Quale è il problema? Non esiste forse un codice di comportamento di valore universale tramandato da millenni in tutte le civiltà del globo per regolamentare la condotta dei cittadini, a cui si devono conformare anche i “forestieri” (oggi in veste di turista)?
Perché contestare le regole emanate dagli amministrazioni locali, sia nelle grandi città d’arte, da Roma a Firenze a Venezia, sia nelle località prettamente turistiche? Perché il comportamento del turista mordi e fuggi deve rovinarne il decoro?
Tra i principi del Galateo del turista: vietato sedersi con i piedi a mollo nell’acqua delle fontane, e a Venezia tuffarsi nei canali, fare pic-nic sui gradini di Palazzi e Chiese, sdraiarsi a prendere il sole sugli stessi (tantomeno a torso nudo, per i maschi, o in reggiseno, per le femmine) o in altre aree cittadine, compresi i giardinetti, bivaccando e abbandonano rifiuti ovunque.
Persino nelle località marine è vietato girare per le strade del centro in abbigliamento balneare, o entrare nei locali pubblici. Da anni le amministrazioni locali emanano prescrizioni a cui deve attenersi il turista. Cosa c’è di male?
Non ci sono forse cartelli ben visibili davanti ai Musei con le figure di abbigliamenti e comportamenti proibiti per accedervi?
E finalmente anche a scuola dei dirigenti hanno emanato circolari sul corretto abbigliamento, vietando short e canotte in classe. Ogni luogo merita il suo rispetto, se ne facciano una ragione gli anarchici e quelli che non hanno ricevuto un’educazione dalla loro famiglia.
Idem per gli impiegati di uffici pubblici e specie nei settori aperti al pubblico. L’abbigliamento del dipendente rispecchia l’immagine dell’azienda.
Non si può vivere in una comunità civile senza rispettare le regole, e ben vengano le sanzioni deliberate dalle Amministrazioni Comunali. Chi giornalisticamente le contesta è per partito preso (e si sono mosse amministrazioni di colore trasversale) o solo un pretesto per fomentare dissidenze nell’opinione pubblica.
Maura Sacher
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