Queste bollicine d’autore nascono da un desiderio a lungo cullato dall’ing. Alvise Spagnolli e dal papà prof. Francesco ai piedi del Monte Bondone sulle terrazze vitate di un antico borgo ribattezzato da Veronelli “La piccola Epernay del Trentino”.
“Era già l’ora che volge il disìo ai naviganti e ‘ntenerisce il core”…
Non poteva che ispirarsi a Dante (VIII Canto del Purgatorio) vista la concomitanza con i 700 anni della morte del Sommo Poeta, l’etichetta scelta dall’ing.
Alvise Spagnolli e dall’illustre padre, il prof. Francesco Spagnolli, preside emerito dell’Istituto Agrario di San Michele all’Adige, nonché cultore di Dante (cita a memoria interi passi della Divina Com
media) per festeggiare il battesimo del Trentodoc Blanc de Noirs Riserva 2016, il gioiello di famiglia dal nome evocativo “Disìo”.
Un desiderio a lungo cullato da Alvise (laurea in ingegneria meccanica con la passione per le vigne del nonno nel cuore) tra nostalgia del passato, emozione di un presente contrassegnato dalla pandemia e speranza per il futuro.
Queste bollicine d’autore, frutto delle fatiche di tre generazioni di vignaioli, nascono sulle terrazze vitate di quell’antico borgo del Trentino abbarbicato sui pendii sud-orientali del Monte Bondone: Cimone, località che Luigi Veronelli ribattezzò “La piccola Epernay del Trentino”.
Ce lo ricorda una targa dedicata al Maestro di tutti noi giornalisti e critici enogastronomici che 40 anni fa aveva avuto quella felice intuizione (la foto ritrae il prof. Francesco Spagnolli con il figlio Alvise e Gian Arturo Rota, custode dell’immenso Archivio Veronelli davanti alla targa).
Quaranta e più anni fa, dicevo. Proprio così: Veronelli, poeta del vino, della terra e del cibo, ambasciatore ante litteram del made in Italy prima, molto prima di Slow Food, del Gambero Rosso e di Oscar Farinetti (Eataly), era infatti solito trascorrere un breve periodo di vacanza in Trentino ed in una di queste occasioni, di ritorno dal lago di Cei, all’altezza di Cimone, osservò alcuni terrazzamenti con i muretti a secco abbandonati, ridotti a degli sgrebeni» (termine dialettale trentino) e rivolto al prof. Francesco Spagnolli esclamò: «Francesco, rimboccati le maniche perché questi luoghi potrebbero diventare la Champagne d’Italia e Cimone la piccola Epernay del Trentino».
Il suggerimento del Vate del giornalismo enogastronomico italiano fece scoccare in Francesco e nel figlio Alvise la scintilla per portare avanti con entusiasmo il progetto. Ed oggi, dopo una serie di sperimentazioni volte ad appurare l’effettiva vocazione spumantistica di quegli «sgrebeni», il sogno è diventato realtà.
Sui pendii del Bondone Francesco e Alvise hanno messo a dimora le classiche barbatelle della Champagne (Chardonnay, Pinot Noir e Meunier), hanno creato una cantina-gioiello e una baita tra i vigneti frequentatissima da amici gaudenti e impenitenti che brindano con le bollicine “eroiche” del Monte Bondone.
Bollicine metodo classico che anche la Francia ci invidia, in particolare questo Blanc de Noirs, Pinot Nero in purezza, vinificato in bianco, presentato al pubblico dei wine lover. Poco più di duemila bottiglie (2.086 per la precisione la Riserva Trentodoc Extra Brut 2016) e dieci magnum.
Dopo ripetute prove di botte e i ripetuti assaggi (anche di altre annate) confermo le impressioni tratte in occasione delle mie frequentazioni nella baita-santuario-gourmet di Cimone, numi tutelari il prof. Francesco Spagnolli, la mitica moglie Susy e il figlio Alvise.
Color paglierino brillante, perlage di rara finezza con le bollicine che danzano allegre nel calice e che ricordano gli spensierati balli sull’aia, questo Blanc de Noirs regala al primo impatto un bouquet di fragranze alpestri (dal biancospino alle mele antiche, dal muschio ai frutti di bosco) e “nuances” agrumate (bergamotto, cedro, chinotto) piacevolissime, mentre al palato è un’esplosione di freschezza e sapidità a dispetto della lunga permanenza sui lieviti e del successivo affinamento in bottiglia.
Sensazioni che accompagnano ed esaltano la struttura, possente ed elegante ad un tempo, di queste leggiadre bollicine di montagna: freschezza, sapidità, equilibrio, persistenza. Una sinfonia d’amorosi sensi. Un’emozione per il palato come i refoli di vento che scendono dalle crode del Bondone ed accarezzano l’anfiteatro vitato di questo angolo di paradiso.
Intrigante la bottiglia (una champagnotta con la gabbietta imprigionata nella ceralacca) e splendida l’etichetta a rilievo su sfondo nero con incisioni in oro che ricordano i contrafforti dapprima dolci e, salendo in quota, sempre più imponenti del Monte Bondone che dall’alto protegge amorevolmente in un abbraccio sensuale i vigneti di Cimone.
Un elegante astuccio, infine, descrive all’interno le proprietà catastali degli Spagnolli e sul frontespizio una lettera autografa di Luigi Veronelli del 26 aprile 1996: “Caro Francesco, hai avverato il nostro giovane sogno di quella vigna a Cimone… anche per questo ti sono infinitamente grato” (firmato Gino Veronelli). E a noi non resta che aggiungere il fatidico: in alto i calici. Prosit. (Giuseppe Casagrande, servizio fotografico di Luca Chistè).
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