In occasione del VINITALY si concentrano nei giorni di durata della manifestazione convegni, dati, rapporti, resoconti, ricerche, seminari e quant’altro inerenti l’universo enologico.
L’aria che tira non è quella della disfatta di Waterloo o della ritirata di Russia bensì di un moderato ottimismo dovuto in gran parte ad una buonissima partecipazione all’evento di buyers stranieri che hanno dimostrato di voler acquistare vini e distillati italiani per i loro paesi d’origine. Per l’estero quindi i bicchieri sono quantomeno pieni ed in alcuni casi stracolmi.
Ovviamente ci sono gli scontenti endemici e coloro che non diranno mai di non essere andati benissimo. Per quanto concerne i bicchieri vuoti il riferimento è appunto ai dati sui consumi di vino interni che fanno registrare un sensibile calo, anzi quasi un tracollo: siamo tornati ai livelli di consumo dei primi anni dell’Unità d’Italia con 22, 6 milioni di ettolitri, preceduti dagli USA che però hanno 303 milioni di abitanti rispetto ai nostri 60 milioni e dagli odiati – amati cugini Francesi che con 30,3 milioni di ettolitri si piazzano al primo posto con una popolazione di 65milioni di persone quindi più vicina all’Italia come numero.
Il calo dei consumi non è repentino ma progressivamente negli ultimi anni gli Italiani hanno bevuto sempre meno vino sia a causa della diffusione di nuove bevande e dalle restrizioni imposte giustamente in materia di sicurezza stradale sia a causa dell’aumento dei prezzi del vino, non da parte di tutti i produttori, ed infine dalla crisi che attanaglia i nostri consumi.
Ciò non ferma la voglia e la costanza degli imprenditori agricoli che puntano sempre più sulle tipicità dei vitigni e sulla incredibile varietà di offerte a livello di tipologia che solo Enotria Tellus come la definivano i Romani può vantare: nemmeno sommando tutte le tipologie dei principali paesi vinicoli si arriva alla molteplicità e alle sfumature dei nostri vini.
Umberto Faedi
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