C’è una festa, e si festeggia con lo champagne. Un Brindisi? Champagne! E per regalo? Sempre champagne! Poi vai ad indagare ed una buona metà di questi, soprattutto all’estero, classifica come champagne tutto ciò che ha le bolle. Addirittura in occasione di un matrimonio in Irlanda, la sposa, orgogliosa, mi annunciò che si sarebbe brindato con champagne, salvo poi scoprire che si trattava di Prosecco… con tappo a vite…
Ma se non é tutto oro quel che luccica, non tutte le bollicine francesi sono Champagne. Tale si può chiamare solo lo spumante prodotto nell’omonima regione, a nord-est di Parigi, intorno a Épernay. Tutto il resto è Crémant. E qui cominciamo a complicarci la vita. Perché oltre ad essere un termine generico, usato fino all’agosto del 1994 con valenza di “champagne elaborati in modo da sviluppare meno anidride carbonica, quindi con una spuma più delicata” é divenuto poi il termine per identificare un vino spumante prodotto in Francia con metodo classico. Salvo poi alcune delibere con cui la UE ne ha regolamentato l’uso, consentendolo anche nei paesi membri dell’Unione. Un termine usato in passato anche in Italia, oggi da noi sostituito con il termine Satèn.
Ma restiamo in Francia: qui le varie tipologie assumono di volta in volta i nomi delle regioni in cui storicamente vengono prodotti, con ben otto AOC di Crémant e un unico comune denominatore: il tempo minimo di nove mesi di sosta sui lieviti per la rifermentazione in bottiglia
Il più rappresentativo é forse il «Crémant d’Alsace». In un clima fresco e umido, l’ideale per questa tipologia di vini, nasce generalmente da più vitigni, e con rese per ettaro molto generose. Un vino fresco, delicato e leggero.
Il più storico, e anche il più vicino come zona della Champagne é il «Crémant de Bourgogne». Va da sé che i vitigni base siano principalmente Pinot nero e lo Chardonnay. Una tipologia a cui le locali cantine cooperative credono fortemente, spingendone le vendite e sostenendo un trend già da anni positivo. Viene prodotto nelle tipologie Eminent (almeno 24 mesi sui lieviti) e Grand Eminent con standard più rigidi che vanno dai 36 mesi minimi sui lieviti, all’uso esclusivo di Pinot Nero e Chardonnay salvo un 20% di Gamay per il rose, insieme altri rigidi dettami tecnici di produzione.
Il «Crémant de Bordeaux», dati i vitigni locali, Merlot, Cabernet sauvignon e Cabernet franc, è prevalentemente rosato. Si tratta comunque di una produzione di bottiglie limitata.
Il «Crémant du Jura» è, in ordine di tempo, la penultima AOC; un territorio marnoso, a ridosso delle Alpi, con produzioni piccolissime, con protagonisti il Pinot bianco e lo Chardonnay, chiamato localmente Melon d’Arbois o Gamay blanc.
Nella produzione del «Crémant de Limoux» in Languedoc, nel sud-ovest della Francia, viene spesso usato il metodo ancestrale, con il mosto parzialmente fermentato messo in bottiglia con la luna vecchia di marzo, per limitarne l’effervescenza. Dopo un anno di stoccaggio in cantine molto fredde viene travasato in bottiglie pulite. Viene prodotto solamente bianco dal vitigno Blanquette.
Per il «Crémant de Loire» é lo Chenin Blanc che viene fatto sostare almeno dodici mesi sui lieviti in cave di tufo umide e buie usate in passato per estrarre il materiale di costruzione delle grandi città francesi ed oggi divenute grandi cantine di stoccaggio.
Il «Crémant de Die», prodotto dai vigneti della Valle della Rhône è ottenuto soprattutto dal vitigno Clairette Blanche; un vino facile e immediato, fresco e floreale.
L’ultima denominazione è quella della Savoia, nata solo nel 2014, nonostante una tradizione di vini effervescente lontana nel tempo. Aligoté e Mondeuse i principali vitigni per almeno dodici mesi sui lieviti.
Non francese ma degno di nota il Crémant del Lussemburgo, detto «Crémant de Luxembourg» ottenuto dalla spumantizzazione di Pinot Blanc, Riesling, Chardonnay, Pinot Noir e Pinot Gris.
Ora non resta che passare dalla teoria alla pratica, provarli tutti e decidere quale sia il vostro preferito.
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