANDE)
Grazie per aver letto questo articolo...
Da 15 anni offriamo una informazione libera a difesa della filiera agricola e dei piccoli produttori e non ha mai avuto fondi pubblici. La pandemia Coronavirus coinvolge anche noi. Il lavoro che svolgiamo ha un costo economico non indifferente e la pubblicità dei privati, in questo periodo, è semplicemente ridotta e non più in grado di sostenere le spese.
Per questo chiediamo ai lettori, speriamo, ci apprezzino, di darci un piccolo contributo in base alle proprie possibilità. Anche un piccolo sostegno, moltiplicato per le decine di migliaia di lettori, può diventare Importante.
Puoi dare il tuo contributo con PayPal che trovi qui a fianco. Oppure puoi fare anche un bonifico a questo Iban IT 94E0301503200000006351299 intestato a Francesco Turri