A Breganze con Graspo, Innocente ed i Canevisti.
Dopo anni di ricerca abbiamo capito che non tutti i territori hanno una storica, specifica, originale e ben marcata identità viticola, vuoi per abbandono delle vecchie varietà a favore di vitigni considerati più redditizi vuoi per l’abbandono stesso della viticoltura in senso lato.
Questo però non è successo per fortuna a Breganze e nel suo circondario perché una serie di fattori hanno contribuito a preservane tutto o quasi l’originale patrimonio ampelografico.
Come?
Lo abbiamo capito quando siamo tornati da Innocente Dalla Valle a Cà Biasi situata in una dei colli più paesaggistici del comprensorio per una degustazione seriale di tutte le antiche varietà Breganzesi vinificate da Graspo e presentate ai tanti produttori presenti.
Enologo e viticoltore appassionato, Innocente si illumina in viso, quando ci parla del Groppello di Breganze, il suo vino del cuore, ma ci tiene a sottolineare come ci siano state tutta una serie di fortunate coincidenze e l’impegno di tanti viticoltori appassionati a tracciare una sorta di custodia collettiva dell’originale e ricco patrimonio viticolo di questo territorio.
Un percorso di preservazione e tutela raccontato da Severina Cancellier storica ampelografa di Conegliano che ha seguito per decenni l’evoluzione della ricerca nel vicentino, ricordando le sue scoperte, le sue esperienze, i suoi incontri in ”Mille anni di Storia della Viticoltura e del territorio nella zona di Breganze” edita dal locale Gruppo di Ricerca Storica.
Una testimonianza così forte e documentata che spiega come e perché a Breganze si è evidenziata una presenza di vitigni particolarmente diversificata.
Questa area viticola aveva infatti una piattaforma ampelografica antica già molto ricca anche se in parte condivisa con la contigua provincia trevigiana, che comprendeva, anche se chiamati spesso con nomi diversi, vitigni come i Prosecchi, la Biancella, la Perera, e vitigni tipici di altre aree del vicentino, quali la Durella o del Veneto quali Cavrara, Corbina, Marzemino, Marzemina bianca, Negrara, Refosco.
Altri vitigni erano tipici e caratteristici solamente della zona di Breganze come il Groppello di Breganze, la Vespaiola, l’Occhio di Pernice, la Gruaja e la Dolcetta.
La zona di Breganze si è così rivelata nel tempo un prezioso serbatoio di germoplasma viticolo, poiché in molte aree non si erano rinnovati i vigneti, lasciati in gestione agli anziani genitori dai figli che avevano abbandonato l’agricoltura.
Oltre a questo, strategica è stata la sensibilità di viticoltori attenti e preparati, molto affezionati alla tradizione che hanno deciso di continuare la coltivazione e la produzione degli antichi vitigni locali come Antonio Avogadro, Firmino Miotti, Guerrino Vitacchio ed appunto Innocente Dalla Valle, agricoltori illuminati che spesso con grande sacrificio hanno prima selezionato e poi tenacemente protetto il ricco patrimonio genetico della viticoltura di collina.
Un percorso di custodia e di sensibilità oggi idealmente continuato dai Canevisti che sono un gruppo di amanti del vino e della vigna, fondato ormai qualche anno fa da quattro amici breganzesi, tutti a vario titolo impegnati ogni giorno con uve e vigneti.
Il loro nome deriva da “caneva”, che sta per cantina.
Enrico Azzolin, Raimondo Zolin, Gaetano Miotti e Alberto Brazzale, questi i “padri fondatori” di una cerchia di intenditori che conta oggi oltre 25 appassionati soci.
Il gruppo ha contribuito inizialmente al salvataggio del più antico vigneto di Breganze, in località Riva di proprietà della famiglia Mascarello Arrigoni Noventa, dove oltre a viti centenarie sono presenti un po’ tutte le varietà antiche dimenticate del Vicentino, i Canevisti, sono stati notati anche dai francesi di “Ampelographie alpine”, storica associazione per il recupero e la tutela dei vigneti antichi.
Il più giovane ha una ventina d’anni il più saggio quasi un’ottantina, dice Enrico Brazzale che con Enrico Azzolin guida il gruppo, qualcuno di noi è un professionista del vino, agronomo enotecaro, viticoltore, cantinere ecc., ma la maggior parte semplicemente sono appassionati del buon bere.
Tutto nasce alcuni anni fa, quando Raimondo Zolin, grande conoscitore di vini italiani ed esteri, decide di voler imparare a coltivare una sua vigna.
Individua a Breganze, in un colle appena fuori dall’abitato del paese, un vecchio vigneto semi abbandonato.
In quella vigna sta tutta la storia dei Canevisti e il germe dal quale l’associazione trarrà linfa nuova in idee e iniziative.
Viene steso uno statuto in 10 punti che al secondo recita:” Il Canevista ritiene importante mantenere la biodiversità promuovendo la coltivazione di varietà antiche, autoctone, rare moltiplicandole in modo massale, altresì non disdegna vigneti con ceppi di varietà miste” in completa sintonia con l’opera di Graspo.
Un confronto servito a chiarire una serie di particolari situazioni relativamente ad alcuni vitigni storici del Breganzese.
La Pedevenda per esempio di settecentesca memoria si è rivelata essere uguale alla Verdise, vecchio vitigno dei Colli Euganei, da dove molto probabilmente è arrivata.
La Senese così chiamata a Breganze è risultata corrispondere alla Bianchetta Trevigiana e l’Uva della Madonna è risultata la trevigiana Perera.
Ma si è anche dimostrato che il Groppello coltivato a Breganze è diverso dai Groppelli attualmente iscritti al Registro Nazionale delle varietà di vite e sembra presentare similitudini con un vitigno coltivato in Valtellina ed iscritto al Registro con il nome di Pignola.”
Un lavoro lungo complesso e strategico che ha consentito alle aziende più sensibili di capitalizzare in valore i vini realizzati con questi vitigni storicamente ed intrinsecamente legati al territorio.
Una importante nuova consapevolezza come ha sottolineato Alberto Brazzale che ci permette con più intelligenza e coraggio ad essere molto più sensibili alle varietà come ad esempio la Vespaiola, il Groppello, il Refosco, la Pedevenda, la Sampagna o Marzemina bianca, il Tocai nostrano che, grazie a decenni di coltivazione in loco, si sono adattate all’ambiente .
Queste varietà, grazie alla loro adattabilità, risultano molto più “rustiche” alla coltivazione, non necessitano di interventi particolari e riescono, con maggiore efficienza, a valorizzare le risorse del territorio, consentendo metodi di coltivazione a “basso impatto” e donando ai vini prodotti elementi di originalità ed autenticità, attualmente molto apprezzati nel mercato.
Il viaggio continua
Aldo Lorenzoni e Luigino Bertolazzi
Foto di Gianmarco Guarise
Ci trovate su:
Facebook e Instagram, alla voce Associazione Graspo
Azienda Agricola Ca’ Biasi di Dalla Valle Innocente
Via Fratte, 12, 36042 Breganze VI
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