A Visnà di Vazzola, nel Trevigiano, undici grandi distillerie di Grappa si sono radunate in un summit focalizzato sull’analisi del passato per guardare al futuro ed analizzare come tracciare il mercato di questo distillato.
All’incontro c’erano le distillerie Castagner, Bertagnolli, Bonollo Umberto, Branca, Casoni, Franciacorta, Marzadro, Nardini, Segnana, Stock Italia e Zanin, rappresentanti il 70% del mercato della Grappa.
La Grappa è il distillato simbolo per gli Italiani e, secondo le ricerche di mercato, oggi amata anche dalle donne e dalle generazioni più giovani. In Italia circa 8 milioni di persone ne bevono due bottiglie all’anno, sei volte su dieci in casa.
È emerso che il consumo in termini assoluti segna un calo: nel 1974 era di 39 milioni di litri, nel 1999 21 milioni, saliti a 30 nel 2008 e scesi ad oggi a 23.
I dati del mercato, tuttavia, sono soddisfacenti sull’export. All’estero la Grappa sta crescendo, soprattutto nel mercato tedesco che oggi vale il 70 % di tutto l’export, meno bene invece la crescita nel mercato USA ed Asia.
Le distillerie italiane hanno spesso carattere famigliare o comunque sono piccole imprese, che faticano a competere sul mercato interno e mondiale dei distillati. Per creare nuove tendenze oggi, nel mondo, servono grandi risorse finanziare di cui oggi nessun singolo produttore dispone, mentre un gruppo coeso, di tante aziende insieme, forse può raggiungere l’obiettivo.
I grappaioli riuniti nel summit auspicano il 2018 come l’anno della svolta per un progetto che dia alla Grappa un’immagine univoca, sempre più strettamente legata al Made in Italy.
La sfida per il futuro decisa tra gli undici produttori, dopo avere ascoltato l’analisi degli ospiti intervenuti alla discussione, è espressa in questa considerazione: «In un mercato dove si beve sempre meno grappa bianca e dove il trend di consumo è orientato verso le invecchiate e le barricate, si rende necessario trovare una via per far conoscere il distillato di vinacce nel mondo attraverso due linee guida: la prima è il suo utilizzo da parte dei bartender di fama, la seconda è elevare gli standard qualitativi dei prodotti monovitigno e delle produzioni di nicchia invecchiate per anni in botte».
Inoltre, le prospettive per il futuro dovrebbero ispirarsi a Cognac, Rum e Whisky, con prodotti ‘premium’, cosiddetti “brown spirits”, cosicché la Grappa bianca dovrebbe entrare nel mercato dei cocktail «perché il futuro è nei miscelati».
Come a dire che la Grappa italiana in sé stessa viene apprezzata poco o niente mentre si fa valere mischiata a qualcosa d’altro.
Maura Sacher
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