Reduci dal festival del Giornalismo alimentare, che si è svolto a Torino dal 23 al 25 di questo mese, riprendiamo con ancora più “fervore” a parlare di comunicazione del settore. Perché lo facciamo? Perché ci siamo stufati di sentire accusare i giornalisti di essere “dei venduti”, di non prendere in considerazione la loro professionalità ma anche perché ci sta a cuore la salute dei cittadini.
L’argomento ha molte sfaccettature e l’altra volta avevamo affrontato il tema della necessità per le aziende di affidarsi a chi fa il “comunicatore di professione” .
Oggi vorrei soffermarmi sul tema, sempre dibattuto, tra giornalisti e blogger. Partiamo dal fatto che parlare di alimentazione al pubblico è una responsabilità e i giornalisti hanno un codice deontologico che, almeno un po’, dovrebbe tutelare il lettore. A questo si aggiunge l’obbligo di crediti formativi a cui sono costretti anche i giornalisti più “svogliati”.
I blogger sono invece una categoria che non ha “paletti”. Tutti possono scrivere di food ottenendo anche molti seguaci adoranti che spesso neanche si pongono la domanda: ma sarà tutto vero?
La gente oggi è portata a credere che web=Bibbia e, anche in fatto di alimentazione, esiste tutto e il contrario di tutto. Oggi la tendenza è di pensare che i giornalisti siano “prezzolati”, in tutti i settori, e si fa di tutta l’erba un fascio. È evidente che la categoria ha perso “credibilità” ma se guardiamo verso il basso vediamo che il vero senso della professione ancora vive, con grandi difficoltà ma vive. La gente dicevano oggi tende più a credere ad altri “pari” che a chi si impegna ogni giorno per raccontare dei fatti. Un esempio sono le recensioni dei locali che ognuno può fare creando spesso disagi e perdite di clientela per attività che danno da mangiare a diverse famiglie.
Quindi l’informazione dell’agroalimentare oggi ha necessità di essere compresa e gestita meglio di quanto non si stia facendo. Al festival si sono anche domandati quale sia il ruolo di queste due categorie chiave nell’indirizzare le scelte dei consumatori. Il titolo del panel era: Critici enogastronomici e food blogger di fronte alla domanda di una informazione alimentare corretta e imparziale. Dopo aver dato lettura del codice deontologico dei giornalisti della Lombardia è stato chiesto ad Anna Maria Pellegrino dell’ Associazione italiana food blogger quali sono le regole che i blogger devono rispettare e il risultato è stato poche e nessuna che riguardi il fare informazione corretta.
Ma il problema è solo questo? No, il problema è più ampio e investe, diciamolo pure, tutte e due le categorie solo che una può andare incontro a sanzioni disciplinari, l’altra no. Facciamo esempi concreti: se la signora Maria che ha un blog di ricette consiglia un certo tipo di pasta, facendo nomi e cognomi, è perché l’azienda le ha inviato i campioni omaggio. Le aziende, infatti, si servono di questi “divulgatori” offrendo loro forniture di prodotto (e per i migliori anche compensi) contando sulla diffusione del marchio attraverso i contatti e la viralità che i post della signora Maria hanno.
Il giornalista dell’agroalimentare, invece, non può ricevere nessun prodotto, non può essere pagato e per questo ritenuto “meno appetibile” dalle aziende. Il giornalista deve essere libero e non influenzabile ma la libertà costa. Con la crisi dell’editoria la maggior parte dei giornalisti sono imprenditori di se stessi ma anche editori di se stessi e anche quando scrivono per delle testate i compensi sono talmente bassi che si può tranquillamente parlare che siano una delle categorie più povere. Come fa, quindi ,un giornalista a restare libero, fare critica, informare senza poter essere né invitato a cene e degustazioni, né a press tour in aziende che vogliono far conoscere il loro prodotto?
Nel giornalismo alimentare il filo è sottile ma penalizza i giornalisti che in realtà hanno quel loro codice che li obbliga a parlare solo delle cose in cui credono. Un esempio? Se io parlo di una certa farina, ne parlo solo dopo essermi documentata, aver intervistato il titolare, aver capito da dove viene il grano con cui è fatta perché mi interessa anche far sapere al lettore le problematiche che ci sono nel nostro paese sulla produzione di grano tenero e duro (agromafie comprese), aver fatto comparazioni di prezzi di filiera e averla assaggiata. Farà lo stesso una persona che cerca solo forniture o like? Sinceramente chi glielo fa fare, visto che per documentarsi e scrivere ci vogliono ore se non giorni.
Un tempo chi scriveva di enogastronomia nelle redazioni era ritenuto un giornalista di serie B, oggi tutti vogliono fare, o meglio, imitare questo mestiere. Ma appunto di mestiere si tratta perché ciò che sfugge a tutti è che si è “giornalisti nell’anima”. Curiosità, ricerca, formazione, aggiornamento e senso di responsabilità sono solo alcune delle qualità che servono a chi vuol fare questo mestiere, di qualunque argomento si tratti.
E se sono un giornalista non mi posso permettere di scrivere che “il tartufo è un tubero” perché non sto dando la giusta informazione al mio lettore. Per questo i giornalisti dell’agroalimentare devono essere davvero preparati, devono scrivere solo di ciò che hanno visto e toccato con mano.
Qualche tempo fa mi son permessa di dire ad un collega di un ufficio stampa che organizza conferenze e cene dedicate alla stampa per alcune valli del Trentino, che non avrei potuto scrivere perché non avevo mai visto quella valle e assaggiato i suoi prodotti: risultato, non sono stata più invitata. Al contrario blogger e pseudo giornalisti continuano ad essere invitati e a scrivere di ciò che non hanno mai provato.
Il problema, quindi, è complesso perché far scrivere un blogger è più facile. Sono le aziende che dovrebbero comprendere che tipo di informazione vogliono che sia veicolata, se vogliono semplice pubblicità o vera attenzione critica, che può anche essere di stimolo e di miglioramento. Ma davvero esistono aziende che vogliono migliorarsi e non cercano solo più clienti?
Dulcis in fundo i lettori, che spesso sono a loro volta creatori di notizie, in uno scambio dove è difficile capire cosa è giusto e cosa è sbagliato.
Noi dal canto nostro continueremo a fare il nostro lavoro, sempre volto alla ricerca della verità e delle vere eccellenze in attesa di “deliziarvi” con un altro articolo su vizi e virtù della critica gastronomica.
Roberta Capanni
Grazie per aver letto questo articolo...
Da 15 anni offriamo una informazione libera a difesa della filiera agricola e dei piccoli produttori e non ha mai avuto fondi pubblici. La pandemia Coronavirus coinvolge anche noi. Il lavoro che svolgiamo ha un costo economico non indifferente e la pubblicità dei privati, in questo periodo, è semplicemente ridotta e non più in grado di sostenere le spese.
Per questo chiediamo ai lettori, speriamo, ci apprezzino, di darci un piccolo contributo in base alle proprie possibilità. Anche un piccolo sostegno, moltiplicato per le decine di migliaia di lettori, può diventare Importante.
Puoi dare il tuo contributo con PayPal che trovi qui a fianco. Oppure puoi fare anche un bonifico a questo Iban IT 94E0301503200000006351299 intestato a Francesco Turri