L’anno scorso AIA, l’Associazione Italiana Allevatori, ha celebrato i 70 anni dalla fondazione, e l’importante avvenimento già si era svolto in un periodo di profonda riorganizzazione, contestata dai sindacati ma ritenuta obbligata per poter fronteggiare e superare la riduzione dei finanziamenti statali.
Stante il lungo scenario congiunturale che da almeno cinque anni vede l’intero settore in particolare difficoltà, con problemi di bilancio causati dalla riduzione dei fondi che il ministero all’Agricoltura stanzia annualmente per le finalità del settore, Aia rimane coerente con le linee di azione definite nel proprio Statuto e confermate nel tempo: la ricerca, dalla genomica alla biodiversità; il miglioramento del sistema produttivo, attraverso la selezione e l’assistenza tecnica; la valorizzare le produzioni italiane, enfatizzando la loro distintività.
Un modo consapevole e corretto per rispondere alle esigenze dei consumatori che chiedono il più possibile carne nata, allevata e macellata in Italia, come emerso dalla ricerca commissionata da Eurocarne a SGMarketing. Tutto ciò, stante che quasi il 90% dei bovini macellati in Italia per la produzione di carne è di provenienza estera, e di questi la maggior parte proviene da paesi dell’Est Europeo e soprattutto dalla Francia, per essere messi all’installo e all’ingrasso e alla fine macellati dalle nostre aziende italiane (ndr: le importazioni dalla Francia sono attualmente limitate a causa dell’epidemia Bluetongue, come informa l’Overview sui mercati agroalimentari dell’Ismea dell’altra settimana).
Il sistema-allevatori oggi gestisce una banca-dati unica dei controlli funzionali dei Libri genealogici; 12 centri genetici; un laboratorio di genetica molecolare; 22 per le analisi del latte e un altro per verificare gli standard. E tutto ciò affinché le grandi Dop lattiero casearie portino in marchio Made in Italy, in tutta la filiera.
L’obiettivo da raggiungere, secondo il presidente dell’Associazione Italiana allevatori (Aia), è l’identificazione del prodotto, perché un’etichettatura chiara e trasparente consente al consumatore di scegliere che cosa mangiare e, soprattutto, «come produttori e come cittadini eviteremmo l’ingresso di tutti quegli alimenti che abbiamo visto nel presidio del Brennero e che danneggiano in modo particolare la zootecnia».
A lanciare l’ultimo segnale di pericolo sulla situazione del comparto, è stato il medesimo presidente di Aia, Pietro Salcuni, in un’intervista rilasciata a Fieragricola di Verona (in vista della prossima edizione, la 112ª, che si terrà tra il 3 e il 6 febbraio 2016), affermando: «L’assenza del Pon (Piano operativo nazionale, ndr) sul quale il ministero delle Politiche agricole non ha ancora deciso, sta pesando su tutto il sistema allevatoriale. Speriamo che veda la luce quanto prima, perché con i finanziamenti che abbiamo avuto fino ad ora non riusciamo ad arrivare a fine anno».
La prossima edizione di Fieragricola assicurerà grande attenzione alla zootecnia e alla biodiversità.
Maura Sacher
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