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Il nuovo sogno di Torre Ospina: i giovani si mettono in gioco

Incontro con Quintino Manco, giovane viticoltore di Racale, in Salento

 

Torre Ospina è un’azienda vitivinicola fondata da Quintino Manco, nel 2010, quando aveva ventuno anni. Con determinazione iniziò a seguire tutta la produzione, dalla conduzione dei vigneti ereditati dal nonno, fino alle operazioni di cantina. Lo abbiamo incontrato per farci raccontare le novità aziendali degli ultimi anni e quelle future.

 

Iniziamo con una considerazione di carattere generale. Negli ultimi decenni, il consumo del vino è cambiato, si fa più qualità e meno quantità, e oltre al vignaiolo, all’enologo, al critico, al sommelier, al semplice consumatore, sono nate figure nuove nel panorama del settore enoico: l’esperto, il giornalista specializzato, il conoscitore, l’amatore, l’appassionato, l’enoturista… come ci si misura con questi cambiamenti?

Misurarsi con le esigenze del mercato è diventato più complesso e le aziende hanno la necessità di organizzarsi con risposte all’altezza. Oltre a una comunicazione adeguata e mirata ai singoli attori del mondo del vino, credo sia importante dare informazioni chiare, verificabili, rigorose sulla coltivazione dell’uva e la sua trasformazione, sul vino e il suo affinamento, ma il consumatore non giudica più solo dal calice di vino e dalle informazioni scritte, vuole anche avere la possibilità di visitare l’azienda, verificando di persona le informazioni. Ecco allora che è necessario anche dare la possibilità di partecipare alle varie fasi della vita di un’azienda, dalla coltivazione alla vendemmia, dall’imbottigliamento alle degustazioni. Interloquire e interagire aprendo la cantina e dando le risposte al consumatore.

È proprio da questa riflessione che nasce il tuo nuovo sogno, ce lo racconti?

Oramai era da qualche anno che mi ero accorto che era un po’ penalizzante avere la cantina e il punto vendita all’interno del paese, e non circondata dai vigneti. In un territorio a forte vocazione turistica come il Salento e con un sempre maggior interesse dei consumatori verso la cultura enogastronomica, avere una cantina circondata dai vigneti diventa un biglietto da visita importante. Mi mancava un luogo con spazi appropriati per degustazioni, momenti conviviali, presentazioni, visite guidate. Finalmente sono riuscito ad acquistare un terreno fabbricabile dove costruiremo la cantina, che sarà circondata da un vigneto di negroamaro e anche da pini marittimi, fichi, ulivi e mandorli. È un progetto a cui credo molto. Il passito che abbiamo iniziato a produrre con la vendemmia 2017 lo abbiamo chiamato Primo Passo, primo come qualità, passo come progetto. Con questo sogno siamo al passo successivo, stessa qualità, stesso progetto.

 

Si insiste molto sull’importanza del vigneto e del terroir per produrre vini eccelsi.

Su questo non ci sono dubbi. Noi, al di là delle certificazioni, lavoriamo con la cognizione della relazione tra terreno, pianta e clima, accompagnando questa relazione. L’intervento chimico convenzionale è solo uno starter, un aiuto – se necessario e non un elemento per ottenere più produzione. “Rapportarsi alla terra”, “il buon vino è fatto in vigna”, da noi sono pratiche vere, non sono solo parole a effetto marketing. Torre Ospina vuole raggiungere la qualità massima nei vini e quindi anche le uve devono essere di alta qualità, senza sovrapproduzione, con una resa per ceppo controllata. È importante che la parte viticolo-agronomica sia curata con tecniche mirate, con il sovescio accompagnato dall’utilizzo di microrganismi, in modo che la pianta abbia meno necessità di apporti chimici esterni, con un lavoro attento di potatura secca e una corretta e puntuale gestione della potatura verde. In ogni fase lavoriamo di prevenzione, consideriamo di volta in volta se un intervento è necessario o meno. Interveniamo solo se il raccolto può essere compromesso. Non si può avere il tutto, il certo e il subito, la natura è complessa e complessa dev’essere anche la pratica agronomica. Nel 2019, abbiamo deciso di reimpiantare quattro ettari di negroamaro e quindi ora per tre anni avremo una produzione leggermente inferiore, ma sarà una sicurezza per il futuro.

Ci racconti anche il territorio di questa parte del Salento?

