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Calici senza regole

Qual è la quantità corretta di vino quando si richiede un calice al bar o al ristorante? Senza una normativa in merito l’utente rischia grandi fregature. Il buon senso dell’esercente non basta più.

 

Sarà capitato anche a voi ordinare un calice di vino al ristorante o al bar e vedersi servire una quantità inadeguata del nettare di Bacco. E la rabbia cresce pensando al prezzo pagato.

 

Credo sia un mal costume da estirpare perché si va diffondendo sempre più, specialmente nei locali dei centri storici delle grandi città. A me è capitato a Verona, in un locale nei pressi della centralissima Piazza Brà, ma poteva accadere in qualunque altra città.

 

Ho provato a sentire la Fipe (Federazione italiana pubblici esercizi), che tempestivamente mi ha informato che non esiste una normativa che definisce un minimo legale per un calice di vino, ma che ci si deve affidare al buon senso dell’esercente.

 

Ma com’è possibile? Il nostro legislatore così prolifico nell’emanare regole, ha dimenticato di stabilire la quantità minima di vino da servire nel calice!

 

Proviamo a fare qualche conto. Sbicchierando una bottiglia di vino, considerando il prezzo medio di vendita di un calice (5/6 euro), sarebbe opportuno non mescere più di 6/7 calici, in modo da servire una dose adeguata fra i 100/125 ml di vino.

 

Scendere sotto i 100 ml a calice è un raggiro ai danni dell’utente. Del resto, una bottiglia media di vino all’esercente costa fra 6/8 euro, con 6 calici a 5 euro si guadagnano 30 euro; mi sembra che possa bastare recuperare il 400 per cento dal prezzo originario pagato per la bottiglia. O no?

 

Bene farebbe la Fipe ad obbligare ristoranti e bar che servono calici di vino a indicare sul menu la quantità servita per ciascun calice, un modo corretto per evitare fregature. Purtroppo, il buon senso è diventata una merce rara e non tutti lo posseggono. In alto i calici!

 

 

Piero Rotolo

p.rotolo@egnews.it

 

 


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Piero Rotolo

Direttore Responsabile vive a Castellammare del Golfo Trapani

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