Quando i veri prodotti del territorio entrano nella cucina di un ristorante trasformati dall’arte di un grande chef ogni piatto diventa un percorso dove gusto e storia si uniscono esaltandosi a vicenda. Con la storia si entra subito a contatto anche visivamente accedendo al ristorante La Limonaia di Villa Rospigliosi a Prato: i cipressi del maestoso viale di ingresso “ti balzano incontro”, un invito verso un luogo che l’illuminazione notturna rende ancora più magico.
Ci si sente subito a casa alla Limonaia di Villa Rospigliosi: ambiente dalle calde luci ben sistemate, elegante cordialità, meditativo potremmo azzardare, un luogo dove comprendi subito che potrai amabilmente parlare con gli altri commensali senza doverti sforzarti per capire cosa dicono mentre ti gusti la cucina dello chef Claudio Vicenzo.
Sono arrivata alla Limonaia per una degustazione di prodotti del territorio, gli stessi che la cucina utilizza tutti i giorni. E non è cosa da poco di questi tempi. Maria Paola ci accoglie con discrezione e mentre attendiamo l’arrivo degli altri ospiti abbiamo modo di conoscere i produttori che questa sera si presentano a noi: l’azienda il Poggiolino di Montemurlo, Fabrizio Pratesi vini, il consorzio Granprato e il Mulino Bardazzi.
Grandi prodotti per produttori attenti e consapevoli, che si impegnano ogni giorno per immettere sul mercato genuinità. Di alcuni ho avuto modo di apprezzare lavoro e prodotti, gli altri sono una scoperta.
La nostra degustazione inizia insieme ad una piacevole compagnia di colleghi, che come noi di Egnews cercano di raccontare al meglio quello che il territorio produce, cercando di instillare un po’ di cultura enogastronomica in chi vede nell’acquisto al supermercato il solo mezzo possibile per la propria dispensa.
Viene servito il Barco Reale di Carmignano mentre in tavola arriva del pane, di ogni foggia e colore, fatto con farina Granprato, l’associazione pratese che riunisce i produttori della piana e li lega ad un preciso disciplinare di coltivazione. Di Granprato e del Mulino Bardazzi abbiamo già parlato molto anche da questo giornale perché è una realtà interessante che porta alla produzione di farine di qualità, realmente a km zero, e si attiva in una serie di eventi atti a far conoscere le qualità del grano e quindi anche del perché dell’aumento delle intolleranze al glutine. Marco Bardazzi, attivissimo mugnaio, porta avanti non una lavoro ma una missione, diffondendo la conoscenza in ogni luogo possibile.
Due piccoli panini ripieni di prodotti dell’azienda il Poggiolino aprono le danze: i salumi sono gustosi ma leggeri perché non sono salumi comuni ma di Suino Macchiaiolo Maremmano. Scopro così una razza di suino che non conoscevo, un maiale nero che fino a pochi anni fa si credeva estinto. La Macchiaiola è una razza rustica, adatta al pascolo e allevata allo stato semibrado che si nutre dei prodotti del sottobosco, frutta e verdura. Le sue carni, ci spiegano, sono più leggere e, in particolare il grasso, ha un contenuto di Omega 6 mai riscontrato nella carne suino. Ad allevare il , razza Bio del Territorio Toscano, sono solo due aziende che portano avanti il progetto Europe del recupero della razza insieme all’Università di Firenze, una di queste è il Poggiolino di Montemurlo.
E che questo suino possa fare la differenza lo dimostrano i salumi che l’azienda Il Poggiolino lavora seguendo un’antica ricetta toscana in uso fino al 1800: assenza di pepe (un tempo troppo costoso) e profumi mediterranei come aglio, origano, timo, salvia, rosmarino, finocchio, alloro e bacche di ginepro.
Il secondo piatto abbina la fantasia dello chef ai prodotti poveri della macellazione , con la creazione di una morbida mattonella di bollito da servire fredda in abbinamento a verdure coloratissime anche inusuali come le carote viola, cioè le comuni carote prima della creazione dell’ibrido arancione. Bontà ed effetto cromatico vanno di pari passo.
Con tempi perfetti e servizio impeccabile ci viene servito un primo piatto che difficilmente dimenticheremo: tortellini di prato ovvero pasta fatta a mano con farina Granprato, ripieno di mortadella del Poggiolino adagiati su di una crema di Parmigiano reggiano stagionato 24 mesi, con pistacchi per la parte croccante e rosse gocce di Alchermes per il giusto effetto cromatico.
Il Carmignano DOCG ci accompagna verso il Subbio di coniglio (in ricordo della tradizione tessile della città di Prato) ripieno di verdure con pasta fillo altamente decorativa e patate cotte nello stesso vino. Chiusura all’altezza delle aspettative, visto che Claudio Vicenzo ci ha portato in un crescendo per tutta la serata: Semolino chiboust, delizia al cioccolato del Perù, con una base di farina di castagne della Valle del Bisenzio, semolino e ricotta del territorio, gelatina di arancia e copertura Chiboust su crema al rosmarino. L’ultima parola al Vino Chinato Canaiolo dell’Azienda ag. Tiberio di Nocentini .
In chiusura c’è da aggiungere che non è facile trovare bellezza, estrema qualità e competenza riunite in un solo locale e c’è ha essere “invidiosi” dei pratesi che hanno a portata di mano tutto questo. I nostri complimenti a tutto lo staff.
Roberta Capanni
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