Il territorio del comune di Racale si trova a sud del golfo meridionale di Gallipoli, sulla strada per il Capo di Leuca. Si affaccia al mare con baie naturali sui litorali di Torre Suda e Marina di Mancaversa, e sale fino ai rilievi delle Serre salentine; è compreso tra gli zero e i 104 metri sul livello del mare. La profondità dei fondali dello Ionio garantisce una temperatura costante del mare per tutto l’anno, questo fenomeno esercita – con il contributo dello scudo delle Serre alle spalle – una funzione di regolatore termico che mitiga le temperature estreme. Il mare contribuisce anche a un’escursione termica giorno-notte, che fa bene ai vigneti. La ventosità caratterizza i mesi estivi, quando le brezze diurne ristorano dal clima molto caldo. Fichi d’India, agavi, eucalipti, agrumi, piccole zone boschive a macchia mediterranea, in questo contesto che si trovano i nostri vigneti: Otanari, Vignali, Coloni, Vora, Vigne, situati in terreni vocati e ritenuti delle eccellenze nella tradizione locale, vengono infatti chiamati “conche d’oro” per la loro fertilità. La terra ha struttura argillosa con presenze calcaree, tufacee e sabbiose. I vigneti sono coltivati con vitigni autoctoni, soprattutto con Negroamaro e Primitivo e, in parte quantitativamente minore, con Malvasia Nera e Verdeca. La vinificazione è seguita da Giuseppe Pizzolante Leuzzi, un enologo che conosce perfettamente il territorio e i suoi vitigni.

Quintino era anche il nome del nonno, personalità forte e attaccatissimo alla sua terra…

Mio nonno aveva un fortissimo attaccamento ai suoi poderi, anche nei giorni in cui non lavorava i suoi dieci ettari di vigneto e sei di oliveto non riusciva a fare a meno di andare in campagna per godere della natura e controllare che tutto andasse bene. Io fin da piccolo l’ho accompagnato in campagna, giocavo e gli facevo compagnia, e ‘rubavo’ con l’occhio – poi con l’età anche con la pratica – la sua sapienza. In campagna nonno mi ha insegnato a curare il ceppo, sia per la spollonatura che per la potatura, quali foglie o tralci vanno buttati e quali no, quando c’è molto carico d’uva quali grappoli eliminare per fare in modo che quelli che rimangono raggiungano la massima qualità. Piccole cose di grande importanza, perché la qualità raggiunta in vigneto poi ce la troviamo anche in bottiglia.

Sei attento alle questiona ecologica in agricoltura? Quali sono i tuoi concetti guida?

Cerco di tenere assieme una sensibilità generale alla valorizzazione del territorio e la sensibilità particolare per il vino. Perché se è vero che il vino è la poesia della terra, significa anche che è l’espressione autentica di un luogo. Produrre vino significa per me diffondere i profumi e il gusto di questa terra salentina. Sto facendo tesoro sia della grande esperienza, serietà, pignoleria, competenza di mio padre Tommaso e della preparazione del nostro enologo: lui snocciola dati specifici su vigneti, uve, mosti, elevazione dei vini, tenendo presente ricerca scientifica e innovazione. Il nostro ideale è monitorare l’evoluzione del vino, col fine di costruirne – uso le parole del mio enologo – la ‘curva ideale nel tempo’, per arrivare a vini che rispettino nella propria struttura un’architettura equilibrata, ma anche la storia e la geografia dei luoghi.

Il vino è molto più di qualcosa da bere, dici giustamente. Il vino parla…

Sì, racconta la sua storia. Per questo voglio che nella mia cantina l’uva, dopo essere stata raccolta con cura, si trasformi in vini di grande pregio. Sotto la guida di Giuseppe Pizzolante Leuzzi, assaggiamo spesso le nostre “creature” e ne seguiamo attentamente l’evoluzione da succo a vino grezzo per poi, a seconda delle varietà e delle annate, farle maturare in legno o in acciaio. Ogni vigneto ha le proprie caratteristiche e nessuna annata è uguale all’altra: i cicli della natura si ripetono, ma i risultati sono ogni volta diversi.

 

I tuoi vini escono tutti a Indicazione Geografica Tipica Salento, portano in etichetta i disegni dei monumenti storici del territorio: la Masseria Ospina, Torre Suda, i caseddi, (caratteristi trulli salentini) e in controetichetta i mappali dei vigneti, come garanzia di tracciabilità.
Li presentiamo?

Sì. Andiamo per ordine, aprono la rosa delle proposte i due bianchi. Il Bianco Frizzante Torre Ospina, un metodo Charmat, da vitigni autoctoni Verdeca e Bianco di Alessano, è floreale e fruttato con sentori di mela cotogna, ha una buona intensità, è fresco e aromatico, persistente, di buona complessità. Il Coloni, è invece ottenuto da un uvaggio aziendale che varia a seconda dell’annata, lo abbiamo pensato come un vino fresco e fruttato, dove la struttura alcolica non è contrapposta alla freschezza e la sapidità soddisfa le aspettative di un vino piacevole e armonico.

Passiamo al Rosato, una delle eccellenze salentine.

Innanzitutto voglio dire che il Negroamaro è la varietà principe di questo territorio. Un vitigno non facile, è necessario seguirlo con una viticoltura attenta, valorizzando l’alberello originario, o quello leggermente modificato, o anche una spalliera facendo attenzione a potare la pianta, rispettando la naturalità e la tradizione, che ha sempre un senso nel contesto del territorio. È un lavoro che seguo in prima persona, seguendo i consigli di mio padre. Credo che i nostri Negroamaro abbiano una grande fragranza, una buona acidità, mantengono frutto ed eleganza, sono morbidi e setosi.

