Garganega, Trebbiano di Soave e Brepona
Garganega, Trebbiano di Soave e Brepona sono i tre vitigni storici con i quali da sempre si realizza il mitico Recioto di Soave prima DOCG riconosciuta nella Regione Veneto.
La Garganega è sicuramente il vitigno più importante ed identitario, si tratta di una varietà strategica nel panorama ampelografico italiano essendo genitore di tantissimi altri vitigni.
Nelle colline del Soave ha trovato il suo ambiente ideale per esprimere tutta la sua unicità.
Il Trebbiano di Soave, è un vitigno più precoce e raro e con la sua sapidità completa la forza ed il carattere della Garganega.
Quello che non tutti sanno è che queste terre fortunate sono anche la culla di un terzo vitigno recentemente scoperto da GRASPO ed iscritto al Registro Nazionale ed oggi pronto a riprendere il suo ruolo strategico all’ombra del Castello Scaligero.
Un vitigno che si chiama Brepona custodito e preservato da Antonio Tebaldi viticoltore in Soave che ha sempre avuto una particolare costanza e una lungimirante sensibilità per la conservazione ed il recupero del patrimonio viticolo originario di questo territorio.
Nei suoi vigneti troviamo infatti numerosi vitigni oggi del tutto dimenticati se non praticamente estinti, ma tra Marcobona, Rabiosa, Cavrara, Rossa Burgan il suo vitigno del cuore è sempre stata una singolare varietà a bacca bianca da lui chiamata Brepon o Brepona.
É un vitigno la cui coltivazione è ampiamente segnalata negli areali tradizionali Veronesi anche da una copiosa bibliografia storica. In particolare era noto nel passato anche con il nome di Breppon, Brepon Molinara o Molinara bianca.
Per tanto tempo si è creduto infatti che questo vitigno non fosse altro che una mutazione spontanea della Molinara.
In effetti, possono essere riscontrate delle analogie ampelografiche tra queste due varietà, sia per la dimensione del grappolo, sia per gli acini che si presentano molto spargoli ma soprattutto per l’evidente pruina che le caratterizza.
Ma ciò che più le lega è che entrambe, per la loro particolare esuberanza vegetativa, sono utilizzate nelle testate dei filari per ottimizzare al meglio la copertura totale del terreno.
Un vitigno sicuramente storico, in particolare del territorio soavese e delle vallate limitrofe del Tramigna e di Illasi dove spesso era confuso anche con le tante espressioni della Garganega e che, come il Trebbiano di Soave, ne ha sofferto le particolari performance produttive rimanendo per tanto tempo un pò in ombra.
Il suo nome è sicuramente da ricondurre al termine dialettale “Brepa” cioè Pruina caratteristica che contraddistingue questa varietà. Sono Dalmasso, Cosmo e Dell’Olio ne ”I vini pregiati della provincia di Verona” edito dalla Stazione Sperimentale di Viticoltura ed Enologia di Conegliano nel 1939, grazie alle tante testimonianze bibliografiche riportate, a testimoniare come nell’ambito della varietà Molinara si sono nei diversi areali della provincia potuti identificare anche vitigni di diverso colore ma molto similari come comportamento.
Confermano che il nome le deriva dalla caratteristica pruinosita’ della buccia che fa apparire gli acini come infarinati.
Antonio Tebaldi ricorda quanto richiesto dai mediatori per conto della prestigiosa azienda Bolla che richiedeva tra i vitigni preferenziali per il Bianco Soave, nel secondo dopoguerra, oltre che la tradizionale Garganega, la sapida Turbiana (oggi Trebbiano di Soave) e la speziata Brepona.
Corrado Piacentini storico direttore e poi presidente della Cantina Sociale di Soave la chiamava invece Breppon bianco.
Testimonianza che alla luce delle vinificazioni realizzate in purezza ed in blend negli ultimi anni confermano la lungimiranza di queste specifiche richieste.
Le caratteristiche colturali evidenziate nelle stagioni in osservazione denotano una notevole vigoria che richiede sistemi di allevamento espansi come la pergola veronese. La produzione è importante e significativamente costante.
Possiamo inoltre ipotizzare vista la consistenza delle bucce e del grappolo allungato anche una buona predisposizione per l’appassimento. Tutte le fasi vegetative sembrano essere comunque sensibilmente in ritardo anche rispetto alla stessa Garganega.
Il vino è giallo paglierino che vira però al verde denotando nel tempo anche una predisposizione a lunghi affinamenti.
Al naso inizialmente non mostra note preminenti ma lasciato nel calice qualche minuto, si apre lentamente in note balsamiche con sentori di salvia e rosmarino.
Al gusto è ampio rotondo con una buona struttura che si allarga donando tutta la sua sapidità inusuale per un bianco non aromatico, con finale di mandorla e di mela matura.
Il viaggio continua……
Aldo Lorenzoni e Luigino Bertolazzi
Foto di Gianmarco Guarise
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