Comunicazione questa sconosciuta. La maggior parte delle aziende italiane reputa che le spese di comunicazione siano “inutili” e confondono la comunicazione con la pubblicità. È questo un dato che emerge chiaramente in molti settori e la differenza si nota soprattutto se la stessa tipologia di azienda viene messa a confronto con un competitor straniero.
Come mai? Sembra incredibile ma anche le aziende poi grandi ritengono che la comunicazione della loro attività, delle procedure che portano alla creazione del loro prodotto, la storia aziendale, siano materia secondaria e quindi da destinare a “qualche amico o parente” che sa “stare” sui social. In aziende che la pensavo così ci imbattiamo ogni giorno. Molte hanno un gran potenziale ma si autolimitano, non si raccontano o, se lo fanno, lo fanno nel modo sbagliato.
Le aziende del settore agroalimentare sono tra le prime a far confusione tra comunicare il loro prodotto e la pubblicità necessaria per venderlo. Un filo sottile che non è chiaro a chi non si occupa di comunicazione.
Aziende del vino che producono migliaia di bottiglie a cui arrivano solo dopo lunga ricerca, produttori di eccellenze alimentari con siti datati e poco invitanti sono solo alcuni degli aspetti più comuni e forse meno importanti.Parole come story telling, reputation, cross medialità non “sono prese in considerazione” dalle aziende italiane.
Un primo problema è anche quello di non riuscire a comprendere che linee di prodotto diverse vanno comunicate con mezzi idonei per arrivare a far conoscere il prodotto al giusto target di riferimento. Spesso però le aziende italiane non hanno le idee chiare. Saper comunicare il proprio lavoro, la propria passione è importante come fare un buon prodotto ed è difficile ottenere buoni risultati senza dotarsi di professionisti del settore. Non basta far mettere foto sui social da tuo figlio ventenne anzi spesso è controproducente.
Abbiamo incontrato decine di imprenditori che potrebbero avere un futuro più roseo se solo capissero l’importanza che oggi ha tutto questo. Abbiamo conosciuto aziende che hanno affidato la comunicazione a chi va a vendere al dettaglio o nei supermercati, persone che si spacciano per esperti di marketing che, ovviamente, non vuol dire saper comunicare e che ogni settore ha delle sue regole da seguire, contatti diversi da sviluppare. Un caso su tutti, senza far nomi, di un’azienda che ha tutte le caratteristiche per crescere la quale ha affidato ad un venditore “esperto in marketing” il restyling aziendale (rendendo la loro immagine semplicemente obsoleta), rendendo un bel marchio illeggibile e permettendo a “questo esperto” di gestire altri settori e contatti. Così l‘invio di centinaia di confezioni di salse biologiche sono finite nella case di blogger…che però si occupano di fashion, profumi e prodotti per la cura del corpo!
Ma non solo le aziende soffrono della mani di “protagonismo” fatto in casa. Eppure gli esempi sotto gli occhi di tutti: professionisti che hanno affidato la loro comunicazione ad esperti oggi sono ritenuti tra i maggiori esperti nei loro settori di appartenenza. Cuochi, chef, baristi specializzati, artisti e altri ancora.
Siamo il paese dove, anche nel calcio, “son tutti tecnici”. Che altro si può sperare.
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