La Rete dà e ancor più darà un impulso notevole alla relazionalità sul vino: informazione, documentazione, commento, semplice chiacchiera in libertà. Prendendo a prestito il titolo di un celebre libro di Benedetta Craveri, Internet dà un nuovo slancio, contemporaneo e in linea coi nostri tempi, all’antica civiltà della conversazione.
Per il vino, oggetto di consumo mentale prima ancora che fisico, e paragonabile al libro in quanto a ricchezza di spunti e di suggestioni, il Web rappresenta un’opportunità senza precedenti di dialogo e di crescita per tutti gli operatori coinvolti – dagli addetti ai lavori agli appassionati, agli enoturisti ecc. In questo senso, quindi, costituisce un grande lievito culturale e sociale, di cui – essendo una tecnologia in divenire – non abbiamo ancora piena consapevolezza dei possibili effetti. Siamo infatti nel mezzo di una trasformazione epocale, paragonabile all’introduzione della stampa a caratteri mobili nel Quattrocento o all’introduzione dell’elettricità a fine Ottocento, e potremo comprenderne appieno le conseguenze sociali solo tra qualche decennio.
Per quanto riguarda, invece, l’utilizzo del Web come canale commerciale, c’è da fare un distinguo. Certe categorie hanno già discreti livelli di e-commerce, stando alle ricerche di mercato più autorevoli: prenotazioni turistiche, telefonia, elettronica di consumo, editoria e (per le fasce di consumo più giovani) abbigliamento e accessori. Per quanto concerne i prodotti alcolici, e in generale i prodotti di largo consumo, l’e-commerce è ancora una modalità di business di nicchia, per non dire di super-nicchia. E tale è destinata a rimanere, nel nostro Paese, a breve-medio termine. La ragione presumibile?
La modalità online può risultare limitante nel processo d’acquisto, dal momento che – in una società in cui gli aspetti materiali, sensoriali e di brand sono fondamentali – non mette l’acquirente di fronte alla ricchezza di stimoli con cui si può confrontare in una situazione reale. Internet è invece in grado di dare valore sia al vino sia ad altre merceologie nel caso di referenze rare, o introvabili, o difficilmente accessibili, garantendo raggiungibilità e guadagno di tempo (nell’ottica della cosiddetta “coda lunga”, secondo il famoso studio di Chris Anderson).
In pratica, ed esemplificando: possiamo comprare una bottiglia di Chardonnay o di Gewürztraminer nell’enoteca sotto casa, confrontando le bottiglie, prendendole in mano, saggiandone la qualità della etichetta, dei fregi, della capsula, e magari facendo un assaggio (se l’enoteca ha un bancone per la mescita); se invece cerchiamo un Porto del 1855, di una certa marca, avremo sicuramente più chance d’acquisto, e risparmieremo tempo, interrogando la Rete.
Per ora, tutt’al più, gli acquisti di vino online potranno crescere moderatamente di una quota contingente, “modaiola”, determinata dal fascino oggi esercitato dalla nuova tecnologia. Che però, per il vino “normale”, non è in grado di dare il piacere (e i vantaggi) del confronto e del contatto diretto nel punto vendita.
Piero Valdiserra
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