Le mani sono le parti del nostro corpo che usiamo per qualsiasi contatto, e sono anche le più in vista quando siamo a tavola tuttavia ancora oggi non se ne sa fare buon uso.
Ne ho parlato in diversi articoli nella rubrica Galateo a Tavola, ma ora vorrei fare un altro “ripasso”, perché a mio avviso molte persone sottovalutano quanto siano importanti le norme igieniche nell’accostarci ad altri individui come alle cibarie, in questo momento come mai.
«Mani di cuoco, mani sante» così ho sentito replicare da uno dei maestri di cucina al commento ironico del conduttore televisivo quando, al momento dell’impiatto, questi ha usato le dita per far scivolare dallo stampo un tortino cremoso che rischiava di sfracellarsi a guisa di budino. Saranno anche “santi” questi strumenti di lavoro che trasfigurano un prodotto grezzo in un’opera d’arte. Epperò, noi, mentre gustiamo, non dobbiamo neanche lontanamente pensare che, durante l’accurata preparazione, più di uno in cucina ci abbia alitato sopra. Non possiamo certo pretendere che oltre ai guanti indossino anche le mascherine. Si spera solo che nessuno sia raffreddato e non debba tossire o sternutire.
D’altra parte, noi stessi ci laviamo per bene le mani, ora magari molto meglio, seguendo lo schema pubblicato a cura della nostra Sanità, una volta entrati in ristorante e/o appena rincasati, dopo esserci tolte le scarpe, così da ospiti in casa altrui possiamo chiedere di andare a lavarcele consapevoli di aver assorbito nel tragitto da casa nostra una tale quantità di microbi che se li potessimo vedere ad occhio nudo resteremmo inorriditi.
Non si tratta solo di avere le mani pulite prima di accostarci alla mensa, infatti, che dire degli altri elementari principi sanitari in caso di raffreddori, sternuti e compagnia bella?
Ai tempi in cui non esistevano fazzoletti e prima dei tovaglioli singoli, i nostri antenati adoperavano la manica della veste sia per certe funzioni sia per nettarsi la bocca.
Nelle impellenze, secondo il Galateo, i movimenti delle mani devono essere più discreti possibile, evitando di scuotere il fazzoletto per dispiegarlo come fosse uno stendardo da sventolare. Inoltre soffiarsi il naso, sternutire, tossire in pubblico, in certe culture orientali sono considerati atti disdicevoli, e anche nella nostra cultura occidentale spesso non sono considerati appropriati a persone di stile, di classe, di rango (ve la vedete la Regina Elisabetta colta da colpi di tosse o da una salve di sternuti?).
Ecco che interviene la buona creanza: gesti misurati e più invisibili possibile agli astanti della tavolata.
Sulla gestualità, sulle modalità con cui muoviamo le mani, sulla funzione che le assegniamo, e di cosa ne facciamo, con queste benedette mani a tavola, il Galateo detta consigli.
Le mani stanno ben in vista per tutta la durata del pranzo, nel nostro Galateo le mani “inoperose” (ossia quando adoperiamo una sola posata nel mangiare una pietanza o nella pausa tra una portata e l’altra) restano in vista, i polsi appoggiato sull’orlo del tavolo (gli anglosassoni le nascondono in grembo, ma noi qui dobbiamo rispettare le nostre regole).
Non si agitano le mani conversando, specie se si sta impugnando una posata, in particolare il coltello, e nel fervore non si puntano le posate in direzione dell’interlocutore: equivale ad atteggiamenti di aggressività e minaccia.
Infine, sembrerà una sciocchezza ma non si parla tenendo le mani davanti alla bocca, non solo perché questo significa che i gomiti vengono appoggiati alla tavola, cosa esecrata dal Galateo, bensì perché così facendo si impedisce agli astanti di recepire appieno le parole pronunciate. Il linguaggio del corpo valuterebbe il gesto come se si avesse timore di palesare il proprio pensiero.
Queste note sono solo una parte di ciò che il Galateo della Tavola impone riguardo alle mani, pena la qualifica di “male educati”.
donna Maura
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