Il prezzo che paga l’ Emilia Romagna alla guerra
Gli effetti del conflitto per l’Emilia Romagna stanno cominciando ad assumere concretezza.
Le stime a livello nazionale prevedono un calo di aumento del PIL nazionale dal 4,7 al 3,3 %.
La regione è una delle più sviluppate d’Italia e risente della situazione di instabilità e per una possibile mancanza di materie prime.
Alcuni settori stanno già soffrendo per il mancato arrivo di rifornimenti e gradualmente dovranno sospendere le produzioni.
I settori più colpiti sono i fiori all’occhiello emiliano romagnoli: alimentare, agricoltura, auto, ceramica, metallurgia, packaging e turismo.
Il rischio concreto è di perdere un punto di PIL regionale pari ad alcuni miliardi di euro.
Si interrompe la spinta della ripresa che si stava consolidando e le situazioni di rifornimento non saranno più le stesse.
L’interruzione delle esportazioni verso la Federazione Russa e l’Ucraina può complicare il raggiungimento di altri mercati.
Le tensioni finanziarie e bancarie non aiutano le imprese, soprattutto quelle piccole e artigianali.
In Emilia Romagna sono tantissime e di grandi eccellenze.
Praticamente tutte le filiere che trainano l’economia risentono del contraccolpo.
I rincari delle bollette erano già arrivati e adesso il rialzo quasi quotidiano dei carburanti si ripercuotono sui bilanci delle industrie e delle famiglie.
Nella GDO i prezzi dei prodotti sono aumentati e incidono sui carrelli della spesa mentre I salari non aumentano.
Attualmente non ci sono problemi di scaffali vuoti anche se nei territori più decentrati potrebbero verificarsi nel tempo mancanze di alcuni prodotti.
Cominciano a verificarsi episodi di acquisti compulsivi e accaparramenti, in alcuni supermercati è stato imposto un limite all’acquisto per alcuni prodotti di uso quotidiano.
E la protesta degli autotrasportatori a causa del costo proibitivo del gasolio non fa altro che aggravare la situazione.
Il governo è orientato a tagliare entro pochi giorni le accise sui carburanti.
È ipotizzato un taglio almeno del 10 %. Sarebbe la prima volta in Italia un governo prende questa decisione ed era ora.
Umberto Faedi
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