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Alghero ed i gusti della Sardegna

Una Alghero, conosciuta come la Barcellona sarda, tutta vestita di rosa, quello dei campioni senza tempo ha accolto la tappa inaugurale del centesimo Giro d’Italia, ma anche qualche giorno prima il congresso enogastronomico Una Marina de vì. Proprio questa prima edizione del congresso mi ha offerto la possibilità di una conoscenza diretta per approfondire il quadro gastronomico dell’isola, frutto di incontro di tante culture e della sua ricchezza ambientale.

A pochi passi dalle antiche mura di Alghero, la focacceria Milese dove si gusta una focaccia con il marchio registrato,

Focaccia del Milese

tagliata a losanghe da un pane preparato da un fornaio di fiducia, lungo circa 80 centimetri e condito con pomodoro fresco, tonno, uova sode, acciughe, rucola selvatica, cipolle e pancetta insaporito con una salsa segreta di cui nessuno conosce gli ingredienti. La focaccia deve il nome a Milis, un paesino produttore di agrumi e della famosa Vernaccia a una manciata di chilometri da Oristano.

Un altro incontro con i sapori ed i prodotti del territorio a pochi chilometri dal centro città presso Sa Mandra, una azienda agrituristica di famiglia, un centinaio di ettari coltivati a cereali, uliveti, campi di elicriso, pascoli per le greggi di pecore ed ancora allevamento di cavalli di razza anglo-arabo sarda, di maiali, stalle e pollai. La casa rurale risale ai tempi della bonifica della Nurra, restaurata mantenendone le caratteristiche originali, l’arredamento realizzato da artigiani sardi ed ogni mobile è un pezzo unico. Un gradevola moisaico di cultura barbaricina, zona di origine dei proprietari, un luogo magico curato in ogni dettaglio che offre un indimenticabile itinerario enogastronomico. Dal primo caglio del latte, sa vruhe, la ricotta mustia con le confetture e il Grananglona, un formaggio prodotto con latte ovino che richiama il Parmigiano; i salumi di maiale e di pecora accompagnati dal pane di Olmedo con lievito madre del panificio Cherchi

Pa Punyat

che sta cercando di ottenere il marchio del Parco regionale di Porto Conte per il pa punyat, tipico di Alghero ed ha iniziato un percorso per recuperare terreni incolti per coltivare il grano antico. Un lungo lavoro di ricerca e di riscoperta delle tradizioni. Senza dimenticare il porcetto allo spiedo, suinetto sardo da latte cotto lentamente nel camino, una carne saporita e tenera e la cotenna corccante e profumata. Ed ancora i dolci, teneri amaretti e

Porcetto allo spiedo

croccanti bianchini dal cuore cremoso.

Spumini

Sa Mandra, il cui nome definisce il recinto dove stanno le pecore durante la mungitura, è anche una fattoria didattica riconosciuta a livello regionale, un luogo che mette in relazione le famiglie e gli educatori con il mondo agro-pastorale. Poco distante, uno dei tanti casolari è stato trasformato in un resort, circondato da un profumato giardino mediterraneo, Inghirios, dove Inghirios sta per abbraccio. Infatti basa la sua accoglienza sul concetto di ospitalità tipico delle donne dell’isola: accogliere gli ospiti come li accoglierebbero a casa propria, a braccia aperte. Tutti i cosmetici del centro benessere sono prodotti naturali che utilizzano corbezzolo, centella, elicriso e lentischio coltivati dall’azienda agricola.

Il comprensorio di Alghero è rinomato per la produzione di un eccellente olio extravergine di oliva della cultivar Bosana. L’Accademia Olearia produce olio da quattro generazioni e solo nel 2017 ha ricevuto riconoscimenti d’eccellenza sulla Guida del Gambero Rosso, la medaglia d’oro al Biol 2017, menzione di merito alla Sirena d’Oro, il primo premio al Concorso Ozzu ed il primo premio nella categoria Fruttato leggero all’Ercole Olivario. Produce cinque tipologie di olio ed è la prima Dop sarda, riserva un’attenzione speciale alla biodiversità, l’ecosostenibilità ed è completamente autosufficiente dal punto di vista energetico. Un’azienda che si è estesa nel tempo, gestendo tra Alghero e Sassari 200ettari con 25mila piante di ulivo, principalmente di cultivar Bosana, integrate dalla presenza di altre cultivar, autoctone e nazionali.

Non possiamo dimenticare la viticoltura che affonda le sue radici nel passato nuragico con vitigni autoctoni da cui si ottiene una grande varietà di vini, bianchi giovani ed evoluti, rossi strutturati ed invecchiati e dolci passiti. Alcuni vitigni come il Cannonau ed il Vermentino hanno una forte connotazione territoriale, altri come il Cagnulari, il Nasco, la Vernaccia, il Torbato  una diffusione più limitata, ma un forte legame con i luoghi di antica coltivazione.

Vigneto di Vermentino

 

Piera Genta


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Redazione

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