Ce ne stiamo accorgendo ogni giorno di più, il bon ton questi politici non sanno nemmeno cosa sia; d’altra parte costituiscono lo specchio della società odierna, che ha mandato in pensione i “vecchi” senza mai averli preso da esempio o guida.
Quando io avevo 40-50 anni pensavo che era ora che la classe politica si ringiovanisse, come auspicavo per la classe dirigenziale: noi quarantenni, cinquantenni di allora, avevamo fatto corsi di studi un pelino prima della rivoluzione delle riforme scolastiche ed universitarie, e ci sentivamo pronti a sostituire i “vecchi”, dopo averli affiancati per imparare i trucchi del mestiere.
Purtroppo, in questo ultimo ventennio mi sono dovuta ricredere più volte: nessuno dei neo-assunti si era mostrato un diligente allievo, quasi tutti arrivavano già tronfiamente convinti di essere possessori del sapere.
È giusto che una generazione sostituisca un’altra, tuttavia mai prima si era assistito ad una scissione così netta nei comportamenti sociali, nel lavoro amministrativo, nella partecipazione politica.
I quarantenni, cinquantenni di oggi si sentono padroni del mondo sia nei comportamenti sociali, nel lavoro amministrativo, nella partecipazione politica. Ma, e mi dispiace per loro, non hanno la base culturale né esperienziale della generazione precedente.
In politica lo si vede da come si pavoneggiano a grandi comunicatori, giacché in questo nuovo mondo è l’immagine che conta. Più la comunicazione è gridata e più il consenso pare assicurato.
Più si viene trascinati dal un vortice di insolenze e di insulti, al limite della querela, più si alzano le asticelle delle preferenze tra gli esponenti politici, specie quelli di alta visibilità, complici i cinguettii di twitter con i conseguenti rimbalzi delle chiose, i post sulle pagine personali di facebook con la caterva di commentatori in lotta tra di loro.
Insulti vari, gesti volgari, attacchi personali, allusioni sessuali e sessiste, sono di scena anche nella sacre Aule parlamentari (ormai “sacre” è un antiquato modo di intendere), con sceneggiate fatte passare per espressioni tutt’al più goliardiche, nonostante le lagnanze di chi al momento ricopre la Presidenza dell’Aula e che non manca di reagire, richiamando, espellendo, sospendendo.
Eppoi, quanta sconcezza verbale nei commenti di certo popolino, che sicuramente non conosce nemmeno il significato di “bon ton”.
Scorrendo qua e là nei social, si leggono i più disgustosi epiteti, un profondo livore, una sguaiatezza di lessico, le più oscene invettive, un marciume d’animo, che mai ci saremmo aspettati, noi della vecchia guardia, e malauguratamente proprio da quella parte di popolo che ha aderito ad un certo gruppo che una volta si vantava di essere “movimento” ed ora si vanta del cambiamento, rinnegando i principi fondativi.
Ma pazienza il cambiamento di visione politica e tutte le “girabande”, i cambi di scena e di costume. Io trovo inammissibile il linguaggio violento, fomentatore d’odio, di certa gente del loro sottobosco, senza contare i toni verbali e gestuali di certi commentatori televisivi e direttori di giornali, che non ho trovato in altri da loro accusati di essere “fomentatori d’odio” e nemmeno negli aderenti a partiti della sinistra, nemmeno a quella estrema. Almeno con quelle espressioni che attaccano le persone, offendendole sul piano personale, e non le idee.
Un tale livello di lerciume può scaturire solo da una “scadente mentalità e da una sconvolgente ignoranza” che, “unitamente ad un modo schifoso di fare opposizione” (cito espressioni beccate a caso), va solo a demerito di questi personaggi e di chi li rappresenta.
Non vi pare che un po’ di bon ton e di galateo istituzionale sia da insegnare?
Maura Sacher
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