Il Rosato da Negroamaro è inimitabile per colore, struttura e persistenza. È un vero simbolo del Salento enologico. Vigne è il nostro Rosato – da uve Negroamaro – ha un aroma fresco dove l’essenza di rosa e geranio rosso si arricchisce di note fruttate; ha un impatto olfattivo notevolmente tenace. In bocca è ben equilibrato, il buon grado alcolico è assecondato dalla morbidezza e da una freschezza vivace.

E i rossi?

Sono vini in cui troviamo l’autenticità salentina: il terroir e l’amore per i vitigni storici, la tradizione e la passione. Il Vignali, Negroamaro, affinato in acciaio, caratterizzato da un aroma di more selvatiche e prugne, frutti rossi e spezie. In bocca è morbido e persistente, le sensazioni olfattive ritornano in bocca trasportate dall’alcolicità pronunciata ma non irruente. In contrapposizione i tannini e la fresca acidità rendono questo vino equilibrato e morbido.

Il Vora è invece il nostro Primitivo, un bel vino color rubino intenso tendente al porpora, ha un aroma di more selvatiche e prugne, frutti tipici delle campagne dove si trova il vigneto d’origine; in bocca è morbido e persistente con tannini non aggressivi; ha buona acidità, in parallelo alla morbidezza e all’alcolicità tipica del Primitivo; è un vino vigoroso e nello stesso tempo elegante e signorile.

L’ Otanari è l’etichetta dedicata a mio nonno Quintino. Un Negroamaro elegante e potente nello stesso tempo, affinato in barrique, le cui uve provengono da storici vigneti ad alberello. Ha colore rosso granato con profumi caldi e armonici che ricordano l’amarena e la prugna secca. In bocca è rotondo e persistente, ha sapore asciutto e caldo, ricco e gustoso su fondo amarognolo. È un vino armonico, raffinato, e lungo nel finale. Direi che esprime al meglio la territorialità e la varietà, quell’espressione audace e decisa, tipica del Negroamaro.

Dulcis in fundo, il Primo Passo

Il nome di questo nuovo vino, la cui prima vendemmia è stata quella del 2017, l’ho scelto per valorizzare i primi passi di un nuovo progetto e mi è piaciuta l’assonanza tra passi e passito, poi ho valutato che fosse meglio al singolare. Primo come qualità, Passo come progetto. È ottenuto dalla vinificazione di uve Negroamaro. Verso la fine di settembre selezioniamo nei nostri vigneti i grappoli ben maturi, l’uva viene pigiata dopo l’appassimento di 60 giorni sui graticci, infine, dopo una macerazione a temperatura controllata, viene affinato in acciaio. Questo Passito Salento Igt è rosso rubino carico con riflessi granati, ha sentori di arancia candita, frutti rossi maturi, ciliegia, prugna, accompagnati da mirto e radice di liquirizia; pieno, rotondo, dolce. È un vino a cui crediamo profondamente.

Il Primo Passo e anche le altre etichette hanno ricevuto buone valutazioni dalla critica enologica…

Quattro Guide 2020 hanno riconosciuto l’ottima qualità dei nostri vini. Un ottimo risultato per continuare il sentiero della qualità e della valorizzazione dei nostri vitigni. La nostra concezione produttiva è la coniugazione tra la ricerca della qualità e un prezzo vantaggioso. I successi non si misurano tanto dai premi ottenuti, anche perché i premi non sono l’obiettivo di un vino e di un’azienda, casomai la conseguenza.

Finiamo con una riflessione sulla ricchezza del territorio. Negli ultimi anni si è assistito a un vero exploit turistico del Salento e della Puglia in generale, secondo te è stato fatto abbastanza per creare un circuito virtuoso tra turismo, cultura e promozione del settore della vitivinicoltura?

Sì e no, si potrebbe rispondere. No, se si pensa a come è stato gestito il problema Xylella, il batterio che ha distrutto gli oliveti di queste terre. Sì per altri aspetti. Il Salento meriterebbe di essere attestato come patrimonio colturale oltre che culturale, così come è stato fatto per la zona del Saint-Emilion nella regione di Bordeaux. I vigneti vanno salvaguardati perché fanno parte anche del patrimonio culturale. Se li togliamo rendiamo povero il territorio anche sotto l’aspetto del paesaggio e della sua bellezza, togliendo buona parte del fascino su cui si basa il successo turistico del Salento, però, la mancanza di reddito deve essere coperta anche con un intervento pubblico. Per questo sarebbe d’obbligo una grande progettazione complessiva tra istituzioni, enti e privati che sappiano creare una sinergia tra cultura (musica, barocco, e molto altro), paesaggio (mare e natura), prodotti tipici e agricoltura.

  1. In allegato alcune foto

Azienda vitivinicola Torre Ospina

Via Ferrara, 5, Racale (LE)

tel. 0833 584937 | www.torreospina.com


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