Il mitico “Noma” chiuderà i battenti
René Redzepi, chef patron del pluristellato ristorante di Copenaghen, ha deciso di ripensare il concetto di “haute cuisine”. Costi vertiginosi, orari di lavoro estenuanti, stress insostenibile.
Il mondo dell’haute cuisine è in lutto. Il mitico “Noma” di Copenaghen, tre stelle Michelin, eletto per cinque volte miglior ristorante del mondo, alla fine del 2024 chiuderà i battenti. Lo ha annunciato ieri il suo creatore, René Redzepi – padre albanese, madre danese, uno degli chef più brillanti e innovativi dei nostri tempi – al quotidiano americano “The New York Times”.
Noma diventerà a partire dal 2025 un laboratorio alimentare a tempo pieno, sviluppando nuovi piatti e prodotti per il sito di e-commerce Noma Projects, mentre le sale del ristorante saranno aperte solo per eventi promozionali a Copenaghen o in altre parti del mondo.
Costi saliti in maniera vertiginosa, orari estenuanti, stress insostenibile
I motivi di questo radicale cambio di rotta sarebbero dovuti,
secondo le dichiarazioni di René Redzepi, ai costi saliti vertiginosamente negli ultimi anni, agli orari estenuanti e alla frenetica cultura del lavoro e allo stress che caratterizza l’”haute cuisine”, stress definito dallo chef danese “insostenibile”. L’obiettivo di Redzepi ora è quello di riorganizzare il lavoro, ripensare il concetto stesso di alta ristorazione e risolvere il problema di non poco conto legato allo staff dei collaboratori.
Aperto nel 2003, in vent’anni è diventato un’icona per i gourmet di tutto il mondo
Il Noma (acronimo che sta per “Nordic Mad”, cibo in danese) ha aperto nel 2003 e in vent’anni è diventato un’icona per i gourmet di tutto il mondo,
disposti a mettersi in lista d’attesa per mesi e mesi per poi prendere un aereo e assaggiare i piatti di quella che è stata definitiva la “Nuova cucina nordica”
basata su ingredienti locali e quasi sempre selvatici come radici, erbe, alghe, licheni, bacche, funghi, insetti oltre alle carni di renna e ai pesci dell’Oceano.
Quel vecchio magazzino del Settecento e poi il trasferimento a Christiania
Originariamente il Noma aveva utilizzato i locali di un vecchio magazzino del Settecento circondato dai canali della capitale danese situato sull’isola artificiale di Christianshavn. Nel 2018 il trasferimento nel quartiere di Christiania, frequentato negli anni Settanta dalla comunità hippie.
Un complesso gigantesco con un grande corpo centrale composto da sette luminosi edifici collegati con gallerie dai soffitti di vetro, dove si trovano la cucina a vista e le sale da pranzo, due serre, le cantine, i magazzini per conservare e macellare la carne, i laboratori per la fermentazione, le sale adibite al personale.
Per una cena degustazione si spendono non meno di 500 euro, vini esclusi
Ristorante esclusivo, il Noma di Copenaghen è diventato il sogno di molti amanti dell’alta cucina, almeno di quanti possono permettersi lo sfizio di spendere per una cena degustazione non meno di 500 euro, vini esclusi. Ieri – quando è uscita la notizia della chiusura del Noma a fine 2024 – le linee telefoniche del ristorante danese sono andate in tilt per le migliaia di richieste di prenotazione da tutto il mondo.
Ora ci si chiede: dopo la chiusura che accadrà? Il Noma potrebbe riaprire – stando ai rumors – con una formula diversa e ancora tutta da definire, che al momento è stata definita “Noma 3.0”.
Da tempo lo chef René Redzepi andava ripetendo che si deve ripensare completamente il settore dell’alta ristorazione. “Continuare così è impossibile – sostiene – oggi è necessaria una quantità inverosimile di ore di lavoro per mandare avanti un ristorante come il mio: dallo studio dei nuovi piatti alle materie prime, ai costi generali. Impossibile retribuire equamente100 dipendenti e mantenere standard elevati, a prezzi che il mercato fa fatica a sopportare.”
Ma a primavera in Giappone aprirà per 10 settimane il Noma di Kyoto
L’annuncio dello chef danese – che nel frattempo la primavera prossima aprirà temporaneamente in Giappone il “Noma” di Kyoto per 10 settimane, da marzo a maggio – non mancherà di suscitare un dibattito più generale nel mondo della cucina, che da tempo si interroga sugli orari di lavoro impossibili, sullo stress e in particolare sugli stipendi non adeguati di chi lavora nei ristoranti di alto livello.
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