C’è opposizione alle richieste di abbassamento dell’umidità della soia, se ne discute da un anno e ancora un ‘No’ viene da Confagricoltura.
A seguito del recente incontro svoltosi a Bologna tra le Organizzazioni professionali agricole, le Associazioni degli stoccatori e dell’industria olearia e le Granarie per valutare la possibilità di modificare il Contratto n.132, in vigore dal 1991, diminuendo di un punto il parametro della percentuale di umidità della soia al momento della consegna, Confagricoltura ribadisce che non ci sta.
Infatti, già dall’anno scorso, nel pieno di una campagna di raccolta di poca soddisfazione, Assitol, Aires e Compag hanno chiesto di modificare il Contratto, abbassando l’umidità della soia al 13%, giustificando tale richiesta dalla difficoltà di conservazione della granella umida al 14%.
Secondo Confagricoltura la richiesta dell’abbassamento dell’umidità comporterebbe per i produttori un costo di svariati euro alla tonnellata. C’è anche un aggravio di impurità che viene riconsiderata e quindi il costo complessivo comporterà un aumento di costi da 12,5 a 15 euro a tonnellata.
E nell’ipotesi passasse la riduzione di un punto sul conferimento e vendita della soia, gli allevatori sarebbero legittimati a chiedere l’abbassamento di un punto sulla farina di soia impiegata come nutrimento degli animali.
I rappresentanti di Confagricoltura delle due regioni più importanti per la produzione della soia, Veneto e Friuli Venezia Giulia, affermano all’unisono che è inaccettabile si pretenda di cambiare le regole con prese di posizione unilaterali.
Oltretutto a campagna di raccolta in corso. Il confronto per cambiare il contratto di riferimento deve avvenire nel periodo invernale, prima che gli agricoltori programmino le semine, e deve comprendere una condivisione sulla certificazione dei sistemi di misurazione dell’umidità.
Il Contratto n.132 prevede la facoltà di diversa pattuizione tra le parti e permetterebbe di derogare ai parametri di riferimento, ma Confagricoltura non è d’accordo. Le altre ragioni sono molto tecniche, e le contestazioni si levano da più parti.
La coltura di soia non deve essere, però, penalizzata nei costi di produzione e il prodotto italiano deve essere valorizzato sul mercato interno con accordi equi che coinvolgano l’intera filiera, sostengono.
Maura Sacher
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