Sociologi, storici e statistici, amano classificare le generazioni, assimilando con denominazioni i gruppi di persone cresciute entro uno stesso ‘clima’ culturale, a prescindere dall’età anagrafica, cosicché ci propinano classi di generazioni definite BABY BOOMERS, MILLENNIALS, X, Y, Z.
Parte Prima: Baby Boomers e Generazione X
Un Baby Boomer sarebbe una persona nata tra il 1945 e il 1964, figlio del boom delle nascite del dopoguerra, e figlio del boom economico degli anni 1950-60, che oggi, nel 2019-2020, avrebbe tra i 75 e i 55 anni. Cosa potrebbe gradire sulla mensa?
Interrogati riguardo ai ricordi d’infanzia, per la maggior parte, queste persone rammentano con nostalgia principalmente gli odori e i sapori di casa, i profumi di sughi, di minestroni e di forno che si spargevano dalla cucina fin fuori dell’uscio. Continuano a prediligere le pietanze tradizionali e non poche volte sono portati a valutare criticamente il menù dei ristoranti, non sempre adattandosi alle novità culinarie della moda e della creatività degli chef. Eppure, non disdegnano di assaggiare, di quando in quando, le vecchie ricette oggi rivisitate da vari giovani cuochi alla riscoperta dei sapori locali, regionali. La pizzeria risulta di gran lunga l’ambiente preferito.
Questa generazione ha vissuti i tempi d’oro dei cocktail e delle cene in casa tra amici, con vini accuratamente scelti in abbinamento ad ogni pietanza per fare bella figura con gli ospiti, in accoglienti serate, ove si passavano ore a fare buona conversazione fino a tarda notte degustando liquori e vini d’eccellenza.
Segue la Generazione X, i nati tra il 1965 ed il 1980 (un’età che si ferma agli odierni 39enni). X sarebbe un termine generato in ambiente letterario angloamericano per connotare la dimensione incerta di tanti giovani, i quali si sentivano stretti nelle periferie, emarginati insoddisfatti, sbandati. X perché proiettati in una Storia che comincia a perdere i valori etici, morali, religiosi e ne acquisisce altri, dove domina la tecnologia, il business, l’arrivismo, l’individualismo. Tale generazione si trova investita in pieno dal progresso.
Almeno da noi, in Italia, la generazione X ha goduto del benessere economico dei genitori, delle libertà sociali a tutti i livelli, delle massime tutele per la parità di genere nelle professioni. Salvo eccezioni, hanno un impiego, uno stipendio garantito, possono permettersi ogni tipo di comodità, anche in fatto di cibo. Tuttavia, questi X generalmente si sono evoluti aiutando nelle faccende di casa fin da piccoli, anche e direi specie i maschietti, le madri emancipatesi nelle carriere lavorative, o vivendo spesso accuditi dalle nonne, ed hanno imparato a cucinare. Non per niente molti famosi chef di oggi ammettono l’origine casalinga della loro passione. E allora, questi nati tra il 1965 ed il 1980, cosa potrebbero preferire in fatto di cibo?
Supermercati, ipermercati, megastore offrono più roba dei singoli negozi, in una sola sortita si porta a casa la spesa di un’intera settimana. Si acquistano con avidità prodotti alimentari freschi in confezione famiglia, verdure e pesci congelati pronti, c’è ampia scelta di sughi e condimenti in vasetto, risotti in busta che basta seguire le istruzioni per renderli appetibili e varietà di pasta surgelata già condita da spadellare, e inoltre scaffali di bottiglie di vino di ogni regione italiana. Si riempiono i frigoriferi casalinghi e, quando si invitano amici a cena, la padrona di casa che si è adoperata ai fornelli spera che nessuno chieda la ricetta della pietanza.
È anche la generazione che vede i mariti (la loro specialità i fritti e le salse) spodestare le mogli dalla cucina, le quali poi impiegheranno ore a dar di gomito per ripulire.
Ad ogni modo, questa generazione X ancora crede al cibo quale strumento di convivialità.
Comincia, invece, a tramontare l’usanza degli aperitivi e dei digestivi, sia per ragioni anagrafiche e di salute degli invitati sia a causa della legislazione sui tassi alcolici dei guidatori.
Maura Sacher
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