Le modificazioni genetiche che il frumento ha subito nei secoli, aumentate in modo esponenziale per stare al passo con lo sviluppo dell’industria alimentare, e quelle ‘famigerate’ “esigenze dell’utenza”, che altro non sono se non necessità di guadagno veloce e su larga scala, hanno portato ai grani moderni.
Le farine dei grani moderni sono sempre più modificate e selezionate e hanno una quantità di glutine (ossia quel complesso proteico che conferisce agli impasti viscosità, elasticità e coesione) molto più alta di quella primaria. Se si pensa che nei grani antichi la forza del glutine era circa un terzo di quella dei grani moderni, non sorprende che sempre un sempre maggior numero di persone manifestino una sensibilità al glutine, ossia problemi a livello di assorbimento intestinale che, in diverse centinaia di migliaia di casi solamente in Italia, è cronico (celiachia). Si parla di patologie autoimmunitarie, in poche parole il sistema immunitario è tanto aggredito dalle schifezze introdotte nel cibo che non ce la fa più a proteggere il nostro organismo.
Per questo oggi si stanno sempre più riscoprendo i grani antichi. Per “grani antichi” si intendono le varietà di grano rimaste genuine e autentiche come erano in origine, dove la frazione della proteina chiamata ‘gliadina’ non ha subito alcuna modificazione da parte dell’uomo. È ora noto che i grani antichi mantengono un rapporto più equilibrato tra presenza di amido e presenza di glutine. Sono più digeribili e assimilabili.
Anche la Federazione Italiana Cuochi ha preso posizione.
«I grani antichi – secondo Domenico Privitera, presidente Fic Regione Sicilia – stanno vivendo una nuova primavera, grazie alle caratteristiche e alle proprietà nutrizionali che li differenziano. Tuttavia, un prodotto preparato con farina integrale derivata da grani antichi come i nostri, quelli siciliani, non solo è più salutare, ma riprende una tradizione che è radicata nella nostra terra e nei nostri ricordi».
Sostiene Fabio Tacchella, consigliere Fic Promotion: «È importante riscoprire i grani antichi, fanno parte della nostra tradizione, in Italia ve ne sono diverse varietà, che in molti casi sono andate perse. Recuperarle significa conoscerle, prediligerle magari ad altri grani coltivati all’estero, dei quali molto spesso non sappiamo nulla, dai metodi di coltivazione ai controlli effettuati».
Le coltivazioni dei grani antichi derivano il più delle volte da piccole produzioni agricole, curate con convinzione e passione. Scegliendo il grano antico si sostengono le piccole produzioni ecocompatibili nel nostro paese e non l’agroindustria dei grandi gruppi soggetti alle multinazionali.
Anche in Sicilia, come in altre zone della Penisola, i grani antichi sono tornati nei campi. Ufficialmente sono solo 500 ettari, ma c’è chi parla di 3.000. I contadini che stanno passando al biologico e al recupero delle sementi locali crescono di anno in anno, si associano, mettono in piedi filiere alimentari e fanno cultura, oltre che coltura (come scritto nell’articolo http://www.repubblica.it/ambiente/2016/04/28/news/la_rivoluzione_dei_contadini_siciliani_3_000_ettari_di_grani_antichi_contro_le_multinazionali-138634847/)
Maura Sacher
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