Quando si parla di valorizzazione di vitigni autoctoni nel Lazio, certamente menzionare la Cooperativa Agricola Cincinnato di Cori (LT) è quasi d’obbligo. Con i suoi quasi 80 anni è tra le realtà più importanti nel suo genere, con un centinaio di soci, 550 ettari tra vigna e ulivi, e la storia delle sue scelte che è da esempio per quella viticoltura italiana che si prefigge di salvaguardare i valori del territorio.
Lo rappresenta già nel nome Cincinnato richiamandosi al console romano del V secolo a.c. Lucio Quinzio Cincinnato, che alla ribalta delle sue gloriose gesta belliche preferì il ritorno alla cura della terra, diventando così un simbolo della valorizzazione del territorio. Un’aderenza culturale che in campo vitivinicolo prende la forma del progetto di valorizzazione dei vitigni autoctoni quali Bellone e Nero Buono, fatta coraggiosamente invece di ricorrere ai vitigni internazionali.
Un progetto nato intorno al 2000 e che ogni anno segna una progressione qualitativa, come hanno potuto apprezzare quanti sono intervenuti nella calda giornata di metà giugno organizzata dal presidente della Cincinnato, Nazzareno Mìlita e da Giovanna Trisorio responsabile marketing e comunicazione dell’azienda, per stampa ed addetti ai lavori.
In degustazione le verticali di Enyo Doc, Bellone in purezza e del suo cugino spumantizzato Korì metodo Classico Brut Millesimato, condotte brillantemente dal giornalista Fabio Turchetti che insieme al Presidente della cooperativa in forma interattiva con la platea, hanno ripercorso le scelte tecniche, produttive e gli stili di vinificazione delle due produzioni, dalla loro genesi fino ad oggi. Le potenzialità del Bellone sono certe, acidità fisse elevate in primis, fondamentali nella produzione spumantistica già tentata in metodo Martinotti dalla cooperativa verso la fine degli anni ’90.
E si parte dallo spumante, per la cui produzione del Metodo Classico Korì Brut, si selezionano circa 40 vigneti tra quelli che per caratteristiche si pensano più adatti, e che poi vengono monitorati giorno per giorno. Lo sforzo dei vignaioli per portare in cantina uve perfette e idonee alla spumantizzazione è maggiore, per questo le uve hanno un valore economico superiore alle altre.
Ad aprire la degustazione è Korì Brut M.C. 2015 (sbocc. 06/2019), che omaggia con il nome la cittadina di Cori, inaugurando l’avventura nel metodo classico di Cincinnato, con una produzione quasi di studio per verificare la reazione del vitigno a questo tipo di spumantizzazione. Ne risulta uno spumante abbastanza impostato e solido ma già con buona freschezza note vegetali e sapidità. Un ottimo esperienza di partenza che sarà messa a frutto nelle produzioni successive.
Già il Korì Brut M.C. 2016 (sbocc. 11/2022) ottenuto anticipando leggermente la raccolta, risulta più dinamico migliorando in freschezza e con un profilo olfattivo più snello. Lo studio e la conoscenza del vitigno continuano e con il Korì Brut M.C. 2017 (sbocc. 05/2023) si tende anche ad intervenire sul liquer d’expedition, modificandolo e riducendolo al massimo per non coprire e contaminare l’impronta aromatica del bellone, lasciando così più spazio all’evoluzione delle componenti olfattive floreali.
Contemporaneamente negli anni si punta tendenzialmente ad anticipare le raccolta per aumentare la spalla acida. Il Korì Brut M.C. 2018 (sbocc. 12/2023) fa un po’ storia a se in quanto annata climaticamente difficile, con piogge ad agosto e conseguente vendemmia faticosa per contrastare muffe e umidità.
Però viste le difficoltà si ottiene un buon risultato, dove emergono le note floreali, di buona freschezza e sapidità, forse il più lineare e con meno personalità tra le annate prodotte. Il Korì Brut M.C. 2019 (sbocc. 01/2024) dimostra che la strada intrapresa è quella giusta, ancora con vendemmia anticipata intorno alla metà di agosto, il vitigno si esprime al meglio ed è il protagonista liberando tutta la sua personalità, la componente fruttata è più in evidenza e dimostra tutto lo sforzo fatto lungo il percorso nell’interpretazione del vitigno.
L’ultima annata in degustazione è il Korì Brut M.C. 2020 (sbocc. 03/2024) che prosegue sulla scia del precedente lasciando sempre più spazio al varietale. Un’esperienza decisamente riuscita quella del metodo classico, che a partire dal 2016 ha spinto la cooperativa a produrre anche la versione Pas Dosè.
Per la vinificazione ferma del Bellone con Enyo, la degustazione è partita dalla 2017 primo anno di produzione. L’intenzione era quella di creare una versione di Bellone di maggiore complessità e struttura, e per farlo si è puntato su uve leggermente surmature, macerazioni sulle bucce e lunghe soste sulle fecce fini, elementi che si pensava potessero aggiungere complessità al vino ma che invece ne nascondevano le migliori prerogative.
La 2017 è risultata già buona ma, analogamente a quanto avvenuto per il Metodo Classico, un percorso di attento studio tra un’annata e l’altra ha permesso di migliorarlo nel tempo, operando per semplificare togliendo sempre più elementi, per arrivare a liberare le caratteristiche varietali proprie del Bellone. Nelle ultime due annate la fermentazione malolattica completamente svolta ha contribuito ad aumentare la morbidezza del vino per un maggior equilibrio complessivo del vino.
Interessante anche l’annata 2022 in cui sono state fatte due vinificazioni separate, una di uve raccolte anticipatamente e l’altra di uve a completa maturazione per poi assemblarle raggiungendo un profilo organolettico finale che su una base di grande freschezza sviluppa tutta l’evoluzione dei toni fruttati.
Due belle verticali che lasciano la piacevole sensazione di crescita della viticoltura laziale, non più improvvisata ma attenta allo sviluppo delle caratteristiche dei propri vitigni e ad esplorarne il potenziale, creando vini che rendono orgogliosi di proporli sulla propria tavola e nella ristorazione senza più complessi di inferiorità per i soliti noti.
Bruno Fulco
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