Per il grano duro italiano è pronta una bara, una banda per intonare marce funebri e un corteo con i trattori. Martedì 25 ottobre gli agricoltori del Centro Italia si sono dati appuntamento al casello A1 Valdichiana-a Bettolle (Si) alle 11.30 per una manifestazione atta a sensibilizzare l’opinione pubblica sulle difficoltà che il grano italiano incontra a causa della ormai insostenibile contrazione dei prezzi.
“Si tratta di un modo per dare voce alle nostre disperate richieste – spiega Luca Ginestrini vicedirettore di Confagricoltura Arezzo – i produttori di grano continuano ad essere oggetto di un’azione speculativa senza precedenti. Le aziende sono fortemente indebitate e minacciano lo stop delle semine- continua Ginestrini – vogliamo misure urgenti e concrete per difendere la cerealicoltura italiana. Rivendichiamo il giusto valore al prodotto Made in Italy e la valorizzazione delle filiere virtuose e della loro completa tracciabilità”
Si richiede quindi la tracciabilità del grano duro italiano, dal campo allo scaffale, ma i pastifici non approvano anche se potrebbero produrre proprie linee di pasta con grano duro “100% Italiano” se tale prodotto fosse poi adeguatamente valorizzato dalla Gdo.
Dai dati Istat e Confagricoltura, l’Italia produce mediamente 4 milioni di tonnellate di grano duro, con un consumo interno di 3 milioni di tonnellate ma ne importiamo 2,5 milioni di tonnellate. L’export, di granella e prodotti trasformati come la pasta, ha un volume di 3,5 milioni di tonnellate. Per quanto riguarda il grano tenero, l’Italia ha una produzione di 3 milioni di tonnellate per un consumo 7,3 milioni di tonnellate. Le importazioni pesano per 4,5 milioni di tonnellate, poco l’export 200mila tonnellate.
Dai dati, quindi, si comprende il perché della protesta. Gli accordi commerciali che ci legano ad altri paesi stanno portando alla rovina di molti coltivatori (e non solo di grano) e sembra davvero impossibile che non si possa fare “un passo indietro”. L’argomento è complesso perché affronta anche altri settori come quelli dei trasporti ed energie ma sarebbe ora che il Governo italiano cercasse di far quadrare i conti di una bilancia che pesa sempre di più sulle importazione di prodotti da paesi che sicuramente non usano i nostri sistemi di coltivazione e, soprattutto, non hanno controlli.
Al contrario dei pastifici l’industria molitoria è convinta che ci possa essere spazio per valorizzare semola e farina di grano duro “100% Italiano” e, come sostiene Confagricoltura, crede che la valorizzazione dell’origine del grano duro, come ingrediente primario della pasta, sia un’esigenza largamente condivisa dalla componente agricola della filiera.
Come si può invertire la tendenza? Facendo “cultura” al consumatore, in maniera capillare per spiegare ogni passaggio e fare in modo che sullo scaffale cerchi solo grano duro italiano certificato.
Roberta Capanni
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